Tuvixeddu: megarisarcimento, il giudizio finale è là da venire

5 Febbraio 2014
3 Commenti


Andrea Pubusa

Non vi sembra un paradosso che la Regione debba pagare a Cualbu ben 77 milioni (proprio così, milioni!) per Tuvixeddu? E per quale grave misfatto una sanzione pecuniaria così severa? Nientemeno che per aver cercato di salvare il salvabile della più grande necropoli punica al mondo. Anziché una medaglia, dunque, una vera e propria stangata.
Certo, se il collegio arbitrale ha stabilito queste somme qualche ragione ci sarà. Gli arbitri in questo caso erano senz’altro illustri ed esperti giuristi. Senza conoscere le carte è sempre avventuroso esprimere giudizi, ma più che un risarcimento sembra trattarsi di una  penale pari a nientemeno che 39 mila euro al giorno. Evidentemente il contratto stipulato fra l’Amministrazione e Coimpresa è come suol dirsi un accordo capestro, un po’ come i padroni delle squadre con grandi campioni che fissano clausole rescissorie stratosferiche per scoraggiare la rottura dei contratti e l’acquisto dei loro gioelli. Ma qui si tratta di un’amministrazione e occorre dunque capire come e perché si è giunti a questo. Viene così in ballo l’allora amministrazione di Cagliari di centrodestra che ha stipulato con Coimpresa l’accordo di programma.
Cappellacci, con scarso buon gusto e senso delle istituzioni, mette subito le mani avanti e incolpa Soru. Lascia intendere che chiederà alla Corte dei conti di condannare  gli amministratori “colpevoli” del blocco dei lavori al risarcimento della Regione, cioè sempre Soru. Non si avvede il Presidente in carica che si sta dando la zappa sui piedi. Glielo aveva ricordato proprio Cualbu nel maggio scorso, all’atto della pubblicazione del lodo. L’imprenditore fonnese osservava allora che se è vero che Soru ha spento le betoniere, è altrettant0 vero che Cappellacci non le ha riaccese. Come dire, la responsabilità personale, se c’è, sarebbe di entrambi. E poi sono tanti i protagonisti di questa procedura, non certamente esemplare.
La Corte dei conti, poi, condanna solo se il danno è prodotto con dolo o colpa grave. E non sarà facile in giudizio provare l’esistenza di questo indispensabile elemento psicologico. Non solo. La Corte dei conti deve anche fare un bilanciamento fra costi  e benefici. Siamo certi che salvare alla posterità questo irripetibile patrimonio storico-culturale non valga una penale anche alta? Il Giudice contabile ha, nel condannare. un potere riduttivo, cioé può condannare i responsabili del  danno ad una somma inferiore ad esso o anche assolverli, in ragione del beneficio che l’azione produttiva del danno patrimoniale arreca alla comunità. E certo salvare Tuvixeddu, anche se con strumenti giuridicamente approssimativi, ha un valore positivo inestimabile. Ma pensare che Cappellacci possa avere questi pensieri è come credere che un contabile possa scrivere un trattato di filosofia.
Comunque, si sta correndo. Prima della Corte dei Conti c’è il giudizio di impugnazione del lodo arbitrale davanti alla Corte d’appello civile. Ed ora siamo esattamente a questo punto. C’è da considerare la sentenza del Consiglio di stato che ha dato ragione alla Regione. Cualbu, dunque, prima di buscare il tesoro, deve aspettare il giudizio finale. E - si sa - nelle cause vince chi ha la sentenza definitiva a proprio favore, non contano, se non nell’immediatezza, i gradi precedenti del giudizio. Cualbu, che è persona accorta, questo ben lo sa, e dovrebbe dunque evitare dichiarazioni e azioni che alla lunga possono rivelarsi infondate.
E Cappellacci? Quando tace l’azzecca sempre. In questo momento, anziché abbandonarsi ad affermazioni autolesive e di pessimo gusto, mostri finalmente senso dell’istituzione e faccia l’unica cosa doverosa e utile.  Rassicuri l’opinione pubblica mondiale sulla salvaguardia della necropoli punica e coltivi nel modo più efficace possibile il giudizio d’impugnazione del lodo davanti alla Corte d’appello di Roma. Anziché dare la Regione per perdente con le sue sconcertanti dichiarazioni, si impegni a ribaltare questa decisione arbitrale che, almeno a chi - come chi scrive - non conosce le carte processuali, appare senz’altro eccessiva e sconcertante. Il giudizio finale è ancora tutto da scrivere.

3 commenti

  • 1 Tuvixeddu: prima di tutto salvaguardare la necropoli punica, irripetibile e inestimabile patrimonio storico-culturale | Aladin Pensiero
    6 Febbraio 2014 - 02:58

    […] Tuvixeddu: megarisarcimento, il giudizio finale è là da venire Andrea Pubusa, Democraziaoggi […]

  • 2 Renato Monticolo
    6 Febbraio 2014 - 11:59

    Il ragionamento non fa una grinza, pone però delle domande sugli “antefatti”. Se l’Impresa Cualbu ricorre contro l’interruzione dei lavori significa che, a monte, c’è stata una autorizzazione ai lavori. E’ qui che i conti non mi tornano. Come si può pensare ad una licenza edilizia che comprometta Tuvixeddu? Chi l’ha concessa e sottoscritta ? Dove erano i severi controllori del Patrimonio Archeologico dello Stato? Vi sono dei responsabili in solido della “folle autorizzazione di licenza edilizia”? Sarebbe “interessante” avere risposte.

  • 3 alfonso stiglitz
    8 Febbraio 2014 - 17:49

    Condivido, ovviamente, il suo intervento.
    Leggendo del contenzioso mi è sorto un dubbio, da cittadino e da abbonato del Teatro Lirico, per cui le chiedo un parere da giurista: Cualbu ha avviato un contenzioso multimilionario con la Regione, con tanto di minaccia di pignoramento; contemporaneamente siede nel consiglio di amministrazione del Teatro Lirico in qualità di rappresentante della Regione. Se dal punto di vista etico non ho dubbi che avrebbe dovuto dimettersi, nel momento in cui ha deciso di attivare il contenzioso, dal punto di vista giuridico è compatibile?
    Cordialmente
    Alfonso Stiglitz

    Risposta

    Caro Stgliz,

    anche se si tratta di settori differenti, credo anch’io che ci sia una qualche inopportunità nell’essere in lite con la Regione e, al tempo stesso, fiduciario di essa. In mancanza di dimissioni volontarie, dovrebbe essere il presidente della Giunta a sollecitarle o ad assumere le inziative per una revoca motivata. Ma io credo che Cappellacci non percepisca la distinzione fra ruolo istituzionale e sue affinità personali. Del resto, lo ha dimostrato a caldo, dopo la decisione cautelare e provvisoria della Corte d’appello di Roma, attaccando Soru anziché difendere la Regione. Tanto più che la Corte d’appello è investita dell’impugnazione e la decisione finale è ancora di là da venire. Al momento è sulla difesa della Regione in giudizio che bisogna concentrarsi, senza concedere nulla alla propaganda elettorale. Ma chiedere questo a Cappellacci sembra davvero troppo.

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