Il mito della Brigata Sassari

18 Agosto 2014
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Il mito della Brigata Sassari
da  http://www.brigatasassari.it/default.asp?site_id=300&idpage=474&
di Roberto Pilia

La necessità di dare una risposta alle tante domande che mi sono posto su 4 anni di guerra della Sassari mi portano a  focalizzare l’attenzione anche sugli aspetti socio culturali, e perché no anche politici, che furono lo spirito e il fulcro di quell’agire “guerriero” che fece conquistare alla Brigata Sassari quell’aura di leggenda ed eroismo che la accompagna da cento anni.

Come accennato non riesco a dare un significato concreto e contestualizzato al termine “coraggio”, è per me difficile definirlo a freddo, senza essere coinvolti in prima persona. Sulle gesta della Brigata tanto si detto, narrato, scritto, eppure i più non riescono ad avere una visione nitida di come si concretizzò quell’unico pensare ed agire che diede risalto nazionale, e non solo, alle gesta dei soldati di allora.

I fattori che crearono il mito

Si fa così strada la convinzione che tanti e diversi furono i fattori che costruirono il mito della Brigata Sassari e lo resero quasi indistruttibile, ritengo inoltre che questi aspetti furono tutti di carattere autoctono, fra questi ma non solo:

-         molte squadre furono formate, come già detto, dai componenti di un unico parentado, in questo modo si veniva a creare un organismo autonomo in termini di spirito di corpo, di responsabilità, di forza  e  coesione;

-        la naturale tendenza del sardo  a  primeggiare,  a porre in evidenza la “balentia” del singolo,  induceva  all`emulazione;

-       la capacità del sardo di vivere in competizione con la natura avversa. Questo ha sempre fatto l’uomo di Sardegna, per il quale la guerra quotidiana contro il destino rientrava nella normalità delle cose della vita, anche se il sardo questa guerra preferisce farla in “su connottu” e con delle ragioni e per delle motivazioni che riconosce proprie nel profondo;

-       altri gruppi furono formati da soli compaesani: nessuno di questi sarebbe potuto rientrare in paese senza aver adempiuto al proprio dovere, anche solo essendoci obbligato. Posso però pensare che tutti i nostri soldati, se avessero potuto, avrebbero lasciato la trincea e fatto ritorno a casa, per combattere comunque una guerra, ma una guerra che già conoscevano e per la quale valeva la pena anche morire: quella per la terra, per la vita e il sostentamento della famiglia;

I grandi risultati ottenuti dalla Brigata nei vari combattimenti sostenuti contro gli Austriaci, determinarono la nascita della leggenda e contribuirono, se mai ce ne fosse stato bisogno, all’ordinanza, del dicembre 1915, secondo la quale i sardi appartenenti ad altre brigate sarebbero dovuti confluire, tutti, nelle file della Sassari. In questo modo si tese a differenziare ancora di più la forza belligerante del sardo, “piccolo e scuro, con gli occhi sfavillanti e l’animo bellicoso …” da quella delle altre forze armate.
http://www.brigatasassari.it/default.asp?site_id=300&idpage=474&

 

Il mito della Brigata Sassari

La necessità di dare una risposta alle tante domande che mi sono posto su 4 anni di guerra della Sassari mi portano a  focalizzare l’attenzione anche sugli aspetti socio culturali, e perché no anche politici, che furono lo spirito e il fulcro di quell’agire “guerriero” che fece conquistare alla Brigata Sassari quell’aura di leggenda ed eroismo che la accompagna da cento anni.

Come accennato non riesco a dare un significato concreto e contestualizzato al termine “coraggio”, è per me difficile definirlo a freddo, senza essere coinvolti in prima persona. Sulle gesta della Brigata tanto si detto, narrato, scritto, eppure i più non riescono ad avere una visione nitida di come si concretizzò quell’unico pensare ed agire che diede risalto nazionale, e non solo, alle gesta dei soldati di allora.

 

 I fattori che crearono il mito

Si fa così strada la convinzione che tanti e diversi furono i fattori che costruirono il mito della Brigata Sassari e lo resero quasi indistruttibile, ritengo inoltre che questi aspetti furono tutti di carattere autoctono, fra questi ma non solo:

-         molte squadre furono formate, come già detto, dai componenti di un unico parentado, in questo modo si veniva a creare un organismo autonomo in termini di spirito di corpo, di responsabilità, di forza  e  coesione;

-        la naturale tendenza del sardo  a  primeggiare,  a porre in evidenza la “balentia” del singolo,  induceva  all`emulazione;

-       la capacità del sardo di vivere in competizione con la natura avversa. Questo ha sempre fatto l’uomo di Sardegna, per il quale la guerra quotidiana contro il destino rientrava nella normalità delle cose della vita, anche se il sardo questa guerra preferisce farla in “su connottu” e con delle ragioni e per delle motivazioni che riconosce proprie nel profondo;

-       altri gruppi furono formati da soli compaesani: nessuno di questi sarebbe potuto rientrare in paese senza aver adempiuto al proprio dovere, anche solo essendoci obbligato. Posso però pensare che tutti i nostri soldati, se avessero potuto, avrebbero lasciato la trincea e fatto ritorno a casa, per combattere comunque una guerra, ma una guerra che già conoscevano e per la quale valeva la pena anche morire: quella per la terra, per la vita e il sostentamento della famiglia;

I grandi risultati ottenuti dalla Brigata nei vari combattimenti sostenuti contro gli Austriaci, determinarono la nascita della leggenda e contribuirono, se mai ce ne fosse stato bisogno, all’ordinanza, del dicembre 1915, secondo la quale i sardi appartenenti ad altre brigate sarebbero dovuti confluire, tutti, nelle file della Sassari. In questo modo si tese a differenziare ancora di più la forza belligerante del sardo, “piccolo e scuro, con gli occhi sfavillanti e l’animo bellicoso …” da quella delle altre forze armate.

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