Ridurre i costi, non gli spazi della democrazia

10 Ottobre 2011
1 Commento


Andrea Pubusa

Sentite. Sulle questioni istituzionali c’è il rischio di buttare il bambino con l’acqua sporca. E vi spiego perché. Ricordate le campagne di Mariotto Segni? “Bisogna legare di più l’eletto agli elettori”, diceva. “Ci vuole la preferenza unica o, meglio i collegi uninominali”, soggiungeva. E sappiamo com’è andata a finire. Sotto la spinta degli umori della piazza Berlusconi e & C. (sinistra compresa) ci hanno dato il Porcellum, ossia nessuna preferenza, nomina dall’alto, Parlamento blindato, parlamentari al servizio dei capipartito!
Lo stesso sviluppo ha avuto il movimento attorno a “Mani pulite”. Il giustizialismo spinto ha condotto a sopprimere la disciplina dell’immunità parlamentare. Il risultato è che Berlusconi per non sottostare alle decisioni dei giudici ha sfasciato il processo e insidia quel bene prezioso che è l’indipendenza dell’ordine giudiziario.
Per farla breve. Le norme costituzionali nascono da un affinamento secolare, da un accumulo lento di sapere giuridico e di esperienza storica. Toccare questi meccanismi delicati sull’onda della piazza è sbagliato e pericolosissimo.
Ora monta l’idea di diminuire il numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Invito però a considerare che un’assemblea legislativa di 50 membri è un non senso e, in tale composizione, non è congrua rispetto alla funzione. Far leggi è un potere delicatissimo, richiede ponderazione di interessi, di opinioni e posizioni e, sopratutto, richiede ch’esse siano adeguatamente rappresentate. Il lavoro preparatorio è svolto in Commissione, che, nel caso di decurtazione, sarebbero composte da 5-6 membri. Un numero così ristretto per “cucinare” le leggi è inaccettabile, perché si presta alla combine o, semplicemente, alla lacunosità dell’istruttoria o all’errore.
Ma qui prende forza la mia paura. Perché non accedere alla proposta del governo che ha parlato di Consigli regionali di 30 membri? Se la riduzione del numero è un bene in sé, questa proposta è migliore. Ma il Governo ha parlato anche di soppressione di piccoli comuni o di riduzione degli organi di governo a tre, il sindaco, più un membro di maggioranza e uno di minoranza. Insomma, torniamo al podestà di nera memoria!
Se si continua così vedo dietro l’angolo l’uccisione completa della democrazia locale, già agonizzante a seguito delle scriteriate “controriforme” bipartisan degli anni ’90.
Ed allora ribadisco con forza che la democrazia ha dei costi e sui costi fisiologici al suo pieno esercizio e svolgimento non ci possono essere risparmi. Le nostre libertà non hanno prezzo. Le autocrazie sono più costose, meno virtuose e più deteriori per la gran massa dei cittadini, sopratutto dei ceti popolari.
Certo si possono e si devono evitare organi pletorici, inutilmente sovrabbondanti. Così è auspicabile una riduzione della Camera dei deputati da 630 a 430 o del Senato dagli attuali 315 alla metà. Ma il nostro Consiglio regionale non può avere meno di 60 membri. Bloccare il numero ad 80 sarebbe già un buon risultato. Anche Mazzini e Garibaldi, che notoriamente non erano spendaccioni o amanti del privilegio, nella Costituzione della Repubblica romana ha fissato un rapporto di un parlamentare ogni 20.000 elettori.
Il contenimento della spesa pubblica si realizza in altro modo. L’indennità parlamentare può essere dimezzata. I vitalizi devono essere dati dopo i 65 anni e solo agli ex parlamentari e consiglieri indigenti. Il cumulo del trattamento pensionistico e del vitalizio va scongiurato. C’è poi tutto il mare magnum degli enti, dei consigli di amministrazione, dove si annida una massa di prebende che mette in crisi le finanze pubbliche e alimenta un sottobosco della politica ben più pericoloso e costoso delle assemblee parlamentari. Negli anni scorsi sono stati scritti tanti libri-inchiesta (Stella e Rizzo, Salvi e Villone ed altri) che documentano bene il fenomeno.
Ecco su questi temi dovrebbe avviarsi un ampio dibattito in Consiglio regionale, in Parlamento e nella società. Una discussione aperta, senza riserve, reticenze o peggio furbizie; una discussione in pari grado critica, riflessiva e propositiva. Senza questo metodo e questo spirito presto o tardi prevalgono gli umori antidemocratici.

1 commento

  • 1 Antoni
    10 Ottobre 2011 - 10:35

    Caro Andrea
    sono perfettamente d’accordo con quanto scrivi.
    meglio 80 consiglieri a mezzo stipendio e senza vitalizio che 40 belli grassi con stipendio e vitalizio da tramandare addirittura a vedovi e vedove.
    Si tratta di trovare il metodo operativo per raggiungere l’obiettivo di mettere a dieta il
    Consiglio Regionale ed i consiglieri.
    È più facile che Giorgio Oppi cambi sesso piuttosto che questo Consiglio riduca le generose prebende erogate ai suoi componenti.
    I cannibali non diventano vegetariani di punto in bianco.
    Molti devono pagare il mutuo e portano famiglie, magari una in bidda e una in Casteddu.
    Bastant 5000 euros!
    La soluzione, visto che le volenterose petizioni tipo quella promossa dal comitato Lu Puntulgiu e C.S.S., lasciano, purtroppo, il tempo che trovano potrebbe essere quella, radicale, di un referendum abrogativo della legge regionale 7 aprile 1966, n. 2 che fissa la misura dell’indennità dei consiglieri regionali, in misura pari, chissa perchè, all’80% della paga dei parlamentari nazionali.
    E’ questa la madre di tutti i privilegi in virtu dell’ancoraggio previsto con i privilegi della casta della Camera dei Deputati, vitalizio in primis.
    Una volta abrogata la norma voglio vedere con quale faccia questo Consiglio vorrà riportare lo stipendio al vecchio livello !
    Tu come giurista cosa ne pensì, si potrebbe fare?
    Una tale proposta referendaria potrebbe passare il vaglio preventivo degli organi preposti?
    Se l’idea fila allora potremmo vederne delle belle!

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