Contro la criminalità, solo caserme o più scuole e democrazia?

2 Febbraio 2015
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Gianna Lai 

Se i Comuni chiedono aiuto alla Regione per fronteggiare i fenomeni della nuova criminalità, la Regione risponde. Pigliaru ha subito detto che ne parlerà con Alfano, col ministro dell’interno, perchè venga lui stesso e sia più presente lo Stato in Sardegna, mettendo a disposizione più forza pubblica. Perchè Pigliaru non si rilegge le conclusioni della Commissione parlamentare sui fenomeni di criminalità in Sardegna? Appena negli anni settanta, la relazione Medici aveva posto come centrale l’istruzione, la Scuola, non le caserme erano la priorità, ma la crescita culturale e democratica che coinvolgesse tutta la popolazione, dai bambini agli adulti.  E fosse da subito segnale di cambiamento per l’isola e di nuovo interesse del Paese e delle Istituzioni. E ci fu più Scuola in quegli anni in tutta Italia, e crescita culturale, e in Sardegna nuova occupazione e nuova consapevolezza delle popolazioni verso le problematiche politico sociali del territorio. Ma se lo dicono tutti che la scuola salva la vita, e che è la prima forma di cittadinanza da garantire alle persone, come mai in Sardegna non si chiede più scuola e più diritto allo studio? Di fronte ai fenomeni della nuova criminalità, non è la chiusura delle scuole il primo importante segnale del venir meno di una politica di welfare, del ritrarsi dello Stato? Ce lo ha detto la Commissione parlamentare Medici, nominata a Roma, or son quarant’anni, facendo propria la preoccupazione dei sardi del tempo. E la lungimiranza delle istituzioni sarde non arriva oggi neppure a fare sua quella stessa preoccupazione e quella risoluzione, per rimandarla noi, questa volta, a Roma, se è vero che si vuole uscire dall’emergenza sicurezza?
Più forza pubblica, mentre si smantellano le scuole e agli altri servizi, non è la risposta giusta. Più caserme e meno democrazia non è una soluzione razionale e convincente. Più stazioni dei carabinieri certo, e più vigili urbani nelle città: son queste le forme di sicurezza che possono essere deterrente al compimento di reati. Ma è velleitario credere che la criminalità e il teppismo siano solo questione di polizia. E allora perché non rivolgersi al ministro dell’Istruzione, ponendo al centro la Scuola e l’istruzione in Sardegna? Non è questo che ha sostenuto  il Centrosinistra in campagna elettorale? Perché non impegnare lo Stato a garantire finalmente il diritto allo studio, secondo Costituzione? E perchè non dire  più scuola per tutti, più Scuola pubblica, in modo che anche i ragazzi figli di disoccupati e cassaintegrati possano frequentarla fino all’Università? E perchè non impegnarsi a interrompere i finanziamenti alla scuola privata, inducendo lo Stato ad aprire, in ogni paese e in ogni quartiere della città, scuole per l’infanzia pubbliche e gratuite in base al reddito? Lo sa la Regione che ci son famiglie che mandano a giorni alterni i bambini alla scuola materna privata, non essendo in grado di pagare le rette altissime, e mancando ogni controllo da parte dello Stato finanziatore? E sapete voi, cari lettori, che tanti bambini sardi disabili restano a casa, a casa, per mancanza di insegnanti di sostegno, senza che la Regione intervenga di fronte a questa grave infrazione all’obbligo scolastico? Certo l’assessore alla cultura e all’istruzione Firinu dice che anche questa Giunta continua, come le altre, a finanziare la scuola privata, perchè, dice l’assessore di Sel, che la privata arriva laddove non c’è il pubblico, sopperisce alla sua mancanza. Cioè i soldi sono dello Stato, mentre il  mercato, con quei finanziamenti,  può farlo liberamente il privato, imponendo rette altissime ed una qualità che nessuno, e tantomeno l’assessore, si preoccupa di controllare. Finanziamenti pubblici laddove lo Stato si rifiuta di essere presente e, a quanto pare, anche la Regione, in assoluta e, sembrerebbe, rivendicata continuità con la Giunta di destra precedente, che rispondeva allo stesso modo quando le si chiedeva più Scuola pubblica. Come se davvero chi amministra dovesse aver a cuore prima di tutto i bambini e i suoi amministrati.
E le leggi elettorali che hanno annullato la vita democratica comunale? I sindaci e le giunte senza consigli comunali rappresentativi divengono il bersaglio di un malessere che prima si esprimeva in forma politica, si scaricava democraticamente sulle istituzioni. Su questo i sindaci e l’Anci possono iniziare una battaglia, possono impegnarsi direttamente e Pigliaru può proporre una nuova legge elettorale regionale rispettosa del principio di rappresentanza.
Non si combatte la criminalità, non si garantisce più istruzione, mentre l’isola va sempre più spopolandosi nei paesi e nei territori dell’interno. Senza vera rappresentatività e senza vera democrazia è sempre più distante la  Giunta Pigliaru dai problemi reali delle persone, dei più poveri e dei più disagiati, vacua la sua politica, gravemente distratta dalle scelte di spartizione dei posti di sottogoverno. che la pongono tristemente in continuità con quella delle altre giunte.  
 

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