L’art. 18, vera àncora di dignità, ma…

22 Marzo 2012
1 Commento


Renato Monticolo scrive,  Andrea Pubusa risponde

Un vecchio caro amico mi scrive….

Mio caro Andrea
Leggo su face book una tua riflessione sui motivi per cui vogliono eliminare l’articolo 18 e del perché sia necessario resistere e difendere il principio.
Si tratta di un’analisi lucida e condivisibile di un principio-totem del diritto del lavoro, vera àncora di dignità scaturita dall’opera di Brodolini negli anni del miracolo economico.
Ma, come tu mi insegni, lo Statuto dei Lavoratori nacque sull’onda di una esigenza giuridica fondante e cioè spostare il baricentro del lavoro dal vecchio principio “dell’oggetto negoziale, il lavoro come prestazione d’opera” al soggetto contraente del lavoratore visto come parte attiva di un nuovo processo lavorativo.
Era una rivoluzione!
Ma con il passare degli anni lo Statuto è stato aggirato e sbeffeggiato dai mille contratti atipici che hanno rispolverato il principio dell’oggetto negoziale e cioè del lavoratore visto come semplice prestatore d’opera.
Ecco perché credo purtroppo che i principi, spesso relegati a ruolo di buone intenzioni in teche di cristallo, non siano sufficienti a colmare i baratri di ingiustizia morale, giuridica e sociale che stanno sconquassando la nostra società specie nel suo midollo giovane.
Vorrei fare questa semplice osservazione: quanti lavoratori beneficiano dell’articolo 18?
In primo luogo solo quelli che hanno un contratto a tempo indeterminato.
In seconda battuta solo quelli che lavorano in imprese con un numero di dipendenti superiore a 15.
Ti sei mai chiesto quale tutela derivi dal totem dell’articolo 18 a tutti quei giovani, e non sempre solo giovani, che hanno contratti precari o addirittura di compartecipazione (ovviamente fasulla) con il datore di lavoro?
Non credo che l’articolo 18 sia il freno dell’economia italiana ma sono certo che la “battaglia di principio” che si sta invocando non serva a tutelare maggiormente quei lavoratori che non rientrano nel novero dei “privilegiati” a tempo indeterminato ed in imprese con più di 15 addetti.
Ignorare l’esercito dei lavoratori atipici e precari, sfruttati oltre ogni limite mi sembra una ipocrisia che non possa essere fatta passare sotto silenzio.
Ciao, un abbraccio
Renato Monticolo

Ecco la risposta di Andrea Pubusa

Carissimo Renato,

 a nessuno di noi sfuggono i limiti applicativi dell’art. 18. Non a caso anni fà abbiamo sostenuto il referendum per abrogare la disposizione che esclude dalle garanzie sui licenziamenti le imprese con meno di 15 dipendenti. Quel tentativo di ampliare la portata della previsione dell’articolo 18 purtroppo non ha avvuto successo per mancanza del quorum ed è perciò rimasta senza seguito. Anzi, si è abbattuto sul lavoro il ciclone neoliberista, aggirando l’art. 18 e riducendo a merce vilipesa il lavoro di una grande massa di prestatori d’opera, con la miriade assurda e irragionevole di contratti precari, estesi fin nella pubblica amministrazione. Un trionfo delle ragioni del padronato e degli istinti selvaggi del mercato! Un affossamento della persona che della merce di cui stiamo parlando è il produttore. Anzi una avvilimento del produttore di cui il lavoro è la creatura più rilevante, fonte della ricchezza e della crescita sociale.
Ma tu, nella tua profonda sensibilità storica (che mirabilmente hai mostrato fin dai verdi anni del liceo), ben sai che quando la persona viene vilipesa, quando il lavoro viene compresso avanza un presagio di rovina generale della società. In fondo le grandi tragedie attuali e quelle del recente ‘900 sono maturate sul disconoscimento del valore della persona, sulla pretesa di comprimere i diritti del lavoro e quelli intimamente connessi di libertà. Sono iniziate quando il profitto e l’ingordigia senza limiti della classi dominanti hanno superato e rotto ogni argine. Quando si è preteso perfino di eliminare le organizzazioni dei lavoratori.
Battersi per l’art. 18 vuol dire oggi salvare quella ridotta, che la Costituzione vorrebbe invece regola generale incontestata, che pone la persona al centro della nostra Repubblica, che si vorrebbe democratica perché fondata sul lavoro. Ma questo non vuol dire pensare di asserragliarsi in questo fortino, senza tentare sortite e rinunciando a farsi carico ed aggredire l’enorme massa di sofferenza e di sfruttamento che si annida nelle forme moderne del precariato. Difendere l’art. 18 non vuol dire rinunciare alla lotta per i diritti degli altri. Tuttavia, se anche la trincea dell’art. 18 viene abbandonata e perduta, la ripartenza e il contrattacco saranno enormemente più difficili. Non a caso i reazionari di tutte le risme, a partire dalla Fornero e da Monti, sventolano la bandiera dei giovani per togliere diritti a tutti, mettono alla mercè della moneta, di un indennizzo la dignità del lavoratore e della sua famiglia. Dunque, la battaglia attorno alla CGIL e alla FIOM sull’art. 18 non può che vederci schierati con convinzione, per creare quell’unità più ampia che consenta di affrontare l’insieme dei problemi del mondo del lavoro. Volgarmente i reazionari di ogni risma chiedono lo scalpo della CGIL, ossia la resa incondizionata del mondo del lavoro. Noi, consapevolmente, dobbiamo batterci per impedirlo e creare le condizioni della ripresa dell’iniziativa democratica, che si misura sempre anzitutto sui diritti dei lavoratori, come dice la Costituzione che, non a caso, nel suo primo articolo lega indissolubilmente democrazia e lavoro.

1 commento

  • 1 Calomeni
    2 Aprile 2012 - 17:13

    L”Italia è un paese di merda con un REGIME CATTO-FASCISTA -DEMOCRATICO che si VANTA di essere “DEMOCRATICO” ma in realtà IL POPOLO NON DECIDE MAI NULLA !
    IL POPOLO ITALIANO NON VUOLE LE CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA !
    Per ben due volte il popolo italiano HA VOLUTO CHE TUTTE LE CENTRALI ATOMICHE FOSSERO CHIUSE X SEMPRE !
    Quei figli di puttana del GOVERNO ITALIANO HANNO DECISO DI RIAPRIRE LE 4 VECCHIE CENTRALI ATOMICHE MARCIE -VECCHIE -PERICOLOSE - ARRUGINITE E MOLTO COSTOSE DA MANTENERE CHE EROGANO UN NUMERO DI KW ORA INSIGNIFICANTE .
    Per capirci la grossa centrale nucleare di Cernobil a livello tecnico era 10 -20 anni più moderna rispetto alle nostre centrali atomiche italiane ed erogava una potenza di circa 20 volte superiore alle nostre 4 scassate centrali atomiche RIDICOLE E COSTOSSIME .

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