Referendum: Cappellacci e Vargiu bleffano. Che fare?

11 Maggio 2012
1 Commento


Andrea Pubusa

Sapete cosa c’è di caotico e anche di buffo nel post-referendum? C’è che fra i sostenitori del referendum ci sono alcuni personaggi che bleffano, hanno potere di proposta legislativa, ma non hanno preparato nulla e non sanno che fare. Cappellacci si è arruolato nel movimento anticasta (ossia contro se stesso!) ed ora non presenta al Consiglio alcun disegno di legge. E Vargiu? Se ne lava le mani. Dice che ora tocca al Consiglio, di cui è autorevole ”membro”, sbrogliare la matassa. Il massimo della superficialità e della presa in giro degli elettori! Di caotico nelle conseguenze di un referendum abrogativo c’è solo questo. Il vuoto legislativo non lo è, perché come dicono i giuristi, è in re ipsa, consegue all’abrogazione della legge. In questo caso le province regionali non esistono più sul piano giuridico, essendone venuto meno il fondamento legislativo, la loro legge istitutiva. Si tratta ora di colmare il vuoto.
La soluzione più semplice ed immediata è quella di riaccorpare i territori di Gallura,Ogliastra, Sulcis e Medio Campidano alle province storiche da cui sono stati distaccati con l’istituzione delle nuove province. Dovranno essere le province storiche a succedere nei rapporti giuridica attivi e passivi (personale compreso) delle province abolite, salvo che per i rapporti pregressi non si decida di metterli in capo alla Regione. Nel periodo più lungo, occorre tornare al tema delicato e complesso dell’ente intermedio tra Regione e Comuni. Un argomento molto discusso nel corso degli anni e al quale si sono date diverse risposte. Il tentativo più serio e condiviso di abolire le province è della metà degli anni ‘70. Fu enucleata la figura dei “comprensori”, enti entermedi più piccoli delle province e più rispondenti alle articolazioni territoriali. Si voleva così superare l’artificiosità delle circoscrizioni provinciali, che ricomprendono terrritori disomogenei. Si pensi in Sardegna alla provincia di Nuoro che va da costa a costa, con zone che storicamente non hanno avuto grandi relazioni. Analogamente per la provincia di Sassari e, in parte, anche quella di Cagliari. A metà degli anni ‘70, sei-sette regioni, fra le quali la Sardegna, istituirono i comprensori, ma poi di essi non si fece nulla e pian piano le leggi istitutive vennero abrogate. La difficoltà maggiore s’incontrò nella soppressione delle province, per la quale la revisione costituzionale apparve un ostacolo non superabile. La conseguenza della sopressione dei comprensori fu una corsa all’istituzione di nuove province, che in Sardegna ha messo capo alle leggi ora aborgate dai referendum di domenica.
Come si vede, l’elaborazione istituzionale sull’ente intermedio fra Regioni e comuni è ricca di proposte e di soluzioni. C’è un dato generale però, e cioé che tutti ritengono necessario uno snodo fra Regione e comuni, in quanto un accentramento regionale ulteriore sarebbe letale per le autonomie locali. In realtà, in passato si è sempre lamentata l’eccessiva preponderanza della Regione e della sua burocrazia rispetto ai poteri locali e si è invocato - come previsto anche dallo Statuto speciale - una maggior rilievo dei comuni per la loro vicinanza alla popolazione, almeno in riferimento alle funzioni riguardanti le persone.
Il referendum di domenica e gli umori antiistituzionali rischiano invece di innescare un processo contrario di nuova centralizzazione, di favorire la formazione di una Regione più mostruosa di quanto già non sia. E su questo bisogna mettere in moto una spinta culturale e politica di segno opposto.
Come si vede, si tratta di temi antichi, complicati e che non si prestano a soluzioni semplificate come il votare sì o no ad un referendum. E tantomeno agli slogans populisti anticasta. Ancor più se questi vengono da chi, il Presidente della regione, in materia dovrebbe mettere in campo le proposte più importanti. E le idee. Ma parlare di idee per Cappellacci e come parlare col diavolo dell’acqua santa!

1 commento

  • 1 Stefano
    11 Maggio 2012 - 16:02

    D’accordo su tutto.
    Tranne che su quel “re ispa”. Fossi stato un suo studente, mi avrebbe perdonato un errore del genere?

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