La grande impostura sull’art. 18

16 Gennaio 2012
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Andrea Pubusa

Volete la prova dell’impostura di Ichino, Mercegaglia & C. sull’art. 18? Prendete la drammatica situazione dei lavoratori di P. Vesme messi in strada dall’Alcoa? Di ricorrere all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per rientrare al lavoro nessuno ha parlato. Come mai? Chiusura dello stabilimento, giustificato motivo, padrone con le mani libere, dipendenti per strada. Punto. Chiuso.
E all’Omsa? La Golden Lady dichiara l’apertura del procedimento di licenziamento collettivo per lavoratori e lavoratrici di Faenza, ha deciso di chiudere lo stabilimento, e, oplà, 239 lavoratori\ci a spasso! E gli ostacoli dell’art. 18 che da ogni TV, giornale stampato e radio paventa Ichino e il padronato? Chissa perché non se ne parla. Non se ne vede neppure l’ombra. Sarà che i lavoratori e i sindacati sono scriteriati e non vogliono far sul serio? Protestano per sport? vanno a Roma a fare una scampagnata  spese del sindacato? No, la verità è che l’art. 18 non impedisce, ostacola o ritarda i licenziamenti collettivi. Il padrone decide e, detto-fatto, i lavoratori rimangono fuori dai cancelli dello stabilimento. Non è stato così anche alla Vilnys di P. Torres?
E dire che nel caso dell’Omsa in effetti in giudizio potrebbe anche dimostrarsi l’insussistenza del “giustificato motivo”. L’Omsa infatti non licenzia per mancanza di commesse o problemi di mercato. No, continua la produzione, anzi la incrementa in Serbia! Tant’è che al di là dell’Adriatico assume i lavoratori che licenzia a Faenza. Dunque, a rigore, giustificato motivo non ce n’è. C’è solo la brama di maggior profitto. Ebbene, l’art. 18 non tutela neanche di fronte al gelido calcolo imprenditoriale scisso da qualunque valutazione di ordine sociale, di attenzione alle proprie maestranze o dei territori. Il padrone esibisce il suo potere, nudo e crudo, senza infingimenti, imbraccia la mazza e fa strame dei lavoratori e delle loro famiglie. Se ne fotte, caro Ichino, del diritto e della solidarietà e anche degli aiuti pubblici già incassati.
Certo, tu obietterai che però con la tua proposta Alcoa e Golden Lady dovrebbero per un anno pagare l’80% del salario, il secondo anno blà blà e il terzo blà, blà, blà fino ad reinserire i dipendenti al lavoro da qualche altra parte. Ma tu ce la vedi l’Alcoa inviare da Pittsburg  ogni mese le somme per fare questa buona azione di solidarietà? Dalla Pennsylvania si preoccuperà dei lavoratori sardi? Sarà premurosa verso il Sulcis?  E la Golden Lady, che pure ha sede a Mantova, sarà altrettanto solidale? Suvvia Ichino! Sei stato un sindacalista della CGIL, sei stato e sei deputato, sei professore universitario. Dignità, per dio! Come vanno queste cose dovresti ben saperlo. Ed allora smettila con certe menate, a cui neanche il buon De Amicis avrebbe creduto. Di Olivetti ne nasce uno solo. Ed uno è già nato, morto e sepolto. Gli altri l’impresa sociale, la solidarietà, il rispetto del territorio non sanno cosa siano. Loro sono ordinari pescicane usi a predare sanguinosamente e basta.
In questo contesto tu non hai smesso di sperare anche nella soppressione del resto dell’art. 18, quella parte che vieta il licenziamento senza giusta causa, ossia sei fra coloro che vorrebbero eliminare dalle aziende le regole e ridare al padrone il potere assoluto. Anche il povero lavoratore, serio, professionalizzato, sempre puntuale e presente al lavoro, ma che non ha perso il vizietto di pretendere in cambio il rispetto della sua persona e dei suoi diritti, ebbene anche questo ottimo cittadino, dignitoso buon padre di famiglia, il mitico pater familias, in fabbrica dovrebbe strisciare, stracciare la tessera della CGIL, per non incorrere nell’insindacabile potere di licenziamento? Che bella società, quale alta civiltà ipotizzi, caro Ichino!
Permettimi, Ichino, io sono, come te, professore universitario ed avvocato, e, dunque, ti porto il rispetto che si deve ad uno studioso e ad un collega, ma proprio per questo consentimi di confessarti che quando ti sento dire ciò che dici o quando sento altri colleghi costituzionalisti (me ne vengono in mente taluni  sardi propugnatori, al tempo. della Legge Statutaria) sostenere certe tesi, penso che il diritto, come tutte le altre cose, và non solo studiato, ma và anzitutto capito. E penso anche che un’etica c’è anche nell’interpretazione del diritto. O no?

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