Considerazioni critiche sulla candidatura Vendola

23 Luglio 2010
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Giulio Cherchi

Premetto un po’ di passaggi tecnico politici della candidatura Vendola.
Il primo è che Nichi per candidarsi ha bisogno che la legge elettorale rimanga questa e che non venga reintrodotto il proporzionale in Italia. Perché se si torna al proporzionale è ovvio che sarà il partito più grande ad esprimere direttamente il leader. In più necessita che il governo Berlusconi rimanga in carica almeno un altro paio d’anni, per costruire una rete di volontari in tutta Italia, e per rendere meno traumatico l’abbandono della Puglia. Dire oggi no ad un governo di transizione vuol dire tenere in sella Berlusconi. Nessuno lo sfiducerà sapendo di perdere il seggio, e Fini anche se ne avesse intenzione, ha bisogno di tempo per costruirsi un partito.
Qui il leone lo danno tutti per morto. E’ vivo e vegeto, e il delitto Matteotti dovrebbe aver insegnato qualcosa.
Senza poi capire che il sistema berlusconiano si basa sulla legge elettorale che gli permette di stringere coalizioni eterogenee e nominare i suoi fedeli ad uno ad uno. Anche qui viene in mente la legge maggioritaria con il blocco nazionale Giolitti-Mussolini. Se non cambi quella le elezioni non le vinci. O rischi di ritrovarti nella situazione di Prodi 2006. Ma a Vendola a quanto pare non interessa. Anzi cerca di sfruttare in chiave dipietristica la richiesta di “voto subito”. Perchè nel mirino c’è anche di portare via il ruolo dell’idv, il suo massimalismo nelle parole, la poca consistenza nei fatti. Di Pietro da animale politico l’ha capito subito ed ha iniziato il fuoco di sbarramento contro la candidatura di Vendola.
Il secondo è che, per tenere unite cose assai diverse (dalla sinistra tradizionale al movimento intellettuale che lo sostiene, un cattolicesimo ultrasociale con laici anticlericali, la richiesta di stretta giudiziaria e le politiche di inclusione sociale) deve tenersi assai lontano da proposte concrete che potrebbero far saltare tutta l’operazione. Ci ritroviamo all’ennesimo caso del leader prima della costruzione del progetto politico. Le metafore bibliche sicuramente lo aiutano in questa nebulosità.
Già mettere assieme riferimenti ideali diversi l’ha messo in difficoltà. Falcone e Giuliani non sono compatibili.
Voglio invitare poi a considerare che sui socialisti europei è successa una bagarre lunga mesi. E Vendola cosa ha in mente?
Certe domande valgono solo per il Pd?
E la prospettiva eruropea? E’ un passaggio fondamentale, vista la crisi degli stati nazionali. Visto che senza un’Europa forte l’Italia è solo una repubblica balneare. Senza una prospettiva europeista in cui il nuovo centrosinistra debba remare, ogni piattaforma politica rischia di perdere strumenti di azione, e rimanere strozzata nelle reti di uno Stato nazionale sempre più debole e stretto. D’altronde se parliamo di welfare, politica del lavoro, banche, mercato, immigrazione dobbiamo dire Europa. Se basta. In molti casi dobbiamo dire Mondo. Rimettere in piedi un organismo funzionante delle forze socialiste e progressiste internazionali è urgente e necessario. La storia dei socialismi nazionali di questi ultimi 20 anni lo insegna. Si rimane ancorati ad un pragmatismo spicciolo senza prospettive. Ideali e geografiche.
Terza questione. Vendola che deve assolutamente speculare sulla posizione del Pd. Infatti solo il Pd è in grado di tenere unita una coalizione ampia, anche a rischio di subirne le conseguenze. In questi giorni sulla figura di Vendola sono arrivate critiche da tutti i principali partiti d’opposizione. Tutti.
Al Pd poi spetta affrontare il campo avversario. Capire come decostruirlo e quali strategie avere è fondamentale.
Perchè qui siamo in un crinale dove Belusconi potrebbe rimettere assieme la coalizione e aggiungerci pure l’Udc. Non c’è scritto da nessuna parte che esploda. Finchè non succede.
Quarta problema. Vendola punta a sparigliare il centrosinistra. Non ad unirlo. Perchè se fosse unito veramente, cioè con un partito forte, la discussione della leadership sarebbe tempo perso. Ricreare una lingua comune vuol dire creare strumenti per intervenire nella società. Ma è proprio da questa mancanza di strumenti e di carenza di intermediazione che un leader carismatico parla direttamente alla società. Riprendo da Rita Armeni da Il riformista: “Nichi non ha oggi un progetto politico definito né una forza politica che lo “incaselli”.
Le due cose ovviamente si tengono: un partito nasce su un progetto e un progetto ha bisogno di un partito. Le sue mancanze, che generalmente sarebbero considerate seri ostacoli a una affermazione elettorale, oggi sono gli elementi che facilitano la corsa del governatore pugliese. L’assenza di progetto e di partito infatti elimina ogni steccato, abolisce gran parte delle barriere naturali che si creano fra una forza politica e un’altra, crea permeabilità”.
Quinto. E’ probabile che sarà appoggiato dai principali poteri economici del centrosinistra. Non ha una forza reale per opporsi a questi ultimi. E’ senza un programma, è facilmente manovrabile. “Il papa straniero” titolava La Repubblica.
Sesto. Tutto questo deriva dalla storia politica di Vendola ed è perfettamente coerente con il suo percorso.
La decostruzione del sistema del centrosinistra fu portata avanti da due direzioni e una di quelle era il bertinottiano partito dei movimenti. I primi a candidare le figurine furono proprio i bertinottiani mettendo insieme in un partito da Luxuria ai trozskisti passando per Caruso. Per non parlare della lista arcobaleno.
Il punto è che non si è ancora capito che quello che Veltroni fece con il Pd, Bertinotti ha fatto con Rifondazione. Demolizione delle strutture di partito, affogarsi nella società civile con un partito ristretto a un gruppo di dirigenti. Il Pd sostenuto da qualche mezzo in più è sopravissuto, l’altro muore.
Vendola ha preferito S. Francesco d’Assisi a S. Francesco di Sales. Se non ci fossero stati i francescani sarebbe stato uno dei migliaia di fraticelli scomparsi nella storia ereticale.
Settimo. L’applicazione di un modello americanista alla politica italiana. Le Fabbriche al di fuori dei partiti, costituiscono il gruppo di pretoriani, di volontari mazziniani necessari al progetto. Il bello e il brutto è che una prospettiva del genere vince con un altissima astensione visto che oltre agli intellettuali non richiama nessuno. Le provinciali sarde l’hanno ridimostrato. La parte più alta della società vota centrosinistra. Può sembrare assurdo ma succede proprio il contrario di quello ipotizzato. Questo esercito va bene in un paese come gli Stati Uniti dove il rapporto con la soc. civile è molto più diretto. Meno parassitismi, meno organismi intermedi. Guerra di movimento contro guerra di posizione. In Italia, e in Europa in generale dobbiamo ragionare più in grande, con pensieri e organismi più lunghi e articolati. Questa copiatura astratta di Obama non funziona. Proprio perchè il più delle volte non si sa come è avvenuta nei fatti la vittoria di Obama. Considerando che era il delfino di Kerry, precedente candidato, e che nel partito ha dovuto in vari passaggi scendere a compromessi con l’area clintoniana. Il vincitore delle primarie democratiche Usa prendeva il voto delle periferie per questioni razziali soprattutto. In Italia quelli non votano. E ti ritrovi con i giovani, carini e occupati delle Fabbriche come li ha definiti Ida Dominijanni su Il Manifesto. Dovremmo capire come prendere quelli dei brutti, sporchi e disoccupati.
Ottava e ultima considerazione.
La scelta di separare nettamente le Fabbriche e Sel significa la morte di quello che restava della frantumatissima lista Arcobaleno. Ha anche un significato politico. Vuol dire che Vendola non promuove nessun nuovo dirigente del suo partito, visto che in questi mesi non è riuscito a potenziarne l’organizzazione, nè a fargli prendere qualche voto in più. Propone solo se stesso. Perchè i posti in lista di Sel in lista saranno decisi in altro modo, e lui non essendo dentro il pd non influirà in nessuna scelta all’interno del maggior numero di candidati eletti. Questo sarebbe il rinnovamento?

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