Elogio della disciplina da parte di un indisciplinato

17 Dicembre 2014
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Amsicora

Ditemi: non son penosi coloro che scoprono la compressione della loro libertà nei partiti dopo avere acquisito cariche, onori e indennità? Tanto più quando si tratta di persone ordinarie, diventate deputato per caso o perché miracolate da quello strano e straordinario (nel senso di extra ordinem, irregolare, anomalo) movimento che è il M5S.
In Parlamento il Movimento 5 stelle è una prigione“, dice ex post Paola Pinna, eletta al Parlamento nelle liste di Grillo. “Fiducia cieca nel leader o espulsione” rincara, mentre, armi e bagagli (idest: indennità perlamentare piena) passa al gruppo misto della Camera. E soggiunge, con fierezza, in un’intervista a L’Unione Sarda: “Comunque vada, non ho intenzione di tornare indietro“. Come se a qualcuno (Paola Pinna? Chi è costei?) ne fregasse qualcosa.
La deputata ribadisce che il motivo della presunta mancata restituzione di parte dello stipendio “è un’infamia assoluta” e svela la ragione vera: “mi hanno fatto pagare l’indipendenza di giudizio e le domande scomode”. La prendiamo in parola sul primo punto. Ma, di grazia, quali siano i giudizi e le domande, è un mistero (che - beninteso - la esentiamo dallo svelare!). Ma mettiamo che sia così. E poniamo che sia anche vero che - come dice la Pinna, quanto alle decisioni, Grillo come Berlusconi “guidano entrambi partiti padronali”. In realtà, un distinguo piccolo, piccolo c’è: Berlusconi è sceso in campo per tutelare i suoi interessi e difendere la propria libertà in parlamento con leggi fatte su misura dei suoi inciampi nel codice penale. Grillo non ha preteso neanche di gestire il tesoro del finanziamento pubblico (circa 50 milioni di euro), una montagna di soldi lecitamente acquisita, cui ha rinunciato senza neppure ritirarli. Non vorrà negare chi ha ancora senno che questa è una vera rivoluzione morale in un mondo politico in cui tutti gli altri o quasi rubano o fanno provvista di fondi illecitamente.
Poi la Pinna la butta finalmente in politica e giudica “assurdo” il rifiuto di alleanza di governo “se ti ha votato il 25 per cento degli italiani. Pensavo che avremmo dato un contributo a far nascere il governo. Sbagliavo. Non siamo andati oltre il grido di battaglia ‘tutti a casa’. Era già deciso dall’alto, soggiunge. “Forse Grillo e Casaleggio si sono trovati sulle spalle una responsabilità che non volevano gestire”. Che scoperta! Anche le pietre sanno che la strategia di Grillo, folle o sensata che sia,è sempre stata quella di sbancare il banco, avere la maggioranza assoluta, non fare alleanze con partiti che giudica corrotti fino al midollo e quindi irrecuperabili ad una riforma intellettuale e morale del Paese. Io, ad esempio, ho votato Ingroia perché mi sembrava fare una proposta esigente, ma più articolata. Devo però onestamente ammettere che, dopo tutto quello che abbiamo scoperto del PD, l’assimilazione grillina PD-L che mi sembrava azzardata, non solo non era eccessiva, ma forse peccava per difetto. L’alleanza PD-PDL e ora il patto Renzi-Berlusconi non sono frutto del caso, ma poggiano su una forte interazione, meglio è dire complicità, nella malapolitica e nel malaffare che si sviluppa nei cda degli enti pubblici, nel sottobosco affaristico e mafioso. Dal “sacco di Roma” le basi materiali dell’allenza PD-FI emergono con chiarezza, che solo chi vuol essere cieco può non vedere.
E veniamo alla morale della favola. Il dissenso e la libertà di giudizio sono categorie importanti. Non posso certo essere io, irregolare di sinistra da sempre, a negarlo. Ma è un valore altrettanto importante la disciplina. Questa è una categoria della politica ormai caduta in desuetudine. E’ di moda il cambio di casacca, che tanti liberi pensatori, spesso a libro paga, esaltano, come manifestazione di libertà e come un valore. In realtà, è una delle cause-effetto dello sfascio delle istituzioni repubblicane e dell’etica pubblica. Anche nel centralismo democratico, quando correttamente praticato, c’era un momento di forte dibattito, in cui l’intelligenza e la libertà di giudizio di ciascuno potevano pienamente dispiegarsi, e poi c’era il momento dell’applicazione delle decisioni che richiedeva lealtà e disciplina. Si tratta di due momenti diversi dell’azione politica. Le rotture avvenivano su grandi questioni politiche. Il gruppo del Manifesto, ad esempio, non fece marcia indietro, a rischio dell’espulsione o radiazione, su questione epocali: il rapporto del PCI con l’Unione sovietica, il modo di rapportarsi al sommovimento, studentesco e operaio, del’68 e simili. Erano grandi questioni e le decisioni di allora pesano ancora oggi nella storia italiana. Anzi la nostra storia è figlia delle decisioni di quegli anni. Ma porprio perchè questo era il livello dello scontro, non è un caso che il Movimento di Pintor e Magri, pur nell’aspra polemica politica, mantenne sempre un rapporto dialettico e di rispetto nei riguardi del PCI, tanto che Pintor fu eletto deputato, come indipendente di sinistra, nelle liste del PCI nel 1987 e Magri rientrò nel partito su sollecitazione di Berlinguer, purtroppo prematuramente deceduto.
Ma quelle erano questioni epocali, qui siamo a chi ubbidisce per avere la candidatura e l’elezione e poi scopre la sua libertà di giudizio, mantenendo l’elezione e non rendendo più conto ad alcuno dell’indennità parlamentare. Lì eravamo nella grande politica, qui siamo al semplice borseggio! Per molti sarà un valore, per me è l’esatto contrario. Da indisciplinato impenitente, ho sempre ritenuto la disciplina un ineliminabile valore della politica alta e dell’etica pubblica. Lo dice anche la Costituzione all’art. 54 quando richiede a chi ricopre cariche pubbliche di farlo con “onore e disciplina“. Ma chi se lo ricorda?

1 commento

  • 1 Francesco Cocco
    17 Dicembre 2014 - 23:52

    Caro Amsicora , concordo sul valore della disciplina quando essa è finalizzata al conseguimento di superiori finalità ideali, incarnate da figure-guida che sanno rappresentarle e perseguirle nel quotidiano. Francamente non vedo una tale idealità in figure ineffabili come Grillo e Casaleggio. Ciò che i due hanno saputo fare è dire no a Bersani, uno dei pochi galantuomini ancora presenti sulla scena politica italiana. Con ciò aprendo la strada agli avventurismi di oggi ed alla riabilitazione non solo di Berlusconi e soprattutto del berlusconismo. Bel risultato!!

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