L’insolito ignoto: Tiberio Murgia

27 Luglio 2014
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Gianna Lai 

L’insolito ignoto. Vita acrobatica di Tiberio Murgia. Regia di Sergio Naitza, è stato replicato a Villa Muscas in questi giorni. Ecco una recenzione di Gianna Lai.

E’ di nuovo attore Tiberio Murgia, nel film di Sergio Naitza, a fianco dei grandi interpreti che, dopo tanto tempo, continuano a parlare di lui. Nella finzione, quando scorrono le immagini de ‘I soliti ignoti’ e di spezzoni di tanti suoi film, nella realtà, quando Mario Monicelli, Claudia Cardinale, Lando Buzzanca e Goffredo Fofi, lo ricordano, guardando in macchina, per tornare alla storia di un cinema ancora vivo e fecondo. E che ancora sollecita artisti e registi a rivederlo con sguardo critico, pur concentrando l’attenzione sul singolo protagonista, come avviene nel film di Naitza. Un racconto inedito, che gioca sul vero e sul falso, a riprodurre ciò che il cinema produce, e che lascia tracce indelebili se, come diceva la Cardinale, il personaggio, l’attore, sa attraversare lo schermo e trascinare il pubblico, gli spettatori, dentro la storia. Anche quando la vita è agli sgoccioli, sta venendo meno in quegli occhi che continuano ad osservare il mondo di traverso, dall’alto, quasi a voler mantenere chissà quali distanze, non si sa nemmeno da chi. Non dagli spettatori, che lo hanno sempre riconosciuto come uno di loro, in quella sua capacità di rappresentare la vita con sguardo tra il beffardo e il sarcastico. (ironica) Prendere in giro se stessi e i propri vicini per alleggerire il mondo, già così difficile con tutte quelle fabbriche e quelle industrie, dove pastori e contadini imparano nuovi mestieri, e nuove relazioni, tuttavia, che conducono a crescita e maturazione movimenti mai visti dal dopoguerra in poi. E che portano Tiberio a iscriversi al Partito Comunista e a volerne seguire scelte e vita politica, come lui tiene a precisare nel film di Naitza. Certo non mantenere distanze dai grandi registi, che lo hanno diretto e che gli facevano tremare le vene i polsi. Nè dagli attori, uno dei passaggi più belli del film di Naitza, ai quali non riesce a dare del tu per estrema timidezza e modestia, e che lo stimano, ne riconoscono qualità e sentimento in quella sua recitazione da caratterista, ruspante, privo di scuola, come resterà fino alla fine del suo lavoro. Senza crescita, potremmo aggiungere noi frequentatori di cinema da giovani, che lo abbiamo seguito fin dai suoi primi film. Naturalmente ruspante, per essere riconosciuto sempre come il siciliano ferry…botte, che il cinema del tempo ha saputo valorizzare. Perchè c’era la rivoluzione degli anni sessanta, e un siciliano appena sbarcato dall’antica Sicilia sapeva rappresentare tutti i meridionali, impacciati e in balia della grande trasformazione. Personaggio così ingenuo e naif, quando pretende di trasferire al nord convinzioni e incredibili mentalità del passato, avrebbe dovuto, l’attore, trovare poi forme diverse dell’espressione, per rappresentare una umanità nuova nel cinema del cambiamento, alle prese col mondo del dopo sessantotto. Sì da non essere irretito, come il testo racconta bene, nello stereotipoo dei film da cassetta e di seconda visione.

Mantenere forse le distanze, con quello sguardo un pò miope ‘rivolto sempre al domani’, da tutti quei parenti e amici e vicini di casa che, durante le interviste, sembrerebbero volerne spiazzare il mito, riducendo il personaggio ad una normale umanità, più debole che forte. E così quotidiana anche nel correre sempre appresso alle donne, senza costrutto e consapevolezza, come se mancasse qualcosa alla pur densa e ricca e, si pensa, appagante, esistenza del personaggio cinematografico. Ma se il riconoscimento di una scanzonata proverbiale immaturità, lo riconoscesse anche indenne dall’assumersi carichi e responsabilità, secondo i personaggi delle sue interpretazioni, sarebbe totale la rivincita dell’attore nei confronti degli spettatori di oggi, troppo esigenti, nei confronti dei paesani che stentano a comprenderlo, e che il regista Sergio Naitza, e i suoi collaboratori,…. hanno saputo così bene rappresentare.

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