Il Cpa di Elmas è una galera

13 Ottobre 2010
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Associazione 5 Novembre e ARCI

Abbiamo appreso con profonda amarezza e preoccupazione le notiizie provenienti dal CPA di Elmas. Vedere i migranti umiliati, maltrattati e privati della loro dignità di uomini ha alimentato in noi un moto di rabbia e di indignazione. Com’è possibile che la persona venga così misconosciuta nella civile Europa, nella culla dei diritti dell’uomo? Com’è possibile imprigionare queste persone, che nulla cercano se non quegli elementari diritti che la nostra Carta qualifica inviolabili e riconosce a tutti, cittadini e non? Anche ad Elmas muore in pezzo della nostra Costituzione, vengono calpestate le nostre libertà, la nostra dignità, che è fatta anche del rispetto dei valori di civiltà e, dunque, dei diritti dei migranti. Siamo solidali con loro e con la loro lotta che è difesa anche della nostra Costituzione, delle Carte internazionali sui diritti dell’uomo e quindi anche delle nostre (indivisibili) libertà.  Pertanto condividiamo questa nota dell’Associazione 5 Novembre, e dell’ARCI, che pubblichiamo. 

Il Cpa di Elmas è una galera per migranti. Chiudiamola subito.
Fino a quando la cittadinanza non sarà un bene comune, non potremmo mai definirci un paese civile. Fino a quando gli stranieri saranno considerati “illegali” sarà impossibile instaurare le condizioni per una reale integrazione sociale. Tra le popolazioni migranti in Italia comincia a prendere piede una coscienza civile che rivendica i diritti negati. Lo hanno dimostrato i migranti che sabato pomeriggio hanno fermato il mercato nero delle braccia in Campania. E lo hanno  dimostrato ieri a Elmas anche gli algerini che hanno deciso di ribellarsi alla violenza delle leggi razziste e xenofobe del governo. Il Cpa di Elmas, come tutti i centri di detenzione italiani ed europei, non ha nulla a che vedere con l’accoglienza e l’ospitalità.
Basta dare uno sguardo alle ringhiere alte tre metri, le sbarre alle finestre, le telecamere di videosorveglianza ai cancelli che fanno da cornice ai militari che presidiano il Cpa. Una struttura inaugurata in assenza di trasparenza di cui non si conosce la sua reale natura organizzativa. In barba alle leggi, che consentono di trattenere i migranti nei cpa non oltre 5 giorni, i 102 algerini sono stati “sequestrati”per più di quaranta giorni. In queste condizioni inumane e incivili, la cui unica colpa dei migranti algerini è quella di non essere nati in Italia, ribellarsi è giusto.
L’Associazione 5 Novembre chiede l’immediata chiusura del Cpa di Elmas e di tutte le prigioni per stranieri. I diritti e le regole dentro questi centri cessano di esistere. Di fatto è impossibile fornire un adeguata difesa legale e fare delle costanti visite di verifica e controllo. Siamo convinti che la legge Bossi Fini debba essere essere abrogata, perché la vera accoglienza passa attraverso il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani.

Informazioni:
cellulare: 3316164008
Mail: associazione5novembre@gmail.com
Blog: http://associazione5novembre.blogspot.com/

 Ecco ora la presa di posizione dell’ARCI

Le testate rimbombano. Il CPA di Elmas balza all’onore delle cronache, invadendo lo spazio dell’informazione. La terza protesta nel giro di 11 giorni, ma questa volta il risultato è dirompente. Gli stranieri rinchiusi nel Centro di Prima Accoglienza si rivoltano e costringono la Sardegna e l’Italia ad aprire gli occhi sulla loro condizione.
Quanto possa essere accogliente un luogo che funge da anticamera per i lager destinati alle operazioni di identificazione ed espulsione è tutto da verificare. Entrarvi non è facile perchè la sospensione del diritto, e della vita umana, non è spettacolo da offrire al pubblico. La “gente” preferisce le cronache morbose di italiche famiglie, diffuse ormai a reti unificate.
E invece i fatti di Elmas parlano di situazioni intollerabili, a dispetto di quel peloso sentimento di tolleranza che viene sbandierato anche da chi gli stranieri li accoglie rinchiudendoli. Parlano di appalti, di gare dove la ragione sociale dei concorrenti arriva persino a produrre nomi che deridono il coraggio, la speranza e il dramma dei migranti: dal primo ottobre la struttura è gestita dal Consorzio Sisifo di Palermo, che si occupa anche del Centro di Lampedusa, e fino ad allora era gestito dal Consorzio Solidarietà per conto del Consorzio Connecting People (!).
I fatti di Elmas irrompono nelle traiettorie di chi può viaggiare incappando al massimo in fastidiosi contrattempi. Tra i passeggeri qualcuno si lamenta dei ritardi, e minaccia di non investire più nell’isola. Persino Arturo Parisi, intervistato all’aeroporto in attesa del suo volo sospeso, si domanda se non sia il caso di rivedere la scelta che ha portato ad allestire un CPA nel perimetro aeroportuale del capoluogo sardo. La tensione è alta, e dopo la comunicazione della cancellazione di alcuni voli internazionali, alcuni dei manifestanti nell’aeroporto vengono aggrediti da una ventina di passeggeri. La polizia li trae in salvo.
Il bilancio dell’azione dei detenuti nel Centro di Elmas è di 10 arresti per danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale e alcuni feriti. Ma permangono le drammatiche situazioni all’interno dei CIE e dei CPA: condizioni igienico-sanitarie carenti, mancano i mediatori culturali, e gli scioperi della fame e i tentativi di evasione diventano sempre più frequenti e diffusi. La protesta dilaga, soprattutto da quando il “pacchetto sicurezza” ha portato da due a sei mesi il tempo di detenzione nei Centri d’espulsione.
Sul web rimbalzano commenti che oscillano tra solidarietà e condanna, ma le dichiarazioni  segregazioniste imperversano. Il lavoro da fare è immane, ma bisogna agire, con tutta la forza possibile, con una mobilitazione unitaria di tutte le forze democratiche, per rivedere le scelte di un Governo irresponsabile e sottrarre la Sardegna alle politiche della reclusione.

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