Contro l’ineguaglianza e le ingiustizie? Il socialismo, parola di Tony Judt

11 Giugno 2012
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Gianfranco Sabattini

Nel 2010 è venuto a mancare Tony Judt, storico e socialista democratico londinese. Sino all’ultimo dei suoi giorni, malgrado la grave malattia che lo affliggeva, non ha mai cessato di scrivere e di pensare da socialista, sempre accompagnato dalla “fantasia idealistica”, acquisita nella dura esperienza del suo impegno nei Kibbutz, di poter contribuire a realizzare un socialismo comunitario attraverso il lavoro. Prima di morire ha dato alle stampe un ultimo libro, da poco pubblicato in Italia col titolo provocatorio di Guasto è il mondo. Si tratta di un libro “scritto per i giovani”, fortemente “indignati” per la situazione di crisi generalizzata che le vecchie generazioni stanno lasciando loro in eredità. Il libro è stato scritto con la speranza che i giovani sappiano riscoprire il gusto del dibattito sul confronto dei termini del binomio destra/sinistra. Ciò perché, secondo Judt, sin dagli anni Settanta, il dibattito su questo confronto ha perso gran parte del suo significato originario, ridotto allo scopo quasi banale di offrire solo un punto di riferimento a chi vuole criticare l’esistente.
Questo è potuto accadere perché nel corso degli ultimi decenni è stato trasformato in virtù il perseguimento del solo interesse materiale e personale, ridotto ormai ad unico fine che la società politica deve con l’attività di governo poter rendere perseguibile. Il materialismo e l’egoismo del mondo contemporaneo non sono però valori intrinseci alla condizione umana, in quanto l’ossessione per l’accumulazione di ricchezza, il culto della privatizzazione del settore pubblico, l’insistenza per il ridimensionamento dello Stato sociale, l’apprezzamento delle crescenti disparità sociali, l’esaltazione acritica dei mercati liberi da lacci e laccioli e l’illusione di una crescita senza fine sono, per Judt, aspetti “non naturali” degli uomini che risalgono agli anni a partire dai quali il senso originario del dibattito sul confronto destra/sinistra è stato totalmente smarrito. E’ giunto perciò il momento in cui non è più giustificabile che il socialismo democratico continui a conservare una posizione attendista, né è più giustificabile che contribuisca a preservare molte istituzioni del mondo attuale solo perché ritenute un baluardo meritorio contro presunte istituzioni peggiori. Occorre che il socialismo democratico si riappropri della propria tradizione fortemente riformista, con cui riproporre il ruolo e la funzione di uno Stato interventista, onde evitare che, malgrado i disastri finanziari ed economici che si stanno susseguendo, i partiti socialdemocratici o buona parte di essi continuino ad arretrare sul piano elettorale.
Nonostante la continua emorragia di consensi, nessuno dei partiti socialisti democratici oggi esistenti nei Paesi europei, tradizionale luogo di origine e di diffusione delle idee socialiste, si interroga sul perché aumentano le disuguaglianze di ricchezza, di reddito e di opportunità, persistano sfruttamento economico e sacche diffuse di povertà assoluta, si aggravi la corruzione e si consolidino i privilegi che hanno solo l’effetto di mettere in crisi il metodo di governo della democrazia; ma soprattutto, nessuno dei partiti socialisti democratici si interroga sul perché perduri l’incapacità dell’organizzazione dei sistemi industriali attuali di contrastare il crescente livello di disoccupazione strutturale della forza lavorativa disponibile. L’irresponsabile “pavoneggiamento retorico” su tutte queste problematiche, fondato sulle linee-guida del progetto di riforma sociale del quale il socialismo democratico è stato portatore nel passato, non consente più di catturare il consenso della società civile.
L’aggravarsi di tutte le problematiche sta determinando la formazione di uno stato di insicurezza economica, sociale e politica dell’intera società civile e la formazione, secondo Judt, di una domanda di protezione rivolta alla società politica; e nella misura in cui sarà soddisfatta, sarà sacrificata la democrazia, ovvero la libertà politica in nome della sicurezza e della presunta efficienza della tecnica. Spetta, dunque, ai socialisti democratici evitare che ciò avvenga, nella certezza che se non saranno loro a farlo, lo faranno sicuramente gli altri.
Per evitare il pericolo dell’involuzione dell’organizzazione democratica dei sistemi sociali, i socialisti dovrebbero, impegnandosi a livello nazionale ed internazionale, ripensare l’organizzazione dello Stato. Sul punto l’analisi critica di Judt tace; ma non è difficile capire che la logica stringente del suo discorso porta alla necessità di una nuova forma organizzativa della struttura istituzionale dello Stato. Nel senso che dovrà trattarsi di una struttura alternativa a quella attuale, al cui interno risulti possibile risolvere tutte le problematiche precedentemente evidenziate; e, soprattutto, risulti possibile risolvere il problema della disoccupazione strutturale che la logica di funzionamento del “libero mercato” tende ad allargare sempre più ed a rendere inefficaci le tradizionali misure di politica economica. Bisogna far presto, perché come recitava a mo’ di sinistro presagio oltre duecento anni fa un drammaturgo irlandese (Oliver Goldsmith): “Guasto è il mondo, preda di mali che si susseguono,/dove la ricchezza si accumula e gli uomini vanno in rovina”.

1 commento

  • 1 Vincenzo Di Maria
    15 Dicembre 2012 - 05:58

    Ormai è arrivato al capolinea il putrescente liberalismo del libero mercato. Si affaccia prepotentemente l’alba del Socialismo Universale supportato dal credo fideistico dall’Ateismo-Agnostico.che insieme daranno finalmente dignità, fiducia nelle proprie forze, stima di se stesso, fiducia nell’altro, fedeltà ai propri sani principi,all’uomo moderno.

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