L’exploit della società civile

16 Giugno 2011
2 Commenti


Andrea Raggio

Le recenti elezioni amministrative e referendarie sono state caratterizzate da una straordinaria partecipazione popolare animata da una molteplicità di iniziative autonome rispetto a quelle dei partiti. Questa partecipazione ha contribuito in misura notevole a umanizzare il dibattito, liberandolo dai diversivi berlusconiani e ancorandolo ai problemi veri delle persone, ai beni comuni. Ed è stata di portata tale da incidere sul comportamento dei partiti, da supplire a loro carenze e talvolta da correggere loro decisioni. C’è stato come un risveglio della società civile, anticipato nei mesi scorsi da grandi autonome manifestazioni dei giovani, delle donne, del mondo della scuola e della cultura.
E’ stato calcolato che l’indice di partecipazione aggiuntiva, quello che misura la differenza tra l’affluenza media al referendum e la percentuale dei voti dei partiti del fronte del “Si”, è pari a livello nazionale al 27,7% e in Sardegna al 36,1%. Questo dato contribuisce a spiegare quello dell’affluenza referendaria in Sardegna, superiore al dato nazionale e pari al 58,65% (Cagliari 58,8%). Se consideriamo il risultato delle amministrative possiamo ben dire che il quadro politico nell’isola è in sensibile evoluzione.
Si è, dunque, sprigionato dalla società civile un potenziale democratico autonomo tale da influenzare sensibilmente la società politica. Ciò non significa che la lamentata separazione tra società politica e società civile sia superata, appare però evidente la possibilità di riportare il fenomeno nell’ambito di una corretta distinzione. I partiti sono chiamati ora a una grande sfida. Possono vincerla solo evitando di mettere il cappello sui risultati elettorali per spadroneggiare (perché tanto ritardo nella formazione della giunta comunale di Cagliari?) e instaurando con la società civile sempre più politicizzata, attenta ed esigente, un rapporto nuovo, tutto da costruire.
La grande questione aperta è quella della partecipazione. C’è una domanda di partecipazione e una disponibilità a partecipare che vanno colte da subito. L’avvio della nuova esperienza di governo al comune di Cagliari offre un’occasione da non perdere. Non dimentichiamo che il centrosinistra ha vinto le elezioni comunali anche perché ha posto al centro del programma la partecipazione popolare al governo della città. La stessa ampiezza del successo prova che la domanda è tale da non poter essere ulteriormente trascurata. Senza l’ampio concorso dei cittadini, d’altronde, non sarà possibile contrastare la pressione dei gruppi di potere affaristici e clientelari e adeguare l’amministrazione alla complessità dei problemi della città e al suo ruolo di capitale della Regione. Si tratta, insomma, di instaurare tra amministratori e amministrati un rapporto non più bipolare e subalterno – tra soggetti attivi e soggetti passivi - ma paritario e relazionale, tra amministratori e co-amministratori.
Innanzi tutto, determinante è l’agire politico, sono i comportamenti adottati nelle istituzioni e verso le istituzioni e nei rapporti tra queste e i cittadini. L’indispensabile ricambio della classe dirigente locale deve, perciò, premiare non solo l’onestà e la competenza ma anche la sensibilità democratica. La partecipazione richiede, inoltre, l’adozione di adeguati strumenti e procedure. Dall’esperienza di molte città italiane ed europee e di diverse istituzioni emerge un ampio ventaglio di misure efficaci. Nell’intento di contribuire al dibattito sull’argomento ne cito alcune. L’istituto del Difensore civico è previsto nello Statuto del Comune ma non è stato mai attivato. Eppure la tutela dei diritti dei cittadini nei confronti dell’amministrazione favorisce la partecipazione ed è al tempo stesso valida alternativa allo scambio protezione clientelare – fedeltà politica. L’istituto della Petizione consente ai cittadini singoli o associati di segnare disfunzioni e carenze e di avanzare proposte di interesse generale, istruite da una apposita commissione per essere sottoposte all’esame della Giunta e, se necessario, del Consiglio. L’attuazione, mediante apposito regolamento, del principio di sussidiarietà orizzontale non solo favorisce la co-amministrazione ma può contribuire ad alleggerire il bilancio comunale. La promozione dell’associazionismo mediante la messa a disposizione di strutture e di servizi è un altro aspetto di una politica di promozione della partecipazione. Infine, il ricorso ai referendum su aspetti della vita cittadina.
Si potrebbe continuare. L’importante è, però, che si cominci.

2 commenti

  • 1 Anna
    16 Giugno 2011 - 18:23

    Gran bell’articolo, speriamo però che si sia coerenti a cominciare dalla composizione della giunta comunale. I nomi che girano, ma non tanto i nomi in sé, quanto piuttosto le indiscrezioni sui modi di selezione (vedasi http://www.rosarossaonline.org/art/2011/06/15/cagliari-il-21-si-riunisce-il-consiglio-il-toto-assessori_15768) danno da pensare a un PD che in primo luogo fa uso da farmacista del bilancino tra le correnti, in un contesto in cui non si sa quanto le competenze e la capacità di rapporto con la cittadinanza pesino effettivamente. E questo è solo il PD, nulla ancora sappiamo o quasi di SEL e delle altre forze che vorranno la loro parte. Ma è così difficile per i partiti scegliere “i migliori” a prescindere dalla loro appartenenza correntizia … il PD ha un panorama di competenze sterminato, anche a dispetto di una dirigenza cittadina mediocre e assente, ma c’è da temere che col prevalere di altri criteri queste competenze non possano essere collocate “al posto giusto” e valorizzate al meglio.

  • 2 Franco Meloni
    19 Giugno 2011 - 18:46

    Come strumento (tecnologico) di partecipazione segnalo l’iniziativa di Marcello Verona e Co. denominato IDEARIO PER CAGLIARI:
    http://oratoccaanoi.ideascale.com/

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