Scuola di dignità o di servilismo ?!

25 Marzo 2015
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Francesco Cocco

 
Non pare vi sia sufficiente indignazione per il provvedimento che il governo Renzi  intenderebbe adottare in materia di ordinamento scolastico. Mi riferisco alla nomina dei docenti  da parte dei presidi. Io non so se nel Governo si abbia esatta consapevolezza di cosa è in concreto  il legame insegnante-allievo, di quanto sia delicato un serio rapporto educativo negli anni centrali  nella formazione dell’ individuo.
Non metto in dubbio che il ministro Stefania Giannini abbia tutti i titoli per ricoprire la responsabilità del ministero della P.I. e della ricerca scientifica.  Ma qui stiamo affrontando un problema strettamente  connesso al superamento della disgregazione che affligge la società italiana ed, in ultima istanza, alla stessa ricostruzione dello Stato e della  società.
Non c’è dubbio che la scuola abbia adempiuto, dopo L’ Unità d’ Italia, compiti  connessi a finalità coincidenti con obiettivi storici: superamento del diffuso analfabetismo e raggiungimento di livelli minimi d’istruzione nella seconda metà dell’ Ottocento ed agli inizi del Novecento,  creazione di un cittadino fuso nella dimensione “totalitaria” dello Stato con la riforma Gentile ( “libretto e moschetto fascista perfetto”), formazione del cittadino democratico con un buon livello d’ istruzione media dopo l’ avvento della Repubblica ed il varo della Costituzione del ‘48.  Finalità storiche che travalicavano il mero fine  dell’ istruzione.
Il Presidente del Consiglio ha parlato di “centralità della scuola” , ed è certamente positivo che lo abbia fatto, ma non ha individuato una finalità storica che andasse oltre la necessità  di un adeguamento alle esigenze imposte dai nuovi processi produttivi, ed è lo stesso limite della riforma del governo Berlusconi.
Avvertiamo che la scuola  di fronte alla disgregazione sociale, alla perdita di spirito pubblico, alla dispersione comunitaria ha un compito di frontiera che richiede energie che nessuna altra  istituzione è chiamata a dare. Naturalmente la scuola non è l’unico organismo  preposto  a tale compito storico. Pensiamo al ruolo della televisione ed in generale di tutti i mass-media. Ma nessuna di queste agenzie formative è chiamata ad un ruolo di pari impegno e difficoltà.
Mi viene quasi da pensare alla guerra di trincea di un secolo fa. Penso al sacrificio al quale sono chiamati gli insegnanti di oggi, impegnati in classi che tendono ad uniformarsi  a  modelli degradati e degradanti propri della società dei consumi .  Certo non è a rischio la vita  come nelle trincee del Carso, ma  spesso lo è la salute psichica. Sono impressionanti i dati statistici  sulle forme di depressione ed esaurimento che colpiscono  i docenti, a partire dalle medie inferiori e segnatamente nell’ istruzione superiore.
Quindi la scuola di oggi è chiamata ad un impegno storico finalizzato alla riaggregazione della società, alla ricostruzione di uno spirito comunitario, alla nascita di un nuovo spirito pubblico. A combatterla sono chiamati i ragazzi, che spesso devono affrontare la violenza dei pochi  che pretendono d’ imporre comportamenti degradanti e violenti . Ma a combatterla sono chiamati soprattutto i docenti.
E’ una battaglia che necessita innanzitutto di un grande spirito di dedizione che può nascere solo da un alto senso della propria dignità, difficilmente conciliabile  col modello del servilismo di chi deve rinunciare alla propria dignità per garantirsi la nomina da parte del dirigente scolastico o  il “ premio di produzione”.
Conosco presidi  di alto livello professionale e culturale, profondamente rispettosi del corpo docente. Ma ne conosco e ne ho conosciuto non pochi dotati  di uno spirito altamente prevaricatore. Le comunità scolastiche da loro dirette non sono e non sarebbero certo improntate   allo spirito di dignità che un tale compito storico richiede.
Certo vi sono realtà scolastiche  talmente degradate anche per quanto riguarda il corpo docente. Vi è l’ urgenza di imporre una seria disciplina per portare a buon fine  il comune impegno. Spesso il degrado è da attribuire ai docenti non meno che ai discenti.  Sono situazioni da stroncare con adeguati mezzi anche disciplinari , ove necessario. Ma qualsiasi provvedimento normativo  va individuato esclusivamente  nella salvaguardia dell’ inderogabile dignità del ruolo docente,  che un tale compito storico impone e che non può essere raggiunto  se tale dignità viene minata.

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