Frida Khalo, a Roma una mostra di una grande compagna

30 Marzo 2014
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Andrea Pubusa 

 

A Roma, anche quando si va per convegni non proprio esaltanti, come sono, di solito, quelli di diritto amministrativo, c’è sempre da distrarsi. Alle Scuderie del Quirinale c’è una mostra di Frida Kahlo. Questa donna straordinaria ripeteva spesso che nella vita aveva avuto due disgrazie. La prima fu un terribile incidente che da adolescente le causò la frattura multipla della spina dorsale, del bacino, lo schiacciamento di un piede e la condannò ad una vita di dolore e sofferenza. La seconda fu l’incontro con Diego Rivera, il grande pittore di murales che sposò due volte, con cui visse un amore travolgente ricco di tradimenti e rotture, che sosteneva fosse “certamente la peggiore”. E nella sua pittura c’è tanto dolore e tanta gioia.
Magdalena Carmen Frieda, nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán, era la terza di quattro figli di una copia piuttosto singolare, padre ebreo ateo di origine ungherese- tedesco, madre cattolica messicana indigena. Con l’ascesa del sentimento antifascista in Messico decise di cambiare il suo nome in Frida. Studentessa di medicina alla prestigiosa Escuela National Preparatoria, i suoi progetti cambiarono a 18 anni quando l’autobus su cui viaggiava fece un incidente e una sbarra di ferro la trafisse. Dopo varie operazioni e mesi d’ospedale, l’attese una lunga convalescenza durante la quale iniziò a disegnare e a dipingere. Nacque così una passione per l’arte forte quanto il suo prodigioso talento. La mostra alle Scuderie del Quirinale - come ha ben sottolineato su Repubblica Valentina Tosoni - raccoglie un’esauriente parte della sua produzione, e mette in luce tematiche, riferimenti, simboli, colori, tutte qualità che rendono il suo lavoro unico nel panorama mondiale. Oltre quaranta dipinti, tra cui il celeberrimo “Autoritratto con collana di spine e colibrì” del 1940, per la prima volta esposto in Italia, o l’”Autoritratto con abito di velluto” del 1926, dipinto a soli 19 anni ed eseguito per l’amato Alejandro Gòmez Arias, dove il suo collo allungato ricorda l’estetica di Modigliani. Una selezione di disegni completa il progetto, tra cui il Bozzetto per “Henry Ford Hospital” del 1932, il famoso corsetto in gesso che tenne Frida prigioniera negli ultimi difficili anni della sua malattia. Ed è nel vedere il corsetto, che mi sono commosso, al centro in alto ben in vista c’è disegnata la falce e martello in rosso, a voler indicare la tragedia sua personale e dei popoli e la speranza di un riscatto nell’ideale del comunismo. Questo aspetto viene messo in ombra quasi a voler cancellare che allora gran parte della democrazia militante e combattente contro i fascismi e lo sfruttamento si raccoglieva sotto la bandiera rossa e il simbolo della lotta allo sfruttamento erano gli strumenti più semplici del lavoro manuale, la falce e il martello appunto., E fu  quella spinta, insieme ad una grandiosa mobilitazione democratica, a fare piazza pulita del nazifascismo e a ridarci la democrazia, sancita nelle grandi Carte del secondo dopoguerra, non a caso, oggi sotto attacco nel mondo come in Italia.

Poi Frida è stata un po’ dimenticata. Ma oggi rifulge con la sua forza e i suoi ideali. Ma sono questi ad essere stati espunti dalla sua riscoperta. Ma per capire veramente, lei e la sua arte, bisogna scoprire dietro i suoi quadri, il grande ideale ugualitario che la muove.

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