Luigi “il rosso” e la generazione dei “presalariati”

10 Settembre 2015
2 Commenti


Andrea Pubusa

In un articolo di agosto su L’Unione sarda, rilanciato da vari blog, Maria Antonietta Mongiu ha tracciato un bel ricordo di Luigi Cogodi, mettendo in evidenza spiritosamente che apparteneva alla famiglia dei leoni come Mick Jagger e ad altri geni, Stanley Kubrick o Carl Gustav Jung. La riflessione è interessante perché, oltre al compagno recentemente scomparso, ricorda quella generazione di giovani studenti che, approdati negli anni Sessanta a Cagliari col “presalario” (borsa di studio),  nei secondi anni Settanta, da veri leoni, hanno segnato la vita politica cagliaritana e regionale. Alcuni di loro, ricorda la Mongiu, “diventati cagliaritani di elezione ed eredi di un’altissima tradizione, erano dotati di quel senso dell’urbano che ha conferito a Cagliari, attardata nella ricostruzione, un ruolo esemplare in Sardegna, oltre la cinta daziaria. A differenza di quanto sostenne Antonio Romagnino che pure condivise molte battaglie di quel drappello, sono state le trasfusioni antropiche e culturali da tutta la Sardegna che hanno trasformato radicalmente Cagliari. Il più delle volte in meglio“. Insomma, dice la Mongiu giustamente “c’è da indagare e studiare su quei ragazzi che approdati, col presalario e dunque per merito, all’Università s’inurbarono e grazie a quell’ascensore sociale che li emancipava dalle condizioni di origine modernizzarono l’isola. Popolarono la Casa dello Studente e divennero classe dirigente, senza complessi. Oltre a riposizionare Cagliari, declinarono il concetto di autonomia in forme originali e insieme il ruolo dello stesso PCI sardo“.
Ora, non c’è dubbio che l’indicazione di ricerca della Mongiu è corretta e stimolante. Ma va integrata in varie direzioni.
Anzitutto, lo studio va allargato a tutti quei giovani “presalariati” che poi rientrarono nei paesi d’origine. Sindaci, amministratori, sindacalisti venivano in larga misura da quel serbatorio e il forte risveglio delle zone interne di quegli anni, a partire dalla giornate di Pratobello, dai circoli culturali e dai consigli di fabbrica di Ottana, lì, scava scava, trovano la loro matrice.
Il secondo ampliamento dell’indagine è di natura temporale. La ricerca non può fermarsi agli anni ‘70 e ‘80, ma deve arrivare fino a noi e qui deve risolvere un apparente mistero o paradosso, e cioé com’è stato possibile che a quel ciclo ascendente e positivo, descritto dalla Mongiu, sia seguita poi un’inversione di tendenza fino a giungere all’attuale desolazione politica e, sostanzialmente, alla scomparsa della sinistra non solo in Sardegna. In fondo l’ascesa di quel “drappello” non era solo merito loro, ma sopratutto della dirigenza della sinistra d’allora e principalmente del PCI, che fece opera di valorizzazione di quei giovani, investendo sui più promettenti, capaci e disciplinati: non solo Luigi Cogodi, ma Emanuele Sanna, Tore Cherchi, Benedetto Barranu, Gesuinio Muledda e tanti altri vengono da quella nidiata, messi in prima linea, nelle istituzioni, talvolta neanche trentenni. Berlinguer poi, prima di morire prematuramente, aprì al PDUP di Lucio Magri, recuperando un quadro politico più radicale e critico, che pure aveva un’ispirazione comunista. Certo, questi giovani portarono in seno al PCI molto della loro cultura, maturata nelle lotte studentesche, ma il loro lancio (anche in ragione della giovane età) è frutto della saggezza della vecchia dirigenza comunista e della tradizione di questo partito, che pensava al proprio futuro e non solo al presente, impregnato com’era dall’idea che il cambiamento è frutto di un movimento reale collettivo e non dell’azione dei singoli per quanto capaci. E non è un caso che la stagione migliore del “drappello” ha corrisposto con la Giunta regionale, a base comunista-sardista, presieduta da Mario Melis (1984-1989), in cui alcuni dei “leoni” ebbero importanti incarichi di governo, mostrando una buona capacità realizzatrice, nel contesto di un forte impegno dell’intero PCI, dirigenza e iscritti, come giustamente ha messo in luce Tonino Dessì, ricordando in questo blog Luigi Cogodi.  Ecco allora il punto: si tratta di capire se quel costume di lavoro collettivo e disciplinato  e quella tradizione di rinnovamento della dirigenza, propri del Partito comunista, siano stati coltivati dal “drappello” o se, una volta diventati “grandi” e ormai padroni della situazione, c’è stato, da parte dei non più giovani leoni, un modo diverso di pensare il partito e intendere l’impegno politico.
Provo ad azzardare un’ipotesi, sapendo che, per i “tifosi” di questo o di quel “leone”, la mia è una indicazione fastidiosa (ma si ricordi che io, più gatto che leone, ero della partita). Il drappello, superata la fase in cui era sotto tutela del vecchio gruppo dirigente, quando ha dovuto fare in proprio, ha smarrito l’idea della “ditta” ed ha prestato attenzione di più al proprio particulare. Non è un caso che hanno iniziato pur nel PCI a far capolino se non le correnti, certo i gruppi intorno ai leaders piccoli e grandi, per poi esplodere dopo la Bolognina e la scomparsa del PCI.
E così, per esempio, è stato l’effetto paralizzante della reciproca “marcatura a uomo” di questi gruppi di provenienza PCI che, almeno in Sardegna, ha consentito l’exploit prima di Cabras (anch’esso proveniente dalla Casa dello Studente e dal degenerato PSI craxiano) e poi di Soru, entrato a gamba tesa in un ventre ormai molle e perforabile. E’ bastata la pressione di soggetti decisi e spregiudicati, benché molto più deboli rispetto a quanto complessivamente rimaneva dell’ex PCI, per travolgere i dirigenti di quel partito (ch’erano, a quel punto, in larga misura  i “presalariati” di cui parla la Mongiu) in lotta permanente fra loro. E’ prevalentemente la paralisi ingenerata da questa guerra intestina ad aver consentito le due devastanti stagioni di Cabras e Soru, che, in concomitanza col degrado nazionale, hanno condotto alla deriva attuale. Un patrimonio morale e politico importante e prezioso è stato in breve tempo dilapidato da “eredi” litigiosi.
C’è un altro aspetto interessante da indagare, e cioé che questo processo ha investito anche la componente che dalla Bolognina  uscì a sinistra, col proposito di mantenere, anzi di rifondare il partito comunista. Anche lì, a partire da Bertinotti, ma poi anche con Vendola la corsa al frazionamento intorno a capi e capetti  in proiezione elettoralistica è diventata così diffusa e assorbente da rendere oggi impossibile individuare il bandolo per riannodare i fili di una sinistra consistente.
Non è questa certamente la sede per approfondire il discorso, che evidentemente ha un orizzonte non meramente regionale e riguarda non solo i singoli protagonisti. Ha ragione la Mongiu, questa è ormai fatica da demandare agli storici. Il giudizio, tuttavia, non può essere compiuto se ci si ferma alla fine degli anni ‘80 (sostanzialmente alla Bolognina) in cui meriti ed errori vanno quantomeno divisi con la vecchia dirigenza comunista. Bisogna arrivare ai giorni nostri, anche se questo può condurre a giudizi severi per la nostra generazione.

Una foto di Luigi Cogodi

 

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2 commenti

  • 1 Giorgio Corda
    10 Settembre 2015 - 19:12

    Caro Andrea, a tutta quella generazione di cui parli, finita “l’esperienza” studentesca e diventata “classe dirigente” l’unico “particulare” di interesse è stato il posto pubblico ben retribuito nel solo ed esclusivo proprio interesse, della collettività se ne sono al 99,99% fregati un c…! Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: Disoccupazione, Ruggine da tutte le parti, siti inquinati a iosa, e viaggi della speranza con caschetto battuto per terra a Roma e qui mi fermo perché potrei continuare sino a domani.

  • 2 Giuseppe Podda
    11 Settembre 2015 - 01:24

    Luigi vorrei ricordarlo come l’ho conosciuto, molto disponibile e attento, culturalmente preparato, a parte la sua professione, è stato assessore x varie legislature, lavoro, enti locali, molto preparato, ricordo piano x il lavoro, quello che mi rammarica è che lo hanno lasciato solo, e solo è andato via in silenzio togliendo il disturbo a qualcuno, non se lo meritava. Ciao Luig, sia x molti il suo esempio…

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