Le parti sociali? Per Monti un optional

25 Febbraio 2012
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Amsicora

Sapete perché Napolitano è infastidito dalle proteste dei disoccupati? E perché Monti dice sempre che vuole il consenso dei sindacati, ma che, se non c’è, va avanti lo stesso? La risposta viene da lontano. Ce la dà l’Ocse, nel suo rapporto sulla crescita mondiale. Se è vero che ogni fase storica in relazione agli assetti sociali ha una propria forma di governo, quella attuale è esattamente una costituzione materiale in cui le decisioni vengono prese nei grandi centri o istituzioni finanziarie ed economiche mondiali e poi filtrano negli Stati, attraverso governi che sempre più non sono espressione degli elettori, ma dei centri di potere sovranazionali stessi. Il fenomeno è ormai così evidente che i decisori mondiali o sovranzazionali non hanno più neanche il pudore di celarsi.
Ecco cosa dice l’Ocse da Città del Mexico sull’Italia: lo scenario peggiore della crisi è stato evitato ma anche così “la disoccupazione resterà alta nel corso del 2013″ mentre “non si attende un recupero della produzione persa e i bilanci pubblici dovrebbero rimanere sugli stessi livelli insostenibili in molti paesi”.
Dall’analisi ai diktat il passo è breve. L’Italia deve ridurre la proprietà dello Stato “specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell’energia e dei servizi locali”. L’Ocse ordina al governo Monti di “realizzare le privatizzazioni” senza ulteriori indugi e con decisione. E si sa che in stato di necessità la vendita, che di per sé, se è indiscriminata è un errore e costituisce un impoverimento del Paese, fatta in stato di necessità si trasforma in svendita, i beni pubblici ai saldi!
Nel suo rapporto l’Ocse non nasconde che in Italia il referendum sull’acqua nel 2011 ha “rovesciato i piani per privatizzare i servizi del settore”. Ma il nostro paese, soggiunge, pur avendo fatto progressi su diversi temi come l’educazione terziaria, la decentralizzazione dei salari e la corporate governance, ha “realizzato poco nella riduzione delle società e servizi a controllo pubblico”. E, dunque, via i servizi pubblici che danno diritti ai cittadini-utenti, e porte aperte alla gestione privata che i servizi li dà solo a chi li può  pagare. Altra cosa è la efficenza, anche dal punto di vista dei coonti, che certamente dev’essere perseguita anche nel pubblico con fermezza e decisione.
E sul cosiddetto mercato del lavoro? Volete sapere perché Monti e la Fornero, da bravi figuranti, dicono di voler andare dritti sulla propria strada, sindacati volenti o nolenti? “Ammorbidire la protezione del lavoro sui contratti standard”, comanda loro l’Ocse. In lingua italiana: eliminare la contrattazione nazionale, che offre a tutti i lavoratori un trattamento di base comune. E al  diavolo la Costituzione, che li prevede! L’Italia “non ha ancora intrapreso azioni significative”, ammonisce l’Ocse. Monti è in difetto, anche se sta “considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard” con “una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati”. Sarà per questo che Napolitano ha parlato l’altro giorno in Municipio di necessità di un welfare moderno?
“Ridurre le barriere legislative alla concorrenza” in diversi settori, tra cui ”le professioni, il commercio al dettaglio e i servizi locali”, intima ancora l’Ocse all’Italia. E il decreto varato a dicembre 2011? “Introduce misure per liberalizzare il commercio al dettaglio”, ma queste “possono essere in parte sorpassate dalle politiche territoriali delle autorità regionali”. Ed allora un’indicazione: centralizzare, comprimere le autonomie regionali, ridurle a terminarli del governo centrale. Ancora al diavolo la Costituzione, col suo cazzeggio regionalistico! Le centrali del potere sovranazionale non sopportano intralci ai loro comandi. Ed allora porte aperte alle autocrazie regionali a mezzo di governatori (alla Soru) e via i consigli comunali e provinciali. Questi vanno ridotti a comitati, come ha fatto il governo per i consigli provinciali e il Consiglio regionale (formato da minchioni) per quelli comunali. La democrazia locale nella forma di governo del grande capitale finanziario non è contemplata. E’ un intralcio, è incompatibile, deve sparire!  
Monti dia attuazione presto alle riforme strutturali: questa la frustata dell’Ocse. Ma esse possono davvero mitigare l’impatto della crisi, evitando che la disoccupazione resti su livelli alti? Può contribuire a rilanciare “piu’ velocemente”  l’occupazione? L’Osce nel suo rapporto per la crescita lo afferma, con un tono che ricorda l’enunciazione della verità insindacabili da parte del Papa ex cathedra. Ma chi assumerà i lavoratori dell’Alcoa e della Vilnys oggi a spasso? E le migliaia di precari? E chi addirittura non ha mai lavorato? In fondo, di costoro l’Ocse se ne frega. Non li vede. E non ne frega niente anche a Monti e alla Fornero. Sono un accidente e basta. Ecco perché Napolitano era infastidito l’altro giorno a Cagliari. Perché, anche se nessuno vuol vederli, i licenziati, i disoccupati e i precari esistono, ed esigono politiche che diano lavoro e sicurezze. Non vogliono quelle flessibilità tanto declamate da loro signori e rivolte esclusivamente a far piegar loro il capo e la schiena. Reclamano il sacrosanto diritto al lavoro, quello enunciato dalla  Costituzione, esattamente all’art. 4.

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