Non capita ogni mille anni!

19 Novembre 2013
2 Commenti


Antonio Franco Fadda - geologo

Dal dr.  Antonio Franco Fadda riceviano e volentieri pubblichiamo.

Da più parti questa mattina sono stato interpellato per fornire informazioni sulla reale situazione creatasi  in Sardegna in queste ultime ore e sui motivi di tali disastri ricorrenti.
Dopo aver sentito  il Presidente Cappellacci  sostenere che si tratta di un evento che capita ogni MILLE anni (sic!) mi sono sentito come coloro che, pur consapevoli, sono però  incapaci di far fronte alle situazioni.
Ritengo  pertanto sufficiente  rinviare il comunicato stampa da me trasmesso il 22 ottobre 2008 (sono passati cinque anni e un mese)- in qualità di Presidente del PAT -  Professioni Intellettuali dell’Area Tecnica della Sardegna e dell’Ordine dei Geologi.  Anche allora si parlava di eventi eccezionali con cadenza millenaria……
Al comunicato allegai un elenco di eventi registrati negli ultimi due secoli (che pubblicheremo domani).
Oggi purtroppo poco è cambiato, tanto che sembra  sufficiente aggiungere a quell’elenco qualche altro evento e qualche altra vittima.
Cordiali saluti
Antonio Franco Fadda

ANTONIO FRANCO FADDA GEOLOGO
Cagliari 22 ottobre 2008
OGGETTO: comunicato sulle calamità del 22 ottobre 2008
Eventi eccezionali ed eventi ricorrenti.
Constatata il continuo ripetersi di eventi cosiddetti eccezionali ci sarebbe da chiedersi se per caso le piogge di particolare intensità non siano eventi ricorrenti, quindi prevedibili e pertanto con possibilità “d’attrezzarsi” al fine di evitarne gli effetti disastrosi.
Come è noto la Sardegna soffre il periodico verificarsi di calamità geologiche che sono all’origine di danni e dissesti di notevole gravità, con costi elevatissimi per interventi di risanamento e ripristino delle infrastrutture, calo di produttività e perdite di vite umane che gravano sulla collettività .
I geologi tuttavia sanno bene che i disastri che negli anni si susseguono non sono attribuibili al caso o al clima impazzito, ma piuttosto a fenomeni ben conosciuti, per i quali sono stati reiteratamente sollecitati presso gli organismi competenti: una pianificazione equilibrata, studi approfonditi per tutte le specificità tecniche, interventi adeguati e, soprattutto, controlli efficaci.
È doveroso evidenziare, inoltre, che nella situazione attuale assumono carattere di pericolosità non solo gli eventi piovosi eccezionali, ma anche le precipitazioni poco più che normali, ed i motivi sono di solito da imputarsi alla mancanza di opere atte a prevenire le piene o a limitarne gli effetti o, peggio, ad interventi errati o inadeguati.
Le piogge del 22 ottobre 2008 hanno puntualmente messo in evidenza, ancora una volta, le gravissime carenze in materia di pianificazione e di realizzazione di adeguate opere per la difesa idrogeologica.
Una delle caratteristiche del clima in Sardegna, come è noto, è l’evento a forte concentrazione, ossia una notevole intensità di pioggia in un periodo di tempo limitato. Per tale motivo sarebbe necessario verificare ed intervenire sulle opere di attraversamento e difesa (ponti, briglie…) dei corsi d’acqua che sono state progettate prendendo come riferimento regimi pluviometrici diversi dall’attuale.
Le piogge a forte intensità che periodicamente si verificano ripropongono purtroppo, sia nelle aree rurali della Sardegna sia in quelle urbane, l’intera gamma delle criticità strutturali e dei problemi irrisolti.
Ora si assiste al collasso del sistema di deflusso delle acque della Città di Cagliari, della Frazione di Pirri, del Comune di Monserrato, e ancora una volta nella cittadina di Capoterra dove, si devono nuovamente lamentare delle vittime. La sintesi degli eventi piovosi che si allega mostra come gli effetti calamitosi potessero essere evitati, almeno negli ultimi decenni.
Per quale motivo ciò non si è verificato? Naturalmente il problema è complesso, gli interventi efficaci impongono sacrifici, vincoli, spese, rinunce e non sempre si è disposti a farli, anche perché buona parte degli amministratori e dei cittadini non sembrano avere consapevolezza della cruda realtà. Le ragioni di questa carenza conoscitiva sono da individuare nel fatto che l’Italia è un paese con una scarsa cultura geologica (tra i cittadini e tra gli amministratori) e la Sardegna non fa eccezione. Mentre tutti i Comuni della Liguria, ad esempio, hanno il loro piano di protezione civile, nella nostra Regione sono molto pochi finora quelli che hanno pensato di dotarsene.
Nel 2005 è entrato in vigore il P.A.I. dal quale ci si attendeva molto, ma le cui potenzialità hanno fino ad oggi promosso più effetti sulle progettazioni che sulla pianificazione. Se è vero, infatti, che diversi Comuni si sono attivati fattivamente e con serietà, la gran parte stenta ancora oggi a commisurarsi in modo razionale e moderno con l’intero impianto di tale strumento legislativo, in particolare con quel che riguarda la discussa ma certamente innovativa parte dei vincoli e della disciplina del P.A.I.
In più occasioni è stato posto il problema di chi possa o debba garantire il pieno rispetto delle Norme di Attuazione del Piano, gran parte delle quali sono finalizzate alla prevenzione, e in buona sostanza, di quale sia il soggetto regionale cui spetta la sorveglianza sulle norme ai fini concessori urbanistici. Gli stessi Servizi del Genio Civile regionale attualmente possono controllare solo le pratiche inoltrate dai Comuni, ovvero delle istruttorie relative al rilascio di concessioni promosse da quelli più attenti, ma nulla hanno potuto fare per la verifica dell’operato di ciascuna Amministrazione Comunale. Si richiama tale fatto perché ancora oggi numerosi Comuni interessati non hanno fatto propria l’attuazione delle Norme PAI e ciò con grave pregiudizio per la sicurezza.
Nello specifico anche la Regione è parsa piuttosto distratta o almeno in ritardo, specialmente per quanto riguarda il rispetto delle norme che prevedono l’opera del geologo; non a caso la Sardegna, è tra le regioni italiane che spendono meno come prevenzione ed è invece tra quelle che spendono di più a causa dei danni provocati da disastri in gran parte evitabili.
A dire il vero nell’Isola le decisioni sulle problematiche ambientali, sulla difesa del territorio, (in particolare per la dinamica delle coste) sono frequenti, tuttavia difficilmente ai programmi fanno seguito azioni concrete. È ormai cosa nota, che alla base degli interventi di uso e trasformazione del territorio debba necessariamente esserci uno studio geologico approfondito, ma in Sardegna questa prassi, da tempo adottata in tutti i paesi avanzati, non sembra essere conosciuta e, infatti, è la regione italiana che utilizza meno i geologi. Nella pubblica amministrazione sono presenti in numero esiguo, anche se negli ultimi anni la Regione Sardegna ha bandito diversi concorsi e selezioni per il reclutamento di esperti in materie ambientali che spesso riguardavano competenze specifiche del geologo, escludendo inspiegabilmente questa figura professionale.
Da ciò deriva il fatto che gli studi geologici vengono verificati da tecnici senza le conoscenze specifiche nel campo e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Per citare un caso emblematico riguardante la scarsa conoscenza delle competenze del geologo basterà ricordare la sua esclusione dal Comitato Scientifico per il Piano Paesaggistico Regionale o in alcuni importanti progetti quali gli studi di variante al PAI. In questi casi non si è tenuto conto del fatto che la geologia non può essere considerata semplicemente come una specializzazione tecnica capace di affrontare i problemi solo in maniera settoriale.
Naturalmente si segue con attenzione lo sforzo in atto in Sardegna per tutelare l’ambiente in un’ottica di gestione sostenibile del territorio, ma ciò rende ancora più strana l’ esclusione dei geologi dalle categorie di esperti consultate e il loro scarso utilizzo nella pianificazione dei sistemi costieri, delle acque e dei suoli, perché è indispensabile che lo studio della realtà e la gestione di queste risorse siano sempre effettuati con rigore scientifico.
La Geologia è una scienza moderna, nel cui ambito rientrano altre discipline più specialistiche: Idrogeologia, Geomorfologia, Sedimentologia, Geotecnica, che si avvale di metodi e di strumentazioni avanzate per definire, prevedere e controllare i fenomeni naturali.
Poiché i sistemi naturali come quello sardo presentano molte variabili è indispensabile l’utilizzo di
esperti che ne sappiano prevedere le modificazioni o le reazioni indotte dagli interventi dell’uomo.
Dove la cultura geologica di massa è sufficiente la materia è riconosciuta come parte integrante della vita quotidiana per la sua capacità di capire i fenomeni, sviluppare le metodologie e
metterle a disposizione degli Enti di gestione del suolo, del sottosuolo e della prevenzione dei rischi naturali e dell’inquinamento.
La Sardegna è una regione ad alto rischio Idrogeologico tuttavia ancora non dispone di un servizio geologico in grado di affrontare i problemi proporre le soluzioni studiare e prevenire i fenomeni.
Con tutta evidenza, gran parte dei disastri ambientali sono dovuti all’ignoranza delle norme più elementari o all’inerzia delle amministrazioni le quali non si dotano del personale con le competenze specifiche riguardanti i vari aspetti di cui necessita un oculato controllo del territorio. Le conseguenze sono evidenti con frequenti modificazioni di tipo paesaggistico, dell’assetto idrogeologico, della stabilità dei versanti, dell’inquinamento dei corsi d’acqua.
Nonostante la delicatezza dei problemi idrogeologici e delle situazioni di criticità nessun Comune dell’Isola, incluso il capoluogo, vede nel suo organico un professionista con la qualifica di geologo. Non ci sarebbe da meravigliarsi in una regione dove l’ignoranza nel campo geologico ha portato, nel 2006, un ente locale ad affidare ad un rabdomante l’incarico per il censimento e la ricerca di risorse idriche.
Come è noto l’isola è penalizzata da colpevoli omissioni nel far rispettare le norme, nello studio e nella gestione dell’ambiente, non a caso è la regione italiana che utilizza meno la figura del geologo, ossia del tecnico che studia le dinamiche fisiche dell’ambiente, comprende i processi fisici che le governano e fornisce dati fondamentali per una corretta pianificazione e progettazione.
Il problema dell’assetto idrogeologico dell’isola quindi dovrà necessariamente essere ripensato, ma nell’immediato ogni intervento dovrà essere attentamente verificato sia in fase di studio che di attuazione, da tecnici con competenze specifiche e, soprattutto, è necessario far le norme prevedendo pesanti sanzioni per i responsabili delle omissioni e delle dimenticanze. In tal modo forse non tutto si potrà risolvere ma potranno farsi notevoli progressi anche in un periodo ragionevolmente breve.

2 commenti

  • 1 ignazio
    22 Novembre 2013 - 11:58

    Complimenti! Le argomentazioni addotte da un esperto affidabile cancellano polemiche futili e demagogia.Rimboccarsi le maniche e lavorare seriamente per contenere la forza della natura,solo così si evitano i disastri e si scongiurano perdite umane e materiali.

  • 2 Alessandro De Stefanis
    22 Novembre 2013 - 11:59

    Impegnato da decenni in attività di “difesa del suolo” e, negli ultimi anni, purtroppo, “solo” a fianco dei cittadini e delle amministrazioni colpite dalle cosiddette “catastrofi idrogeologiche” per “rimediare (sic!)” ai pesanti “danni alluvionali”, condivido interamente e sottoscrivo quanto pone in evidenza il collega dottor Fadda.
    Aggiungo: tra le cause dei danni e delle vittime di queste sciagure, agli eventi naturali non dobbiamo affiancare soltanto innumerevoli scelte antropiche sconsiderate (pianificatorie, urbanistiche edificatorie, infrastrutturali) ma anche veri e propri madornali ERRORI che derivano dalla assenza (tra chi ha progettato e fatto eseguire le opere) del “tecnico che studia le dinamiche fisiche dell’ambiente”, come dice Fadda, ossia del geologo. Per esempio, in Liguria, sta emergendo un’enorme mole di inconfutabili prove degli effetti e delle conseguenze deleterie che hanno le “briglie” in alveo nello sviluppo delle “colate di fango”, che hanno sotterrato paesi interi. Queste opere trasverali hanno causato l’accumulo di migliaia di metri cubi di sedimenti lungo gli alvei (naturalmente assai spesso in roccia e, viceversa, resi improvvidamente “pensili”), hanno innalzato le quote del colmo delle onde di piena, hanno indotto erosion dei versanti ancora una volta a quote innaturali e non avvezze a resistere a correnti veloci, non sufficientemente “manutentate” hanno ceduto, provoncado l’evoluzione di una piena (di acqua) in un dèbris flow, ossia in un fenomeno franoso notoriamente eccezionalmente devastante.
    Alessandro De Stefanis

Lascia un commento