Sulcis: Alcoa, altri mille lavoratori nel dramma

10 Gennaio 2012
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Red

Peggio il 2012 non poteva iniziare. Alcoa, la multinazionale dell’alluminio taglia, riduce la produzione nei due siti spagnoli e ferma  Portovesme. Poche speranze per i circa 500 dipendenti e gli altrettanti dell’indotto
 Il quartiere generale dell’Alcoa, a Pittsburgh (Usa) intende fare in fretta, vuole completare l’operazione entro la prima metà del 2012. La ristrutturazione punta a ridurre la capacità totale di produzione di alluminio primario del 12%, ovvero di 531.000 tonnellate, ma mentre per la Spagna è prevista una riduzione della capacità produttiva, per il sito sardo è prevista la chiusura. A Portovesme, fra diretti e indiretti, lo stabilimento dell’Alcoa dà lavoro a circa un migliaio di lavoratori.
Gli stabilimenti in Sardegna e Spagna, si legge nella nota ufficiale dell’azienda, “sono tra i siti con i più alti costi nell’ambito del sistema Alcoa”. Alcoa, il più grande produttore mondiale di alluminio primario e semilavorato, la scorsa settimana aveva annunicato la chiusura permanente di una fonderia in Tennessee e di due linee produttive a Rockdale, in Texas.
A Portovesme, Alcoa inizierà il processo di consultazione con istituzioni e rappresentanti sindacali per chiudere permanentemente l’impianto. Il numero di posti di lavoro coinvolti non sarà definito - precisa la multinazionale - finchè le consultazioni non saranno completate. Oltre alle chiusure ed alle riduzioni, Alcoa intende accelerare il piano per ridurre il costo delle materie prime impiegate nel suo business dei prodotti primari e modificherà la capacità di tutto il suo sistema di raffinazione globale per rispondere alla domanda interna ed alle condizioni dominanti di mercato.
“Una posizione energetica non competitiva, combinata con costi delle materie prime crescenti e crollo dei prezzi dell’alluminio - spiega la multinazionale - hanno condotto a dover pianificare le riduzioni delle capacità produttive o le fermate degli stabilimenti. Le riduzioni o le fermate corrispondono a 240.000 tonnellate, ovvero circa il 5% della capacità totale di produzione di Alcoa. La capacità di Portovesme è di 150.000 tonnellate, mentre La Coruna e Aviles sono rispettivamente pari a 87.000 e 93.000 tonnellate all’anno”.
Secondo l’azienda, le decisioni assunte oggi contribuiranno all’obiettivo a lungo termine di Alcoa di migliorare di 10 punti percentuali la sua posizione nella curva dei costi di produzione dell’alluminio a livello mondiale e aumenteranno “la competitività di Alcoa nell’attuale condizione di volatilità dei prezzi del mercato dell’alluminio”, diminuiti di oltre il 27% dal picco nel 2011. “Nello scenario economico odierno, è tassativo dare velocemente risposte per mantenere la competitività - argomenta Chris Ayers, vipresidente di Alcoa Executive e presidente di Alcoa Global Primary Products - . Siamo impegnati nel trovare soluzioni che minimizzino l’impatto sulle comunità locali e sui lavoratori”. Secondo Ayers, non c’erano alternative alle scelte fatte.
Volevate una prova di quanto il vecchio Karl  sia stato acuto? Volevate conferma della molla che muove il capitale, il gelido profitto? Eccola. Nelle parole di Alcoa, il dramma dei lavoratori e dei territori non esiste. C’è solo un freddo calcolo ragionieristico e parole di circostanza.
Impossibile ammortizzare l’effetto della chiusura del sito di P. Vesme che dà lavoro, fra diretti e indotto, a circa un quarto degli occupati dell’area industriale di Portoscuso, in una terra, il Sulcis, che ha tassi di disoccupazione ben oltre la media nazionale ed è considerata dall’Istat l’area più poverra d’Italia. La scelta della multinazionale Usa, inoltre, fa scomparire dall’Italia il ciclo dell’alluminio. Un ulteriore impoverimento generale del Paese.
L’Alcoa ha avuto per anni energia a prezzi scontati fino a quando l’Ue non ha aperto un procedimento di infrazione verso il governo italiano, ritenendo le forniture “ribassate” un aiuto di stato mascherato. Il Pd sardo, secono il quale il governo avrebbe potuto trovare una soluzione legale per superare questo ostacolo, ora fa appello al premier Monti, mentre la giunta regionale annuncia di aver già avviato una discussione con il governo per tentare di evitare la chiusura dello stabilimento di Portovesme.

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