Il dibattito sulla riforma ha scoperto che ci vuole la riforma

30 Settembre 2010
1 Commento


Andrea Raggio

La sessione consiliare sulla riforma statutaria ha accertato che ci vuole la riforma statutaria. Non sembra un gran risultato. Quale riforma? E come procedere? Boh! In Consiglio sono state sciorinate, nella totale confusione, molte idee diverse e contraddittorie tutte, o quasi tutte, appese per aria. Nessuna conclusione, quindi, ma la decisione di chiedere un aiutino ai cosiddetti Stati generali. L’hanno chiamata consultazione. Ma da che mondo è mondo le consultazioni si fanno su precise proposte. E’ coinvolgimento, hanno aggiunto, è democrazia. No, non è così, è soltanto un tentativo di scaricare all’esterno l’inconcludenza del Consiglio. Inconcludenza dovuta sia al prevalere di pregiudiziali ideologiche su un’analisi seria dei mutamenti intervenuti, sia alla pretesa di condizionare la questione istituzionale alle convenienze politiche del momento: i difficili rapporti all’interno della maggioranza e le divisioni all’interno del PD e della sinistra. Ecco perché per non scontentare nessuno e per salvare capra e cavoli si elude il tema concreto e si torna a evocare la grandissima riforma che più grande non si può. Il presidente Cappellacci ha ben sintetizzato questa linea. “La riforma che siamo chiamati a costruire – ha affermato - è una riforma storica perché investe i principi fondanti”. Quali? I principi fondanti dell’Autonomia sarda sono nella Costituzione. Cambiamo la Costituzione? Sì, soggiunge una delle tre mozioni presentate dal PD, la quale chiede che “il Consiglio regionale della Sardegna possa partecipare al processo di riforma e di revisione della Costituzione repubblicana in senso federale” e che in tale ambito “sia sancito un nuovo Patto costituzionale fondato sul riconoscimento di una più alta ed efficace forma di autogoverno per l’autonomia sarda”. In sintesi: per riformare lo Statuto occorre prima riformare la Costituzione. Ho capito male?
L’impressione che ho ricavato leggendo le mozioni e i resoconti del dibattito consiliare è che nel sacchetto delle proposte per la riforma siano state riversate le idee più diverse e contraddittorie e che quelle più pasticciate, oltranziste e intrise di demagogia siano state prevalenti. E che dal sacchetto i partiti, i gruppi e le correnti abbiano attinto a caso. Il PD è riuscito a trarre materiali per ben tre mozioni, una diversa dall’altra. Il capolavoro, in senso negativo, è quella che ha per primi firmatari Bruno e Soru. Purtroppo, su una questione decisiva per il futuro della Sardegna il PD mostra di non avere una linea.
E’ ancora possibile rimediare a tanta insipienza? Io che non rinuncio a essere inguaribile ottimista spero di sì.

1 commento

  • 1 Bomboi Adriano
    30 Settembre 2010 - 12:32

    Anch’io sono ottimista. La disordinata oratoria consiliare dovrà trovare una sintesi di metodo. Pur di uscire dallo status quo…meglio del nulla…

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