Pirotto, chi è costui?

18 Gennaio 2013
2 Commenti


Amsicora

Se in Sardegna il Partito democratico è autosospeso, nella lista Ingroia affiorano i mal di pancia. La scelta di indicare il sindacalista Antonello Pirotto come numero due alla Camera, dietro lo stesso magistrato, ha spiazzato un po’ tutti e a molti non è andata giù. Naturalmente in questi casi non si va alla sostanza, si censura la forma, il metodo. Il problema di fondo - farfuglia un esponente del ‘Quarto polo’ - riguarda non tanto il candidato, ma il metodo. Quando abbiamo sottoscritto l’accordo con Rivoluzione civile, abbiamo detto chiaramente che i candidati sarebbero stati sardi e soprattutto scelti e indicati nell’Isola. Ora invece cosa succede? Che da Roma indicano Pirotto, senza alcuna consultazione”. Chi lo propone? Sembra, Sandro Ruotolo e Santoro. Pirotto è apparso più volte in trasmissione nei collegamenti da P. Vesme e da Carbonia e in una di quelle trasmissioni (l’immagine è rimasta stampata nella mente degli spettatori) mandò al diavolo l’allora ministro Castelli. Un operaio colpito dalla crisi e in prima fila nelle lotte per il lavoro.
Bene, la forma e il metodo sono da criticare. Ma da una lista nata un mese fà non ci si potevano aspettare le primarie né lunghe discussioni: o si presentano i nomi o si sta a casa!
E’ vero c’era una rosa di nomi emersi da riunioni svoltesi affrettatamente in Sardegna: da Gisella Trincas a Marcello Madau, fino a Salvatore Lai a Giovanni Dore.
Ma detto e ammesso tutto questo, bisogna dire se la scelta Pirotto ha un senso. O se è una stravaganza. O, ancora, se toglie spazio a candidature indiscutibili.
Ora devo dire che la scelta di un operaio sempre in prima fila nelle lotte per il lavoro in una terra disastrata come il Sulcis e la Sardegna, a me piace. Del resto, confesso d’essere un po’ retrò e intendo i partiti della sinistra come organizzazioni non solo per, ma dei lavoratori. Quindi, pur non negando il ruolo fondamentale degli intellettuali, un vero partito di sinistra non può essere solo un partito di lavoratori della mente. Anzi, dirò di più che il declino della sinistra coincide esattamente con la marginalizzazione nel suo seno dei lavoratori. Si è finito così per essere al meglio organizzazioni che si occupano di diritti legati più alla vita di ceti benestanti o intellettuali (sempre importanti, beninteso!), piuttosto che a quelli rispondenti ai bisogni elementari dei ceti subalterni. Piano piano poi, in questo ambiente, ha prevalso la trama e l’ambizione, la carica pubblica intesa come status simbol o, peggio, come sistemazione o come grumo di potere. La situazione attuale di sfaldamento è esattamente il frutto dell’allontanamento dal referente primo e indispensabile della sinistra: il mondo del lavoro e degli sfruttati. La candidatura di Pirotto, dunque, ha un valore simbolico, di ritorno alla classe operaia, ai lavoratori, ai loro problemi, che di per sé è da approvare. Certo, i nomi venuti dalla Sardegna sono forti, la Trincas, Madau, Salvatore Lai sono persone la cui vita è intrecciata con l’impegno civile e la lotta. Se il Parlamento fosse composto di persone come loro, il Paese sarebbe sicuramente in buone mani. Se Rivoluzione civile potesse eleggere due parlamentari in Sardegna, certamanente l’abbinamento di uno di questi valorosi intelletuali all’operaio di P. Vesme sarebbe l’ideale. Ma questo non è possibile. Altri porteranno in Parlamento le problematiche dell’ambiente, della cultura e del disagio, Pirotto, potrà portare nel Palazzo di prima mano i problemi dei lavoratori colpiti dalla crisi. E’ una candidatura di rottura.
In questo senso da Giovanni Dore,  giovane e brillante avvocato, che però, fra i personaggi indicati, per ragione d’età, è quello con minori credenziali nella sinistra sarda, non ci saremmo aspettati una dichiarazione, da cui filtra fastidio per una candidatura operaia, in un momento in cui è proprio quella parte che ha bisogno di maggior rappresentanza. La rivoluzione non è un pranzo di gala, è un sommovimento che rimette in discussione ruoli e gerarchie sociali. Rivoluzione civile, per essere coerente col suo nome, qualche rottura deve pur introdurla! Ridar voce diretta al mondo del lavoro lo è. Indiscutibilmente.

2 commenti

  • 1 giovanni dore
    18 Gennaio 2013 - 11:11

    caro professore, mi hanno segnalato questo articolo nel quale vengo diffusamente citato. Finora mi sono limitato ad un breve commento nel quale davo notizia della mia rinuncia alla candidatura dopo aver visto da chi (e soprattutto come) erano composte le liste.
    Quando la lista definitiva sarà presentata espliciterò meglio il mio pensiero e si renderà conto che nulla ho contro il fatto che il posto di capolista (al quale non ho mai aspirato e non per ragioni di età visto che la mia non è, purtroppo, tenera da tempo !) venisse dato ad un operaio.
    Le consiglio di sentire Gisella Trincas, qualche altro “giovane e brillante” politico come Enrico Lobina oppure semplici movimentisti della società civile come Katya Esposito, e si renderà conto che la valutazione sulla composizione e modalità della lista, somo analoghe.
    a presto.

  • 2 admin
    18 Gennaio 2013 - 11:50

    Da Andrea Pubusa a Giovanni Dore

    Caro Avv. Dore,
    per curiosità, ho partecipato all’assemblea pubblica di Cagliari per la formazione della lista di Rivoluzione civile e - come ho riferito in questo blog - mi è parso mirabilmente centrato l’intervento di Francesco Bachis, il quale ha detto ai presenti che le liste, per ragioni di tempo, sarebbero state comunque fatte a Roma. Insomma, il rito sommario era scontato. Si deve perciò valutare il merito delle candidature. Sopratutto della seconda. E si deve prima ed anzitutto valutare il merito del programma e dell’operazione difficilissima, quasi al limite dell’azzardo, che Ingroia sta conducendo (peraltro, in modo molto efficace). Chi l’approva non può avere mal di pancia per questa o quella candidatura, che son tutte di persone di prim’ordine. Semmai, occorre ritrovare una dote dimenticata, ma tradizionale delle sinistra storica: un po’ di generosità, accettando di stare in lista, pur sapendo di non essere eletti. Un modo anche questo per continuare la battaglia. I più giovani - come lei - potranno trarre da questo atteggiamento titolo di merito per le future immancabili occasioni.
    Posso infine, da irregolare impenitente, richiamare un’altra dote della sinistra storica? La disciplina: una volta assunte le decisioni, si lavora uniti. Quanto ci mancano, generosità e disciplina!

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