Riprendiamoci la RAI!

28 Ottobre 2011
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Gianna Lai

L’Usigrai, d’intesa con l’Associazione della Stampa Sarda e con il Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti organizza a Cagliari la presentazione dell’iniziativa

‘Riprendiamoci la Rai’

rivolta a tutti i cittadini che ritengono l’informazione pubblica un bene comune, indispensabile per il confronto democratico nella nostra Repubblica. In particolare l’Usig Rai, insieme con gli altri sindacali aziendali e con la Fnsi, sollecita una profonda e urgente modifica dei meccanismi di nomina del CdA della Rai che, sulla base della legge attuale, è un’emanazione diretta della maggioranza che governa il Paese. La manifestazione si terrà nei locali del Palazzo Regio di Piazza Palazzo venerdì 28 ottobre con inizio alle 10.30.
Dopo i saluti del Presidente della Provincia, Graziano Milia, la relazione introduttiva sarà svolta dal segretario nazionale dell’Usigrai, Carlo Verna. E’ prevista la partecipazione anche del Segretario Nazionale della Fnsi Franco Siddi.
Prendiamo spunto da questa manifestazione per pubblicare l’articolo che segue di Gianna Lai, scritto in occasione della presentazione a Cagliari del libro di Daniela Brancati, già direttrice del TG tre, dal titolo “Occhi di maschio”, Donxelli editore.

 

Leggere criticamente la tv, il suo ruolo e la sua funzione nella storia d’Italia, induce a vigilare sull’uso che se ne fa e contribuisce alla educazione  di un pubblico non passivo. Argomentando in tal senso, il bel libro di Daniela Brancati, uscito da poco per i tipi della Donzelli e intitolato ‘Occhi di maschio’,  fa una storia della televisione dal 1954 ad oggi, “dal punto di vista delle persone di buon gusto e di buon senso e delle femmine”. Daniela ha vissuto direttamente l’esperienza, come cronista e come protagonista, dirigendo nel 1994 il tg3, e sostiene nel suo saggio che ben poco è cambiato di quello sguardo nei 60 anni di storia della tv italiana. Specchio di un’epoca, di un paese, man mano che la società cambia, non cambia la rappresentazione della donna in tv, da moglie e madre, sempre alla ricerca della perfezione per far piacere a lui, fino alla esposizione del corpo, alla sua mercificazione come oggetto sessuale, per utenti ormai preda della pubblicità. Eppure la rottura generazionale e culturale del ‘68 e del movimento femminista creano l’Italia moderna della Scuola aperta a tutti, dello Statuto dei lavoratori, della Legge sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza, del nuovo Diritto di famiglia. Eppure le donne si iscrivono ormai in massa all’Università, raggiungono prima dei maschi e con voti più alti il titolo di studio, per registrare naturalmente  la diseguaglianza nella collocazione lavorativa, trovando più tardi e con più grande difficoltà il lavoro, scandalosamente discriminate innanzitutto perchè potrebbero decidere di diventare madri. A tutto vantaggio degli uomini. E’ un’analisi della condizione femminile, questo libro, attraverso la tv  che ha trasmesso modelli di comportamento tali, da contribuire al radicamento di stereotipi così lontani dalla vita delle donne, impegnate piuttosto a respingerlo lo sguardo maschile, per imporre il loro, autonomo e libero. La tv nasce maschio, dice l’autrice, maschi i dirigenti, poche le donne destinate a ruoli subalterni, segretarie, impiegate, vallette sul video e, secondo la variazione dei gusti maschili, sempre più svestite e mute, senza parola. Ma provocanti e aggressive, e deresponsabilizzate rispetto alla costruzione del loro futuro.  Invece il libro dice qual è il ruolo primario di una tv moderna e aperta, avvicinarsi al pubblico per informare, raccontare ciò che avviene, cosa pensa la gente. E ricorda due esperienze emblematiche, Processo per stupro,  la tv che entra in tribunale e narra dal vivo, senza il filtro del commento, a un pubblico di 9 miliono di spettatori. E poi AAA Offresi, le stesse autrici rappresentano rapporti sessuali tra prostitute e clienti e finiscono, questa volta loro, in tribunale con l’accusa di pornografia, perchè il sesso a pagamento si fa ma non se ne deve  parlare. E’ la tv verità, come quella di oggi, dice Daniela Brancati, quando hanno spazio giornaliste e programmiste coraggiose, autorevoli e preparate, che rendono ancora più evidente il gap tra immagine televisiva e ruolo reale delle donne. Ed è lo sguardo della donna che rovescia il punto di vista maschile, smascherando oppressione e ipocrisie. Racconta questo bel libro  di una cultura e di una coscienza nuova in un paese che non si apre al pensiero della differenza,  in una tv  impreparata  a cogliere la trasformazione dei rapporti uomo donna come sviluppo di una maturità reciproca.   Ed intrecciando la storia della tv con quella del Paese, e mettendo a confronto interventi e pensiero dei protagonisti di questi 60 anni, emerge la grave arretratezza tutta ideologica di questi Occhi di maschio, che continuano a rappresentarsi in un mondo inesitente,  giovani donne svestite come  segno della modernità più spinta. Ma cosa c’è di più vecchio della figura di una donna oppressa e sottomessa, del suo corpo oggetto e destinato alla prostituzione? Nel libro la risposta è affidata a Chiara Saraceno, ‘l’immagine della donna trasmessa dai mezzi televisivi e dalla carta stampata è arcaica, superficiale, ridicola, forse perchè, in Italia, persiste il connubio tra il pensiero postfascista e l’ideologia cattolica, che nega l’immagine femminile’. Se in tv e nel paese avanza a fatica il rispetto della differenza, se a impedire alle donne la carriera è la subordinazione alle cordate maschili, poichè il sistema di potere preferisce le quote rosa, la cooptazione essendo garanzia di fedeltà, certamente una presenza più forte di giornaliste e programmiste consapevoli si opporrebbe a spettacoli  lesivi della dignità delle donne. Sarebbe come sostituire al ’se sei in tv esisti’, il ’se ti riconosci esisti’. Sarebbe la nuova cultura, così come auspicata dall’autrice.
 

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