La Sardegna di fronte alla crisi globale

16 Dicembre 2008
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Andrea Raggio

E’ innegabile che il carattere globale della crisi consista nella sua dimensione mondiale e nella qualità nuova data dall’intreccio della recessione economica con la dipendenza energetica e il mutamento climatico. I tentativi di riavviare il vecchio motore dello sviluppo basato principalmente sul consumismo sono destinati ad aggravare il conflitto economia-ambiente e gli squilibri territoriale e sociali e, quindi, al fallimento. Occorre avviare uno sviluppo nuovo. La crisi minaccia conseguenze devastanti ma nello stesso tempo offre un’occasione storica.
E’ significativo il fatto che sia negli Stati uniti sia nell’Europa stiano emergendo sempre più chiaramente orientamenti volti ad accompagnare le misure per “stabilizzare il paziente” (Obama) con altre tendenti a porre sin d’ora le basi di uno sviluppo nuovo. La portata delle misure fiscali a sostegno dei redditi medio - bassi e quelle sull’economia verde, promesse dal presidente eletto degli USA, unitamente all’impegno a sviluppare i rapporti di partenariato con il resto del mondo, tendono a delineare un tipo di sviluppo basato sulla ridistribuzione del reddito e del profitto a livello mondiale, dei singoli Stati e tra ceti sociali, sull’integrazione economia-ambiente e su un nuovo assetto delle relazioni e degli ordinamenti internazionali.
L’Europa, hanno detto in questi giorni Jacques Delors e altre eminenti personalità, dalla tempesta potrà uscirne rafforzata o disgregata. Deve attrezzarsi per dare a questa sfida di carattere sistemico una risposta egualmente sistemica. Le direzioni nelle quali occorre operare sono state indicate da qualche tempo nel dibattito a livello europeo: una politica economica comune non limitata al vago coordinamento di quelle nazionali; una politica fiscale comune decisamente orientata al sostegno dei redditi medio - bassi; finanziamento straordinario di un programma di grandi infrastrutture d’interesse europeo; una politica di coesione basata sulle potenzialità delle singole regioni e non più soltanto sui livelli del PIL; lo sviluppo della politica euro- mediterranea.
Le misure sin qui adottate dell’Unione europea sono, purtroppo, di modesta portata dal punto di vista sia delle risorse finanziarie mobilitate sia della loro efficacia, poiché si limitano a un coordinamento generico dell’azione dei singoli Stati. Quanto alla politica euro-mediterranea le decisioni della recente riunione di Marsiglia sull’attivazione dell’Unione per il Mediterraneo, della quale fanno parte 43 paesi delle due sponde, sono certamente un passo avanti ma ancora non è certo che seguiranno progetti di co-sviluppo. Occorre, dunque, un forte rilancio dell’europeismo e in questo senso devono agire l’opinione pubblica e l’iniziativa politica. Il governo berlusconiano, invece, rema in direzione opposta, come s’è visto in occasione della recente trattativa comunitaria sull’ambiente.
Come si colloca la Sardegna di fronte a questo scenario? Il dibattito politico nell’isola ha ignorato sino ad ora la crisi, viziato com’è dai contrasti interni ai partiti e da quella visione dell’Autonomia come fortezza a democrazia autoritaria che condiziona la vita pubblica regionale. Eppure, la Sardegna mentre è esposta quanto le altre agli effetti della crisi, più di altre ha interesse a cogliere l’opportunità offerta dalla stessa crisi per valorizzare le sue notevoli potenzialità. Ecco perché è indispensabile abbandonare la vecchia concezione garantista e difensiva dell’Autonomia speciale sarda per adottarne una dinamica, aperta agli sviluppi della democrazia partecipativa. Il professor Lobrano ha scritto recentemente di una concezione espansiva, volta anche a concorrere alla formazione della volontà dello Stato. Autonomia, dunque, come partecipazione alle scelte nazionali e comunitarie e come partecipazione dei cittadini al governo della Regione. Ciò presuppone un rapporto tra le diverse istituzioni non conflittuale e gerarchico ma relazionale e, quindi, un assetto istituzionale ai diversi livelli la più omogenea possibile. “La nuova frontiera della specialità, ha detto il professor Lobrano, è la capacità della Sardegna di prefigurare al proprio interno e - pertanto - di esportare al proprio esterno una forma di governo democratica.”
In conclusione, lo scenario aperto dalla crisi sottolinea con forza l’urgenza del nuovo Statuto speciale. Il testo del 1948 è superato dai cambiamenti intervenuti nel secondo novecento, il nuovo Statuto deve essere predisposto nella prospettiva di una nuova fase di grandi trasformazioni. Dobbiamo fare in modo che la questione sia al centro del confronto e delle scelte nelle prossime elezioni regionali ed europee.

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