Il tradimento dei padri

14 Settembre 2008
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Gianfranco Sabattini

Secondo Tito Boeri (Contro i giovani, Milano, 2007), il nostro Paese è quello, tra i più avanzati sul piano economico, più protettivo nei confronti dei figli; ma il risultato di questa condizione è che gli italiani sono il popolo che più sta agendo contro i propri figli. Perché è accaduto tutto questo?, si chiede Boeri. E’ accaduto per via della crescita fuori controllo del debito pubblico e del debito pensionistico; gli effetti congiunti del primo e del secondo, infatti, hanno scatenato le cause che al presente condizionano il futuro di tutta la forza lavoro giovanile.
Cominciando dal debito pubblico, Boeri osserva che esso è esploso a partire dalla metà degli anni Sessanta, ma è dopo tale data che il tasso di crescita è sfuggito ad ogni controllo. Con il 1981 si è consumato il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, con il quale l’Istituto di credito centrale ha cessato di essere tenuto a finanziare il debito corrente dello Stato. Il debito pensionistico (pari al valore attuale dei trattamenti pensionistici futuri degli attuali pensionati e dell’attuale forza lavoro occupata al netto dei contributi) è anch’esso un’eredità degli anni passati; negli anni Ottanta in cui è esploso il debito pubblico, la spesa previdenziale si è, a sua volta, impennata, facendo dell’Italia il Paese che destina la più alta quota del prodotto lordo nazionale interno agli anziani. A questo punto ha avuto inizio una spirale inarrestabile; i prezzi sono aumentati ed i sindacati hanno rivendicato incrementi salariali che scontavano in anticipo la diminuzione del potere d’acquisto dei salari per effetto dell’inflazione. Questo processo non ha trovato alcuna opposizione ed ha originato così una consistente ridistribuzione di risorse dalla generazione dei figli alla generazione dei padri, ovvero dalla generazione di chi stava per entrare nella collettività della forza lavoro attiva a quella della forza lavoro che stava invece per uscirne. Ciò è accaduto per Boeri in quanto il nostro sistema di protezione sociale è impostato sul familismo; è impostato cioè sul senso di appartenenza alla famiglia, nel senso che premia e protegge il senso di appartenenza alla famiglia in contrapposizione all’appartenenza alla comunità. Per tornare a crescere, sostiene Boeri, le famiglie italiane devono incominciare ad aver cura anche dei figli degli altri. A tal fine Boeri propone una gestione della previdenza attraverso il passaggio dal metodo a ripartizione (col quale le pensioni sono pagate con i contributi correnti della forza lavoro occupata) al metodo a capitalizzazione (col quale le pensioni saranno corrisposte in funzione delle contribuzioni realmente accumulate); propone anche di migliorare la fase di ingresso nel mercato del lavoro, attraverso l’istituzionalizzazione di un unico contratto di lavoro a tempo indeterminato combinato con l’adozione di un reddito minimo garantito universale e selettivo per coniugare l’accesso a tutti e la sua concessione solo a chi ne ha veramente bisogno.
Le proposte di Boeri sono “in linea” con le proposte dei critici più radicali dell’attuale sistema di welfare State; ma non totalmente, in quanto non implicano un cambiamento dell’attuale organizzazione della sicurezza sociale, ma solo una sua parziale riforma, senza tenere nella debita considerazione le difficoltà dell’introduzione piena del sistema pensionistico su basi contributive e le conseguenze negative della natura selettiva del reddito minimo garantito. Inoltre, non considerano le critiche che i leader principali del movimento dei poveri (costituito da tutti coloro le cui condizioni di vita risultino precarie per una qualsiasi ragione) formulano da tempo contro le contraddizioni ed i limiti organizzativi dell’attuale welfare state; per Bill Jordan, ad esempio, leader del movimento dei poveri della Gran Bretagna, è necessario definire un nuovo patto sociale che sostituisca quello che si è consolidato dopo la seconda guerra mondiale. Grazie a quel patto tra il capitale, la forza lavoro e lo Stato, la grande maggioranza dei cittadini ha partecipato, tramite i sindacati ed i partiti politici, alla gestione dell’economia e della società, ed ha usufruito di una serie di diritti civili, politici e sociali. Le premesse su cui era fondato quell’assetto, però, sono cambiate, per cui occorre una nuova forma di cittadinanza fondata sul riconoscimento di uno status paritario di tutti i cittadini rispetto al reddito; ciò, al fine di porre rimedio ai “guasti” sociali ed economici seguiti all’affermazione di una “democrazia di nuovi proprietari”, una “miscela” di individualismo e di autosufficienza esitata da tutti coloro cui l’antico patto sociale ha garantito un processo crescente di liberazione dal bisogno. Sono, infatti, i nuovi proprietari gli “egoisti” che non pensano anche ai figli degli altri; per il superamento degli egoismi di questa nuova classe è sicuramente necessaria l’introduzione di un reddito minimo garantito da corrispondere ad ogni cittadino; ma l’accesso a tale forma di reddito dovrà avvenire senza controlli burocratici e prove dei mezzi che hanno contribuito non poco a rendere disfunzionale, inefficiente ed ingiusto l’attuale sistema di welfare state.

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