La questione torna ad essere il programma

14 Novembre 2011
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Alfiero Grandi

Berlusconi è stato cacciato a son’e corru, ma i problemi sono lì, tutti da risolvere. E c’è un Parlamento dove la coppia amico/nemico, propria del bipolarismo, è un ostacolo gravissimo al tentativo di Monti si rimettere in piedi il Paese. Ci sono poi gravi questioni di merito: le ricette liberiste della BCE e del FMI a tutto possono portare fuorché ad una ripresa. Lo dice anche il Nobel Stigliz. Senza ripresa dell’occupazione non c’è futuro economico e tantomeno c’è prospettiva politica. Dalle grandi crisi si può uscire con un rilancio della democrazia, come negli USA col New Deal roosveltiano, ma anche con una deriva autoritaria, come in Europa, E in questi esiti è sempre decisivo il trattamentoo riservato alle grandi masse popolari, Il banco di prova è il lavoro, l’occupazione. Se non si risolve questo problema, in una situazione impregnata di umori antipolitici e antipartitici, il futuro è aperto ad ogni avventura, anche peggiore rispetto al berlusconismo. Ha ragione, dunque, Alfiero Grandi: la caduta del Cavaliere ci fa tirare un sospiro di sollievo, ma la situazione è estremamente difficile, nonostante l’incarico a Monti. Il banco di prova è il programma.

E’ caduto. Il Governo Berlusconi si è dimesso, aprendo la strada a nuove soluzioni. Questa è già in sé una svolta di grande rilievo. E’ inevitabile un senso di liberazione.
Senza dubbio la spinta finale alle dimissioni di Berlusconi, che le ha provate tutte pur di restare al potere, è venuta dal crollo di credibilità del Governo a un punto tale che ha portato a livelli mai visti la differenza del costo del debito pubblico italiano con quello tedesco.
Purtroppo per ora c’è da festeggiare solo la caduta di questo Governo che ha gravissime responsabilità nella crisi in cui è precipitato il nostro paese e che ha esposto l’Italia ad una caduta di credibilità mai vista prima. I problemi sono tutti davanti a noi.
La situazione dell’Italia è troppo seria per essere presa alla leggera. Del resto era difficile immaginare che l’uscita di scena di un simile Governo potesse essere indolore e che fosse sufficiente di per sé per risolvere i problemi.
Il Governo è stato un ostacolo ma ora occorre affrontare seri problemi, e risolverli.
Anzitutto occorre fare i conti con il quadro europeo. E’ vero che l’Italia è in questo momento l’epicentro delle difficoltà, rubando questo poco invidiabile ruolo alla Grecia. Tuttavia molti segnali dicono che la crisi in atto è di rango europeo e non solo dell’Italia. L’Italia semmai è la spia della gravità della crisi, è il punto più debole e quindi è sotto tiro, come lo era stata la Grecia all’inizio della crisi.
Infatti ora lo spread comincia a riguardare anche la Francia, al cui Presidente non basta farsi vedere in compagnia di Angela Merkel per allontanare le preoccupazioni.
L’episodio del declassamento da parte di un’Agenzia di rating, poi rientrato, della Francia è indicativo del clima finanziario ed economico in Europa. Non va dimenticato che il prestito alla Grecia è stato di 110 miliardi, al Portogallo di 78, all’Irlanda di 85, mentre gli aiuti effettivamente erogati alle banche europee tra settembre 2008 e dicembre 2010 sono stati 1240 miliardi, di cui le banche inglesi, francesi e tedeschi hanno ottenuto il 60 %.
Stupisce lo stupore del Commissario europeo Olli Rehn che teme vi sarà la recessione in Europa. In realtà sarà un esito inevitabile se l’Unione non adotterà misure per la ripresa economica a livello europeo. Qualche esempio. Si è parlato di eurobond per sostenere gli investimenti. Prodi e Quadro Curzio hanno proposto modalità originali di finanziamento di un fondo europeo per lo sviluppo. Ci sono anche altre proposte in campo. A cui ne va aggiunta una per sterilizzare il maggior debito pubblico, che è stato creato dagli Stati europei per affrontare la crisi finanziaria, creando un fondo europeo ad hoc e usando la Tobin tax per ripagare il suo finanziamento. Fino ad ora l’Unione ha affrontato le difficoltà con politiche monetarie restrittive che lasciano ben poco spazio alle possibilità di ripresa economica in Europa, in particolare nei paesi cha debbono stringere la cinghia, come l’Italia e quindi sono condannati alla recessione.
Occorre certamente fare i conti con l’attacco al debito pubblico del nostro paese e la risposta deve offrire un quadro di convincente stabilità. Tuttavia occorre anche porre con forza il problema di un’Europa che deve supearare egoismi nazionali e visioni ristrette, sottovalutando che la salvezza di uno o più membri è garanzia di futuro europeo per tutti. In sostanza occorre mettere in discussione il neoliberismo dominante, che prima ha assitito impotente alla crisi finanziaria e oggi propone ricette economiche pesantissime per il risanamento dei conti pubblici che stanno provocando sconquassi politici, sociali e perdite secche di sovranità e che finirà con il condannare l’Unione alla paralisi e alla recessione.
Certo un paese con i nostri problemi non è nelle migliori condizioni per fare questo discorso e tuttavia già nel 2012 qualcosa potrebbe iniziare a cambiare nel contesto politico europeo. La destra europea potrebbe non essere più egemone come oggi. Affrontare i nostri problemi con coraggio potrebbe consentirci di aiutare la riapertura di una diversa prospettiva europea.
Affrontare con coraggio i nostri problemi vuol dire anche dare una diversa lettura degli impegni presi con l’Europa. Ciò che conta è la credibilità dei conti pubblici e la garanzia sul loro risanamento. A questo oggi non si può sfuggire. Tanto più in un quadro europeo che non fa sperare in generosi interventi di sostegno. Dobbiamo farcela anzitutto da soli. Purtroppo il punto di partenza è l’eredità di questo Governo che è pessima.
Tuttavia c’è modo e modo di affrontare i problemi. Ad esempio un conto è introdurre la patrimoniale, rivedere la stessa tassazione delle rendite finanziarie, recuperare parte delle regalie fatte con lo scudo fiscale, colpire seriamente l’evasione fiscale, non chiudere gli occhi di fronte all’aumento dei prezzi, che ha un’influenza anche sul costo del debito pubblico, oltre che sulla vita della parte più debole della società. Solo per fare qualche esempio.
Altro è insistere sulle solite ricette: via i diritti dei lavoratori, alzare senza criterio l’età pensionabile, ecc.
La differenza con altre fasi sta nel fatto che se il centro sinistra non proporrà una linea seria e convincente di risanamento finanziario anche gli spazi per la ripresa, per dargli un carattere di qualità che oggi non ha (il Governo nel maxi emendamento non ha trovato di meglio che defiscalizzare le nuove autostrade) per distribuire i carichi e i costi in modo veramente equo la situazione potrebbe andare alla deriva, facendo scadere ulteriormente la credibilità delle scelte politiche.
Difficile dire ora quale sarà lo scenario. Quale sarà il rapporto tra Governo di grande coalizione e elezioni anticipate. Nell’uno o nell’altro caso occorre che il centrosinistra ponga con forza da subito un proprio punto di vista. In grado di rappresentare oggi il punto di vista del lavoro, delle classi più deboli e in futuro la base di un’alternativa politica netta.
La questione torna ad essere il programma, le proposte, anche per evitare che in nome dell’emergenza sia proprio il centrosinistra a doversi fare carico dell’amaro calice che il centro destra si è ben guardato dall’affrontare, ricordando che prima o poi ci sarà una campagna elettorale e occorre evitare che diventi l’occasione per un recupero di chi invece porta la responsabilità dell’attuale disastro, visto che portato il debito pubblico italiano dal 103 % al 120 % in tre anni ed esposto il paese alla speculazione.
Sarebbe veramente incomprensibile che caduto il Governo Berlusconi, che tanti danni ha fatto al nostro paese, la soluzione politica finisse con il mettere in difficoltà le basi politiche di un’alternativa di centrosinistra. L’unico modo per evitarlo è una proposta politica comune sulle scelte da fare, poche e chiare.

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