Berlusconismo in periferia

22 Giugno 2008
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Andrea Raggio

Le ultime iniziative di Berlusconi in materia di ordine pubblico, giustizia, immigrazione e libertà d’informazione sono dei veri e propri colpi di maglio alla Costituzione. Il misfatto che si va compiendo è di un’evidenza clamorosa, ma la reazione popolare è purtroppo ancora inadeguata e sembra prevalere una sorta di rassegnazione. Insensibilità alle sorti della democrazia italiana? Eppure appena due anni or sono, col referendum costituzionale, i cittadini hanno respinto nettamente la controriforma del centrodestra. Allora la reazione popolare fu animata principalmente dai partiti e dalle organizzazioni sindacali. Oggi questa capacità d’iniziativa è notevolmente affievolita. Nella sinistra non è ancora superato lo shock della sconfitta elettorale e, soprattutto, i gruppi dirigenti dei partiti, a iniziare dal PD, sembrano nuovamente bloccati dalle divisioni interne. A livello nazionale la battaglia in Parlamento in parte copre il vuoto d’iniziativa politica nel Paese. A livello regionale il vuoto è totale, anche perché i gruppi dirigenti dei partiti pensano ad altro, e le poche iniziative nel campo dei diritti sono il risultato del lodevole impegno di associazioni solidaristiche e culturali.
Ad alimentare la rassegnazione ha contribuito e contribuisce il berlusconismo periferico, cioè quell’opera di erosione diffusa e capillare dei diritti e della Costituzione, meno appariscente ma non meno dannosa. Mi riferisco alla pressione esercitata sulle autorità periferiche di Pubblica sicurezza perché assecondino l’allarmismo alimentato allo scopo di giustificare la stretta democratica, e alla suggestione che il modello Berlusconi esercita a livello locale. Nel 2006 il governo di centrodestra arrivò a strumentalizzare il terrorismo, la direttiva alle prefetture e alle questure era: scovate ovunque e comunque terroristi. La questura di Cagliari, pressata da queste sollecitazioni e forse zelante oltre misura, incappò in un deplorevole incidente. Schedò come pregiudicati, inviando i nomi alla magistratura, alcuni cittadini dalla fedina penale immacolata solo perché visti casualmente vicini a un ex condannato per terrorismo, peraltro tollerato dalla polizia tant’è che gestiva un localino nel centro cittadino. Lo stesso Ministro Pisanu si rammaricò dell’episodio. Non intendo assolutamente dubitare della sensibilità e correttezza democratica dell’autorità di pubblica sicurezza, ma solo ricordare che oggi il ministro è Maroni.
Quanto agli episodi, anche gravi, di berlusconismo locale potrei fare un lungo e documentato elenco. Mi limito a dire che riguardano la responsabilità sia del centrodestra sia del centrosinistra, della giunta regionale e delle giunte di diversi comuni, quello di Cagliari in testa. Aggiungo che il cittadino è senza difese. La sinistra sembra aver perso sensibilità al problema dei diritti mortificati e violati. Anche l’informazione dedica ad esso insufficiente attenzione. La sola trincea in grado di resistere è la magistratura, ma anch’essa è sotto pressione e i tempi della sua azione sono lunghi al punto da scoraggiare il cittadino. 
Che fare? Gi appelli alla resistenza sono importanti, ma non bastano. La resistenza va organizzata.
Innanzi tutto c’è un problema di orientamento. L’offesa alla Costituzione e ai diritti colpisce non solo la dignità e la libertà del cittadino, ma mortifica la vitalità democratica delle istituzioni e costituisce uno dei principali ostacoli allo sviluppo. Lo sviluppo, lo sappiamo, è il risultato dell’investimento congiunto di capitale finanziario, di capitale culturale e di capitale sociale, intendendo per quest’ultimo l’insieme di relazioni, di comportamenti e di diritti e doveri che concorrono a creare l’ambiente civile e democratico. Facciamo parlare l’esperienza. Il comune di Cagliari ha deciso di incentivare l’iniziativa dei piccoli imprenditori in Castello con la concessione di contributi. Gli imprenditori hanno disertato l’invito non perché non siano interessati a operare in Castello ma perché diffidano di una amministrazione che ha trasformato il centro storico cittadino in periferia e sabotato l’attività dei pochi imprenditori già presenti; un’amministrazione che dopo aver fatto il deserto manda l’esercito a presidiarlo. E’ tempo che ci si renda conto che gli imprenditori veri non chiedono mance e protezioni clientelari ma rispetto, diritti e un ambiente reso favorevole da un irrobustimento del capitale sociale. 
Insomma, i diritti sono anche sviluppo e lavoro, sono futuro. Dobbiamo convincere i giovani di questa verità. E dobbiamo unire le forze per fare argine all’autoritarismo e promuovere una rigenerazione politica e civile. Ecco perché bisogna fare appello alle personalità del mondo politico, della cultura, delle professioni e delle organizzazioni sociali perché contribuiscano con il loro esempio a dare fiducia ai cittadini. Ed ecco perché le associazioni solidaristiche e culturali devono coordinare il loro impegno per orientare l’opinione pubblica e mobilitarla. Servono le grandi manifestazioni, ma non trascuriamo quelle piccole. La democrazia è conquista che va rinnovata ogni giorno.

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