Il governo di pochi

6 Luglio 2014
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Matteo Mainardi

L’attacco del PD, stavolta nientemeno d’intesa coi leghisti, alla Costituzione e alle prerogative costituzionali degli italiani si dispiega su vari fronti, anche su quello dell’iniziativa popolare delle leggi. L’oligarchia si consolida non solo con leggi elettorali-truffa, ma anche eliminando o rendendo impraticabili gli istituti di democrazia diretta. Ecco un articolo apparso su Il Manifesto di ieri sulla proposta Finocchiaro- Calderoli di modifica dell’art. 71 Cost.

Il secondo comma, l’articolo 71 della Costi­tu­zione recita: «Il popolo eser­cita l’iniziativa delle leggi, mediante la pro­po­sta, da parte di almeno cin­quan­ta­mila elet­tori, di un pro­getto redatto in arti­coli». Essendo in fase di revi­sione costi­tu­zio­nale, in I Com­mis­sione al senato i rela­tori Finoc­chiaro (Pd) e Cal­de­roli (Lega Nord) hanno ben pen­sato di met­ter mano a que­sto stru­mento di par­te­ci­pa­zione demo­cra­tica. Con un emen­da­mento appro­vato gio­vedì, le firme neces­sa­rie per pre­sen­tare una pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare pas­sano da 50mila a 250mila: il quintuplo.
Inter­viene nel pub­blico dibat­tito Marco Cap­pato, pro­mo­tore della cam­pa­gna per la lega­liz­za­zione dell’eutanasia: «Aumen­tare le firme neces­sa­rie per pre­sen­tare una pro­po­sta sarebbe stato ragio­ne­vole se si fosse garan­tito allo stesso tempo un ter­mine certo per la loro calen­da­riz­za­zione». Ter­mine invece rin­viato dai rela­tori ai rego­la­menti par­la­men­tari sui quali si dovrà lavo­rare e che avranno ine­vi­ta­bil­mente meno influenza del det­tato costi­tu­zio­nale sul legislatore.
Se la Camera con­fer­merà que­sta scelta, i par­titi pre­senti in Par­la­mento vedranno ulte­rior­mente aumen­tato il loro potere potendo o meno calen­da­riz­zare una pro­po­sta di legge popo­lare su cui cen­ti­naia di migliaia di cit­ta­dini ita­liani si sono ritro­vati. «Disin­cen­ti­vare l’iniziativa popo­lare è un fatto grave», con­ti­nua Cappato,«che cor­ri­sponde — in coin­ci­denza con l’abrogazione dell’elezione diretta al Senato e nelle città metro­po­li­tane — al dise­gno di ridurre ulte­rior­mente gli spazi di demo­cra­zia e par­te­ci­pa­zione in Italia».
Se a mag­gio il Pre­si­dente del Con­si­glio Renzi diceva: «L’Europa va cam­biata, sia più vicina ai cit­ta­dini», pas­sato il tempo delle ele­zioni sem­bra che il ten­ta­tivo sia quello invece di allon­ta­nare l’Italia dagli ita­liani dimen­ti­can­dosi ben pre­sto di quell’Europa dove le firme per atti­vare stru­menti di par­te­ci­pa­zione pos­sono essere rac­colte anche online, senza un notaio o un cancelliere.
Men­tre sten­tano ad alzarsi voci di dis­senso tra i par­la­men­tari, l’impressione è quella di assi­stere al defi­ni­tivo con­so­li­da­mento di quella dege­ne­ra­zione par­ti­to­cra­tica da tempo denun­ciata da forze poli­ti­che, nume­ri­ca­mente ed elet­to­ral­mente pic­cole ma non per que­sto meno com­bat­tive, come i Radi­cali.
Nel frat­tempo, men­tre si revi­sio­nano le pro­ce­dure per osta­co­lare l’iniziativa popo­lare, le 29 pro­po­ste già in attesa tra camera e senato, non tro­vano spazi nelle agende parlamentari.

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