Che casino il PD anche a Milano!

17 Novembre 2010
2 Commenti


Amsicora

Che tipi i dirigenti del PD di Milano! Di fronte al risultato della consultazione di domenica scorsa e al dibattito che ne è seguito si sono dimessi. Penati ha detto: “credo sia necessaria una mia assunzione di responsabilità”. Non ha però rinunciato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa accusando chi “al riparo di uno scranno in Parlamento, nominato con criteri che spero siano superati una volta per tutte, si comporta da guastatore e, non avendo mosso un dito per le primarie, chiede vere dimissioni della dirigenza milanese”. Ma allora le dimissioni non son vere? Boh! Non si capisce un bel nulla. L’unica cosa che si capisce è che, secondo i dirigenti PD. le primarie vanno bene solo se son pilotate, se sono vere, con cadnidati veri  e autorevoli, sono un cattivo strumento di scelta. Ciò che conta non è tanto vincere le elezioni (come è accaduto in Puglia) ma candidare il proprio prescelto anche se poi perde òe elezioni. E così, dopo la decisione del gruppo dirigente milanese (segretario metropolitano, coordinatore cittadino e capogruppo in consiglio comunale) di rimettere il loro mandato, con le dimissioni di Filippo Penati nel Pd si apre una crisi profonda proprio quando tutte le forze dovrebbero essere concentrate nell’avvio della campagna elettorale per sostenere Giuliano Pisapia e per allargare la coalizione ai partiti che alle primarie non si sono schierati come, per esempio, l’Italia dei Valori. E per di più queste dimissioni cadono mentre il Paese vive una fase politica molto tormentata che richiede la massima mobilitazione.
Più saggia - come sempre - Rosy Bindi, che, aveva dichiarato: “Avevo consigliato il mio partito di non schierarsi nelle primarie”, mentre Arturo Parisi aveva attaccato: “La catena di comando del partito ha subito una secca sconfitta. Spero che la lezione di Milano l’aiuti a capire che non può rivendicare le primarie come una propria creatura e praticarle come un plebiscito propagandistico attorno al candidato ufficiale”.
Nella lettera a Bersani, Penati ha sottolineato: “Al giovane gruppo dirigente milanese e lombardo, a cui chiedo di riconfermare la fiducia va riconosciuto il merito di aver tenacemente voluto le primarie e di aver offerto ai milanesi l’opportunità di una vera partecipazione”. Saggia affermazione. Se gli organi del partito dovessero accogliere la decisione del gruppo dirigente di rimettere il mandato, il Pd sarebbe costretto ad aprire altre primarie per la nomina del segretario metropolitano e del coordinatore cittadino. Insomma, mentre gli altri fanno la campagna elettorale, il rischio è che il PD rimanga avvitato nei suoi casini interni nientemeno perché le primarie sono state una consultazione vera! Ed  ha vinto una grande personalità della sinistra milanese. C’é tra l’altro anche chi ha adombrato la possibilità del commissariamento. Scelta anche questa sciagurata, che favorisce la vittoria del centrodestra alle elezioni. Le dimissioni di Penati vorrebbero - sembra - rimettere in sella il gruppo dirigente milanese per legittimarlo a trattare con Pisapia ma anche con gli altri partiti per costruire una coalizione compatta, in grado di affrontare le elezioni comunali con qualche chanche anche alla luce di una possibile candidatura del Terzo polo con l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini. Ma perché le dimissioni? Non era il gruppo dirigente del PD milanese già legittimato a fare tutto questo? Anzi, non ne aveva e non ne ha il dovere? Cosa fa il gruppo dirigente di un partit, se non questo? 
Nei prossimi giorni sarà l’assemblea a decidere su segretario metropolitano e coordinatore cittadino. Speriamo bene.

Scheda

Chi è Giuliano Pisapia?

Giuliano Pisapia (Milano, 20 maggio 1949) è un avvocato, scrittore e politico di prestigio, aggi aderente alla SEL di Vendola, già deputato di Rifondazione comunista per due legislature e attualmente candidato sindaco di Milano per il centrosinistra alle elezioni della primavera 2011, avendo prevalso nelle primarie di coalizione sul candidato del Partito democratico Stefano Boeri ed altri due candidati della società civile.
Figlio del professor Giandomenico Pisapia, celebre penalista e presidente della commissione ministeriale che ha redatto l’attuale codice di procedura penale italiano, Giuliano Pisapia è laureato in giurisprudenza e in scienze politiche, ed è avvocato penalista patrocinante presso la Corte di Cassazione. Fa parte del Comitato scientifico della Camera penale di Milano, di cui è stato vicepresidente.
È responsabile dell’équipe italiana nella ricerca commissionata dalla Comunità Economica Europea sulla legislazione europea in tema di tossicodipendenze.
È componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Vidas. Fa parte del Comitato direttivo delle riviste “Critica del Diritto” e “Alternative Europa” “I diritti dell’Uomo”. Svolge l’attività di pubblicista e suoi articoli sono apparsi sui principali quotidiani e periodici italiani. Ha scritto voci su enciclopedie giuridiche (Digesto e Novissimo Digesto Italiano), in particolare sui reati contro la famiglia.
Ha partecipato, come difensore di imputati o come parte civile a numerosi importanti processi penali. Si è occupato della difesa di Abdullah Öcalan durante la sua permanenza in Italia ed è stato il legale della famiglia di Carlo Giuliani, costituitasi parte civile durante l’inchiesta seguita al G8 di Genova del 2001. Insomma, anche come avvocato un difensore della democrazia, dei diritti fondamentali e della Costituzione.
Giuliano Pisapia è anche scrittore e saggista. Ha scritto, col dott. Carlo Nordio (Procuratore Aggiunto a Venezia), il libro “In attesa di Giustizia - dialogo sulle riforme possibili”, con prefazione di Sergio Romano (Angelo Guerini e Associati Editore, 2010).
È coautore di molti volumi
San Vittore: voci dal carcere e sul carcere, Milano 1988;
Usage de stupéfiants: politiques européennes, Ginevra 1996;
Il Diritto e il Rovescio: i rapporti tra politica e magistratura;
Giustizia penale: esiste l’approdo?, 2007.
Un suo saggio è presente nel volume “Legalizzare la droga. Una ragionevole proposta di sperimentazione” (Feltrinelli 1991).
È autore di scritti e saggi di carattere giuridico e sociale, nel campo del diritto penale, delle tematiche collegate alla tossicodipendenza, del rapporto tra carcere e società.
Come si vede, una grande personalità, proveniente da una prestigiosa famiglia di intellettuali e democratici milanesi. Il voto delle primarie ne è la riprova. Insomma, una candidatura forte e forse vincente. Solo il vertice del PD milanese non lo capisce.

2 commenti

  • 1 aldo lobina
    17 Novembre 2010 - 08:49

    Il PD attraversa una gravissima crisi di identità, che giustifica le contraddizioni della sua classe dirigente.
    Cavalcare le elezioni primarie, come ha fatto anche nel giornale di Partito, definirle “sentinelle della democrazia” e poi farsi venire il mal di pancia per i risultati di Milano, fino alle dimissioni dei suoi vertici cittadini, la dice lunga sulla linearità di scelte, che si rivelano evidentemente solo propagandistiche.
    La partecipazione evocata con le primarie invece restituisce ai cittadini elettori quanti di energia propositiva e li rende giustamente complanari, almeno sotto il profilo delle proposte, alle organizzazioni partitiche. E’ quello che serve in Italia: la partecipazione della gente, senza la quale i partiti, tutti, sono casse di risonanza di se stessi o meglio delle loro oligarchie.
    Ma il problema di una politica chiara, di un indirizzo autentico, facilmente riconoscibile, investe molti altri aspetti di questo Partito Democratico. La stessa sua impreparazione ad affrontare elezioni tradisce le difficoltà di una politica senza forti spinte ideali. La propensione ad avvicinarsi al neonato centro, piuttosto che a serrare le fila con IDV e SEL, potrebbe alla fine dissolverlo. Il Berlusconismo leghista e la destra non si vincono scartando le alleanze più naturali. Con le quali invece dovrebbe essere già predisposto un programma di governo alternativo.
    La coerenza paga sempre. Senza riferimenti concreti, punti di repere, si naviga a vista… e al primo scoglio si affonda.

  • 2 aldo lobina
    17 Novembre 2010 - 18:37

    Se il porcellum per fare un esempio, genera in certi casi suidi addomesticati, “verretti” o “troiette” è anche colpa nostra. Come sappiamo amano rotolarsi nel fango, come certi personaggi di nostra conoscenza. Al tempo di Antioco IV Epifane c’era una legge che obbligava i Giudei dell’epoca maccabaica a mangiare carne di maiale, a infrangere cioè un divieto imposto dalla loro religione. Molti si facevano ammazzare pur di obbedire alla prescrizione levitica e deuteronomica.
    Ora, senza raggiungere certi eccessi, bisognerebbe intanto limitare il contagio, procurato dalla peste suina. Per restare nella metafora possiamo concordare con quel rottamatore di Renzi che parlando della legge elettorale della sua regione, la Toscana, l’ha definita un “cinghialum”. La malattia ha già contagiato anche le regioni “rosse”.
    Allora non mi sembra fuori luogo richiamare gli uomini del PD ad una coraggiosa caccia al cinghiale, che sia contestuale al sacrificio del “porcellum”. Per coerenza.

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