Legge elettorale, prove di dietrofront alla Consulta

14 Febbraio 2015
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9.2.2015

 

Pubblichiamo questo interessante articolo dell’autorevole costituzionalista napoletano, anche per le ombre che il tema trattato proietta sulla sorte dell’Italicum e sul ricorso contro la legge elettorale sarda in discussione al Consiglio di Stato il 15 maggio prossimo.

 

Il diritto. La Corte dichiara la que­stione infon­data. Eppure, sono chiare le asso­nanze con la sen­tenza 1/2014 (quella con­tro il Por­cel­lum), che infatti viene ampia­mente citata — come la stessa sen­tenza rife­ri­sce — nell’ordinanza di rimes­sione. Cosa è cambiato?

Appa­ren­te­mente, nulla. La Corte sot­to­li­nea gli ele­menti che dif­fe­ren­ziano la fat­ti­spe­cie in discus­sione da quella oggetto della sen­tenza 1/2014. Si tratta di voto locale, di ele­zione diretta, e di dop­pio turno. Ele­menti cer­ta­mente oggi distin­tivi. Ma va con­si­de­rato che i pro­fili di prin­ci­pio potreb­bero bene supe­rare tali distin­zioni, e che ormai il rife­ri­mento non è più solo il Por­cel­lum oggetto della sen­tenza n. 1/2014, ma in pro­spet­tiva l’Italicum, pro­ba­bile oggetto di pro­nunce future.
Rileva, ad esem­pio, che l’Italicum passi al dop­pio turno con bal­lot­tag­gio. Secondo un’opinione, il bal­lot­tag­gio con­tri­bui­sce alla com­pres­sione della rap­pre­sen­ta­ti­vità delle assem­blee, con­tem­po­ra­nea­mente ridu­cendo le opzioni dispo­ni­bili per l’elettore e collegando a tale ridotta opzione un effetto di tra­sci­na­mento mag­gio­ri­ta­rio senza soglia. Nella sen­tenza 275 la Corte assolve il bal­lot­tag­gio affer­mando che «nel dare il pro­prio voto al sin­daco, la mani­fe­sta­zione di volontà dell’elettore è espres­sa­mente legata alle liste che lo sosten­gono e ciò giu­sti­fica l’effetto di tra­sci­na­mento che il voto al sin­daco deter­mina sulle liste a lui col­le­gate con l’attribuzione del pre­mio del 60 per cento dei seggi. Il mec­ca­ni­smo di attri­bu­zione del pre­mio e la con­se­guente alte­ra­zione della rap­pre­sen­tanza non sono per­tanto irra­gio­ne­voli, ma sono fun­zio­nali alle esi­genze di gover­na­bi­lità dell’ente locale, che nel turno di bal­lot­tag­gio ven­gono più for­te­mente in rilievo».
È ben vero che si tratta di ele­zioni locali. Ma non sono forse argo­menti che potreb­bero tal quale tra­sporsi a livello nazio­nale? Pro­ba­bil­mente sì. E vediamo la ragione in un punto di debo­lezza della sen­tenza 275: non assume a pro­prio fon­da­mento la con­si­de­ra­zione del voto come diritto fon­da­men­tale e invio­la­bile. Che come tale tra­scina ine­vi­ta­bil­mente un test di costi­tu­zio­na­lità più rigo­roso per la discre­zio­na­lità del legi­sla­tore: neces­sità, pro­por­zio­na­lità, indi­spo­ni­bi­lità di opzioni meno inva­sive. Pos­siamo forse pen­sare che il voto perda le sue carat­te­ri­sti­che gene­ti­che a livello regio­nale e locale? Cer­ta­mente no. Era que­sto il suggerimento del giu­dice a quo, che la Corte non ha inteso cogliere.
Incar­di­nare il ragio­na­mento sul voto come diritto era il ful­cro della sen­tenza 1/2014. Scom­pare nella 275, e l’argomentare si risolve tutto nella razio­na­lità del sistema politico-istituzionale e nelle esi­genze di gover­na­bi­lità. La sen­tenza 275/2014 avrebbe potuto essere scritta tal quale anni addie­tro, ed è in realtà scritta come se la sen­tenza 1/2014 non avesse visto la luce.
La cosa rileva anche per i suoi riflessi ulte­riori. Se qual­cuno pen­sava di chie­dere al capo dello Stato di favo­rire o richie­dere un ripen­sa­mento sull’Italicum, qui tro­viamo un ostacolo. Il Capo dello Stato si attiva — per prassi — se riscon­tra una mani­fe­sta incostituzio­na­lità nella legge che è chia­mato a pro­mul­gare. La sen­tenza 275 offre argomenti a chi vorrà domani negare che per l’Italicum tale mani­fe­sta inco­sti­tu­zio­na­lità vi sia.
Non fac­cia­moci illu­sioni, e non cer­chiamo scor­cia­toie. Indub­bia­mente Ita­li­cum e riforma costi­tu­zio­nale por­reb­bero fine alla demo­cra­zia par­la­men­tare come l’abbiamo cono­sciuta, per vol­gere a un tempo di con­for­mi­smo isti­tu­zio­nale, popu­li­smo pater­na­li­stico, scelte con­ser­va­trici. Se que­sto non piace non rimane che la via della poli­tica. Quella vera, del par­lare e del con­vin­cere, e non quella del Palazzo.

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