Nucleare: quale alternativa?

29 Aprile 2010
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Antonello Gregorini
La scelta di investire enormi capitali sulla tecnologia nucleare é perfettamente in linea con il modello energetico che diventò prevalente con l’avvento dell’era industriale e con l’utilizzo dei combustibili fossili. Il modello della produzione di energia centralizzata in impianti di produzione molto grandi e molto impattanti ha la classica conformazione piramidale: dove in alto sta la centrale di produzione, il grande capitalista, e in basso i consumatori utenti.
La necessità di trasportare l’energia elettrica ha fatto si che l’uomo abbia costruito quella che é stata definita “la più grande invenzione del XX secolo”: la rete di distribuzione. Oggi nei paesi industrializzati questa infrastruttura consente di far arrivare l’energia elettrica negli ambiti più remoti ed é utilizzata solo in un senso unidirezionale: dal produttore al consumatore.
In quest’ottica l’avvento del nucleare in Italia non modificherà alcunché del modello esistente, anzi, data l’enorme potenza delle centrali in progetto, esse amplificheranno queste caratteristiche.
Le analisi costi benefici sin qui fatte e che hanno portato alle scelte visibili sono frutto di bilanci in cui i costi ambientali non sono mai computati. Anche per il nucleare non si é mai visto una previsione di un costo ambientale eterno (le scorie) attualizzata al presente, forse perché il costo graverebbe non su di noi ma sulle generazioni future.
Noi siamo convinti che questo modello di sviluppo debba essere abbandonato, non solo per gli eccessivi costi ambientali ma perché oggi esistono delle alternative praticabili: basta volerle perseguire.
Noi siamo convinti che oggi sia possibile il passaggio dal modello di produzione e di capitalismo energetico centralizzato al “modello di generazione e di piccolo capitalismo energetico distribuito”.
Se noi promuovessimo, individualmente e politicamente, la nascita di questo sistema, ben presto, la convenienza economica del sistema ad alta concentrazione di capitale verrebbe meno in conseguenza del venir meno della domanda. I grandi produttori dovrebbero convertirsi in gestori di sistemi energetici e installatori di piccoli impianti.
Il diritto di generare la propria energia e di commerciare l’eccedenza oggi non é che minimamente garantito. Basti pensare a tutte le pastoie burocratiche che devono essere superate per mettere in piedi un impianto di piccole e medie dimensioni.
Per stare alla nostra regione possiamo raccontare a titolo di esempio come si é evoluta la normativa e l’approccio alle Fonti Rinnovabili negli ultimi anni.
Nell’era Pili si decise di lasciare totale libertà all’avvento dell’eolico e ci si trovò a dover contrastare il colonialismo delle grandi centrali a forte impatto paesaggistico. Di fotovoltaico, biomasse, o altro, ancora non si parlava.
Nell’era Soru si decise per il blocco momentaneo dell’eolico. Quello che però poteva apparire giusto per un criterio di buona pianificazione si dimostrò ben presto un blocco ideologico e una volontà, non celata, di centralizzare la produzione nelle mani di pochi importanti e “avvicinabili” investitori.
Il paradosso, dal nostro punto di vista, lo si é raggiunto quando, sempre per criteri di salvaguardia ambientale, prevalentemente di carattere estetico, si decise di bloccare anche il piccolo. Esempi:
Divieto di realizzare impianti fotovoltaici a terra, anche all’interno di grandi aziende, ma solo in regime di autoproduzione.
Divieto di realizzare impianti minieolici a più generatori, nonostante la norma nazionale premi il minieolico sino a 200kW.
Divieto di realizzare impianti minieolici se non in regime di autoproduzione.
Divieto di realizzare impianti fotovoltaici se non all’interno di zone industriali, in presenza di importanti infrastrutture realizzate per altri scopi e laddove, queste, per la costruzione di centrali fotovoltaiche ed eoliche, non sono necessarie.
Divieto di realizzare impianti eolici se non all’interno delle zone industriali o retroindustriali.
Divieto di realizzare serre agricole fotovoltaiche o comunque totale assenza di norme che hanno portato nuovamente al far west delle concessioni e al caos gestionale.
Assenza di legiferazione per l’autorizzazione unica ex legge 387/2003 per la costruzione di impianti da fonti rinnovabili.
Assenza di norme in materia di risparmio e promozione dell’efficienza energetica.
L’era Cappellacci é partita male. La prima delibera in materia, di fatto, limita il “diritto alla produzione della propria energia”, agevole i grandi produttori, e sottopone anche i piccoli impianti ad un farraginoso iter burocratico. In conseguenza dell’emanazione di queste recenti norme vi sono state fortissime contestazioni.
Le tre amministrazioni si sono caratterizzate per una quasi totale assenza di azioni nell’ambito del risparmio energetico e la promozione di trasformazioni appropriate e d’avanguardia.
Noi attualmente, per quanto concerne le fonti rinnovabili, stiamo proponendo la nascita di un modello di sviluppo alternativo che utilizza l’enorme pacchetto di capitali provenienti dagli incentivi statali per aiutare gli operatori del mondo rurale in enorme difficoltà, trasformando un certo numero delle loro aziende in aziende multifunzionali o cosiddette “energy farm”.
Il paradigma da perseguire é quello della “generazione diffusa” che produca “reddito diffuso”, che superi il modello delle grandi centrali e delle pertinenti sottostazioni per il collegamento alle linee di Alta Tensione.
Questo modello proiettato sulle condizioni paesaggistiche, economiche e sociali dell’Isola, dovrebbe prevedere l’utilizzo della rete di distribuzione esistente. Questa é diffusa capillarmente in tutta l’isola, con linee di media tensione esistenti anche negli ambiti rurali più interni.
Queste, a loro volta, sono impianti che tollerano potenziali di energia in ingresso pari a circa 1-2 MW, a seconda delle caratteristiche di progetto. Ne deriva che questa é la taglia delle centrali più grandi (i nodi della rete) che il modello deve implementare.
Nelle energy farm si integra il reddito da produzione energetica con quello agricolo. In questo caso si potrebbero fare molteplici esempi di integrazione:
Serre fotovoltaiche di dimensioni pari alle capacità di lavoro di una famiglia di agricoltori (da 500 kW a 1 MW), realizzate con capitale di rischio o attraverso forme di finanziamento agevolate, garantite dal progetto e dalla resa finanziare degli incentivi (500 euro circa MWh prodotto, per 20 anni).
Piccole centrali eoliche, fotovoltaiche o da biomasse, in grado di produrre almeno la quantità di energia necessaria alle eventuali produzioni agricole o zootecniche.
Centrale di minieolico sino a 200 kW rientranti negli incentivi maggiorati della tariffa omnicomprensiva (300 euro MWh prodotto, per 15 anni).
Centrali eoliche con un singolo generatore eolico di potenza massima 1 MW, ad altezze di circa 55 mt dal suolo, rientrante negli incentivi dei certificati verdi (180 euro MWh prodotto, per 15 anni).
L’energia della generazione distribuita sarà gestita dalle cosiddette “smart grid”: le reti intelligenti. Queste consentiranno tramite l’apporto dell’Information Tecnology (IT) di ottimizzare la distribuzione e i consumi, limitare al massimo gli sprechi, anche tramite dei sistemi di tariffazione penalizzanti.
Se ci sarà un eccesso di produzione, rispetto a quella che oggi si ritiene implementabile, non sarà un fatto negativo semplicemente se saremo in grado di convogliarlo verso sistemi di accumulo e conservazione dell’energia che ne consentano un successivo riuso.
Attualmente si ritiene che la filiera dell’idrogeno potrà in futuro sostituire quella dei combustibili fossili anche per l’autotrazione.
In conclusione e in sintesi possiamo dire che il modello di sviluppo, di una vera e propria seconda rivoluzione industriale, che consente di evitare l’implementazione del nucleare, si basa su quattro capisaldi fondamentali:
Il risparmio e l’efficienza degli usi energetici e la trasformazioni conseguenti:
In ambito edilizio.
Per la mobilità di persone e merci.
Per la nascita delle reti intelligenti.
L’implementazioni delle fonti rinnovabili.
L’avvio della creazione della filiera dell’idrogeno.
La trasformazione e la gestione intelligente delle reti.
SI PENSI QUANTO LAVORO C’E’ DA FARE … ALTRO CHE CENTRALI NUCLEARI!

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