Cagliari: una città-impresa?

31 Luglio 2010
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Antonello Gregorini - Presidente Comitato pro Urban Center - Cagliari

Uno dei capitoli dell’eccezionale libro dell’accademico G.D. Amendola “Tra Dedalo e Icaro, la nuova domanda di città” é titolato “La città impresa “ e narra della città contemporanea e di come essa si ritrovi a dover fare i conti con i due fenomeni della deindustrializzazione e la riduzione di risorse ricevute dallo Stato centrale.
Storicamente le città non si sono mai poste il problema della riproduzione. La continuazione e l’esistenza storica erano garantite per un assunto “inerziale” che veniva dal passato. Oggi questo atteggiamento é cambiato e la sopravvivenza é garantita solo grazie all’apporto di nuove risorse dall’esterno e della progettualità collettiva.
La “città impresa” diventa pertanto anche “città sostenibile”, in quanto la sostenibilità deve essere vista non più, solo, in termini ambientali ma anche come capacità della città di perpetuarsi e di offrirsi senza essere abbandonata dai cittadini. La quantità di nostri giovani che emigrano, loro malgrado, rinunciando alla movida della dolce vita cagliaritana, per recarsi in luoghi con maggior offerta di lavoro ma per loro ben più tristi, ne é l’esempio più chiaro.
La nostra città, Cagliari, negli anni passati si é trovata davanti a situazioni di conflitto annichilenti, fra chi proponeva dei progetti in parte interessanti ma a volte eccessivi e carichi di superfetazioni (tapis roulant di cammino nuovo) e chi, di converso, propone un atteggiamento BANANA (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything – non costruire assolutamente nulla in alcun luogo vicino a qualunque cosa).
Di questa realtà si possono citare molteplici esempi tra cui oltre ai tapis roulant, il parcheggio di Piazzale Manzoni, adesso i parcheggi interrati per via Roma o quelli del Poetto, oppure le trasformazioni dell’Amsicora e del Sant’Elia …
La città del mondo globalizzato si ritrova a competere con le altre per trovare i capitali per crescere o alimentare la propria esistenza. Commercio, turismo, attività culturali e di intrattenimento, della ricerca scientifica e dell’innovazione, hanno sostituito la fabbrica, tant’é che da noi in quella che era la manifattura tabacchi si pensa di realizzare la fabbrica delle idee e nelle saline … un campo di regate e canotaggio.
Le città per sopravvivere hanno bisogno anche del capitale e, per affermarsi, devono diventare il luogo dell’innovazione e della creatività per cui, esse, devono diventare attraenti per le imprese ma anche per chi é capace di intraprendere e pensare. Un ricercatore, un tecnico qualificato un imprenditore preferirebbero vivere in una città bella, accogliente, ricca di eventi, dall’aria pulita e dalle strade sicure.
Cagliari é bella, ha bisogno però di nuova linfa rigenerante e perché questa scorra nelle vene é necessario un atteggiamento più aperto alle innovazioni e disponibile al rischio. Le tre T di talenti, tecnologia e tolleranza, sono alla base del formarsi della città creativa.
In questa città impresa il cittadino non può però essere identificato nell’azionista o cliente essendo evidentemente qualcosa di più: attore e spettatore; decisore e utente; produttore e consumatore; valutatore e contribuente. I servizi di welfare non possono essere valutati in termini di resa produttiva.
Questo é ciò che i cittadini si aspettano da chi vorrà proporgli un progetto di città per il futuro: un luogo bello, sano e accogliente ma che consenta a loro e in particolari ai loro figli di poterci vivere avendo un lavoro e un proprio ruolo sociale ed economico.

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