Landini vs. Poletti in Sardegna e il governo è ko

8 Maggio 2015
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Red

Ieri erano preannunciati in Sardegna due fatti significativi, una manifestazione col segretario nazionale della Fiom al teatro Eliseo di Nuoro, l’arrivo di Giuliano Poletti a Cagliari.  Il ministro del Lavoro doveva chiudere i lavori del “Sardinian Job Day“, evento promosso dall’Agenzia regionale per il Lavoro, Regione e Provincia di Cagliari durante il quale si svolgono attività di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Insomma, una specie di test di popolarità del governo in Sardegna.
Orbene, mentre l’accoglienza a Landini (che oggi incontra docenti e studenti al Martini di Cagliari) è stata ampia e festosa, l’annuncio dell’arrivo del Ministro del lavoro ha fatto subito scattare la protesta. Ieri mattina davanti al Molo Ichnusa si è svolto un sit in di protesta indetto dall’associazione consumatori d’intesa con altri organizzazioni contro le politiche di governo e regione. Poi il Ministro, per sua fortuna, non è arrivato a causa della chiusura di Fiumicino, ma il clima si preannunciava caldo, anche se l’incendio si era sviluppato all’aeroporto di Roma e non in quello di Elmas.
La diversa accoglienza è l’indice più significativo del diverso modo di percepire da parte dei cittadini e dei lavoratori l’operato di Landini e quello di Poletti, che come ministro al lavoro dovrebbe essere comunque popolare fra i lavoratori. Nell’ampio gradimento al leader FIOM e la spontanea protesta verso il rappresentante del governo si manifesta l’impopolarità del governo Renzi, nonostante le cortine fumogene levate, per nascondere il dissenso diffuso, dalla stampa di regime e dalle TV.
Landini ha sferrato un duro attacco al Governo. “Il Governo - ha detto fra gli applausi -  purtroppo non sta andando nella direzione dell’equità sociale, ma sta facendo gli interessi di Confindustria e della Bce“. Parole sante! Un governo così compiacente verso il padronato e i potentati finanziari europei non lo si vedeva dal periodo d’oro del berlusconismo. “Renzi - ha incalzato Landini -  sta andando avanti con le riforme senza ascoltare nessuno. Ormai ha solo la fiducia del Parlamento, ma non quella dei cittadini italiani“. Ed anche qui il leader sindacale coglie un dato di verità. Una crisi profonda come quella italiana può essere affrontata solo creando un ampio fronte sociale, da impegnare in un’opera generale di risanamento morale e di rilancio economico. Ma Renzi, anziché unire, divide. Crea fratture insanabili non solo a livello sociale, ma anche nel suo partito, dove l’uscita di Civati, per quanto isolata, è però il segno di un ampio malessere interno al PD,  nell’elettorato  e nella società. Sembra che Renzi s’illuda di poter governare contro il Paese sol perché il suo Italicum gli fornisce una fittizia maggioranza, ma è un’illusione fallace. Siamo reduci della vicenda Monti. Entrato in scena come salvatore della patria e finito nella polvere, senza che nessuno ormai si senta di ammettere di averlo sostenuto e difeso.
Il segretario della Fiom ha parlato anche delle questioni locali: “In Sardegna come nelle altre regioni d’Italia manca una politica industriale e un piano straordinario del lavoro. Bisogna avere una visione del futuro e preservare l’esistente con politiche nuove. L’Alcoa va salvata così come tutte le piccole realtà metalmeccaniche che ci sono in Sardegna e non solo metalmeccaniche. Come si fa? Rimuovendo gli ostacoli agli investimenti: potenziare le infrastrutture, fare leggi contro la corruzione e l’evasione fiscale“. Ed anche su questo punto è difficile non dar ragione a Landini. La giunta regionale non avanza uno straccio di proposta sul terreno della politica industriale e del lavoro. L’iniziativa con Poletti è improbabile anche nel nome, “Sardinian Job Day”, per nascondere sotto il globalizzante inglese, un vuoto di progetto e di iniziativa. In epoca di rivendicazione della diffusione del sardo nelle scuole è poi stupefacente che la Regione dia un nome inglese ad un evento che interessa solo o prevalentemente i sardi. E i giovani disoccupati e maltrattati, che vengono chiamati “candidati”? Nella Roma antica la toga candida era il segno distintivo dell’aspirante senatore e il bianco simboleggiava la purezza, il candore etico di chi si proponeva per l’elezione. Si trattava di esponenti delle grandi famiglie, di appartenti alle classi dirigenti. Ora, nello stravolgimento a fini politici del linguaggio, vengono chiamati “candidati” i giovani disperati in cerca di un lavoro precario e malpagato. Una presa per culo e un insulto! Che questo uso distorto del linguaggio compaia in iniziative della Regione e dell’Assessorato al Lavoro, è grave. Mascalzoni!
Poi Landini ha toccato un tasto molto dolente della crisi attuale. “Stanno cancellando il diritto allo studio, oggi il figlio di un lavoratore dipendente, anche se il più intelligente di tutti, rischia di non poter proseguire gli studi. Siamo il Paese del tasso di abbandono scolastico piú alto - attacca il leader sindacale - con il numero di laureati in meno e con il piú basso tasso di investimento in ricerca. E anziché privilegiare il merito si decide che i presidi diventano piccoli imprenditori: è una sciocchezza pura, propaganda a spot”. Mai parole sono state più vere. Chi sta all’Università coglie visivamente, giorno per giorno, la minor frequenza degli studenti alle lezioni, frutto della diminuzione delle iscrizioni e delle difficoltà per i “fuori sede” di stare o venire a Cagliari. Molti studenti sono in ritardo negli esami perché devono mantenersi agli studi.
” Purtroppo Renzi non ascolta nessuno e va avanti. Ma si deve rendere conto che non ha piú la fiducia del Paese“. E questo è un dato sempre più evidente. Un elemento che però chiede risposta allo stesso Landini. Renzi ora si regge non per la sua forza, ma per la debolezza altrui, perché manca un’alternativa, seria e rigorosa, a sinistra. Landini ha individuato il problema e non a caso ha lanciato l’idea della “Coalizione sociale“, una idea da riempire di contenuti, evidentemente. Un progetto di estrema complessità. Ma la sensazione è che si stenti a farlo partire.

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