C’era una volta in Italia il meridionalismo

13 Maggio 2012
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Gianluca Scroccu

C’è stata una stagione della nostra storia, quella tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento, dove la riflessione sui problemi del Mezzogiorno d’Italia, si pensi in Sardegna a uomini come Antonio Pigliaru, è stata portata avanti da personalità straordinarie per cultura e passione civile, capaci ancora oggi, con i loro scritti, di farci interrogare su problemi irrisolti. Uno di essi è stato sicuramente Manlio Rossi-Doria, uomo politico, aderente prima al Pci e poi senatore socialista, ma soprattutto intellettuale e fine studioso dei problemi del nostro Sud. È appena uscita una sua raccolta di lettere dal titolo Una vita per il Sud. Dialoghi epistolari (1944-1987), (Donzelli, pp. 252, € 16) curata da Emanuele Bernardi. La lettura di questi scritti, scambiati nel corso di un quarantennio, si configura come una lunga riflessione sullo sviluppo (mancato) del Meridione, che dagli anni della ricostruzione post seconda guerra mondiale arriva sino agli anni Ottanta, passando per l’Italia degli anni Sessanta e Settanta. Il protagonista degli scambi epistolari è un uomo che aveva dedicato la sua esistenza, come si può approfondire anche grazie a due recenti biografie scritte dallo stesso Bernardi e da Simone Misiani, all’analisi sociale, economica e storico-antropologica del Sud e che su questi temi dialogò, solo per citarne alcuni, con personaggi del calibro di Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi, Rocco Scotellaro, Pasquale Saraceno, Norberto Bobbio, Giorgio Ruffolo e Antonio Giolitti. Un elenco lunghissimo, che testimonia la considerazione di cui egli godeva e la sua passione, che traspare in ogni lettera, finalizzata a far emergere quegli elementi di analisi concreta per risolvere problemi e cercare così di garantire la crescita di aree che faticosamente provavano ad entrare nella modernità, sottraendosi in questo modo a condizioni ataviche di difficoltà. In questo senso lo sviluppo da lui delineato con i suoi interlocutori viene visto come unico agente di creazione di una comunità nazionale coesa, nella quale i cittadini sono protagonisti e fruitori del bene pubblico. Per fare questo occorreva studiare e confrontarsi con la realtà internazionale, da lui ben conosciuta grazie ai viaggi negli Stati Uniti e allo studio del sistema economico e agrario di quel paese, portato avanti anche tramite il Centro Studi di Portici, specializzato nelle ricerche economico-agrarie. Uno sviluppo che per Rossi-Doria si doveva ottenere sempre nel rispetto dell’ambiente cercando di coniugare, come scrive Bernardi nell’introduzione, «la salvaguardia delle risorse naturali con l’intensificazione produttivistica, l’infrastrutturazione con la difesa degli equilibri del territorio».

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