Ora, in terra d’Abruzzo il centrosinistra lascia il governo…

17 Dicembre 2008
6 Commenti


Red

Vittoria della destra, crollo del PD, balzo dell’Italia dei Valori: queste le news dalla terra d’Abruzzo. L’astensionismo raggiunge quote vertiginose, americane: solo il 53% degli aventi diritto ha votato. Il dato è così evidente da non lasciare margini all’interpretazione. Il PD degli arrestati (del Turco prima, D’Alfonso poi, a seggi aperti) non regge alla prova del voto. Direte. Ma anche la destra non scherza quanto a indagati e arrestati. Ed è vero. Tuttavia, amici, per la destra, la corsa al profitto, al guadagno, alla speculazione è un elemento essenziale, ideologico, del loro essere. E, quando c’è il successo, come per il Cavaliere, anche la forzatura della legalità è ammessa, anzi ammirata. Ciò che conta è il risulato: la ricchezza, il potere. La disapprovazione, in caso di emersione dell’illiceità della condotta, non è rivolta tanto alla condotta criminosa, che, essendo protesa al guadagno è perfino doverosa, quanto al fatto d’essere stati scoperti. L’incriminazione e la condanna sono le prove della mancanza di balentia in quel mondo.
Per la sinistra è diverso. L’elettorato progressista ha ancora l’idea di una necessaria diversità della propria rappresentanza, innanzitutto sul piano etico e vuole la linearità dei comportamenti. Se questa manca viene meno l’anima, il dna di essa. L’obiettivo è il bene pubblico, l’eguaglianza, la giustizia. La violazione della legalità, quando occorre, a questi fini è elemento di grande considerazione: i sindacalisti arrestati negli anni ‘50 nel corso di dure lotte, i contadini durante l’occupazione delle terre. Qui c’è l’espressione della massima dedizione all’interesse generale, il gesto estremo, nobile, proteso verso la giustizia sociale, che onora chi lo fa e il popolo di sinistra gliene riconosce merito eterno. Se invece la violazione è rivolta all’interesse personale, la disapprovazione è pressoché generale. Com’era possibile evitare il crollo, con Del Turco agli arresti domiciliari e il sindaco di Pescara, nonché segretario regionale del PD, in galera?
Si spiega così anche il successo dell’Italia dei Valori, su cui si può tanto discutere, ma che ha in Di Pietro un paladino storico e affidabile della legalità. Non solo, ma, proprio per questo, Di Pietro svolge un’opposizione credibile a Berlusconi e al centrodestra.
E la sinistra c.d. radicale? Non ha capito ancora la lezione. Eppure Tonino, nel suo modo sempliciotto, la insegna tutti i giorni. Partito senza eccessive divisioni e fumisterie, autonomia e opposizione ferma, senza amicamenti. Basterebbero questi tre ingredienti per far sì che la sinistra divenisse l’intercettore della grande massa dell’elettorato progressista che vuole equità sociale e moralità pubblica. Pensate, anche da noi, in Sardegna, quali risultati potrebbero ottenersi solo adottando i semplici obiettivi e le modeste pratiche di Di Pietro: autonomia da Soru e dal PD, lotta per l’occupazione, contro il precariato e per l’ampliamento degli spazi democratici.
E il 47% delle astensioni? Gente, sono cittadini come noi, che desiderano una accettabile unità, una opposizione ferma e pretendono dei leaders coerenti con gli ideali di rigore morale e di dedizione agli altri, al bene generale. Non trovando risposte, si rifugiano nei movimenti, nei piccoli gruppi, nei piccoli blog, come questo o il Manifestosardo, per esempio. Lavorano sopratutto a bloccare processi involutivi: il degrado della democrazia o dell’ambiente, del lavoro, per i migranti, per la pace, contro il G8. Questa attività di opposizione, però, è sempre esposta al rischio di un “populismo dal basso” come contraltare del populismo dall’alto. C’è il pericolo, insomma, che queste attività oppositive anziché indirizzare il potere verso la soluzione dei problemi sociali, scavi un solco sempre più profondo fra cittadini e istituzioni, rendendole meno permeabili alle spinte democratiche. E questo fa chi si rinchiude nei movimenti al pari di chi ritiene realistico rafforzare il capo, il populismo del centrosinistra come antidoto ad una peggiore involuzione democratica. Gli uni e gli altri rinunciano ad una battaglia in positivo per un progetto alternativo. Gli uni e gli altri sono subalterni al capo, anche se in modo differente e talora opposto.
Ora, in Sardegna questa massa oppositiva l’abbiamo vista e contata nelle elezioni comunali. Roccaforti, come Villacidro, Assemini ed altre ancora, passate in mano alla destra grazie ad un’astensione vasta, al rifiuto di votare turandosi il naso. Il rischio è alto anche alle prossime regionali. La controdemocrazia negativa (per usare una terminologia di Pierre Rosanvallon) è stata alimentata dal governo regionale anche nella vicenda sulla Statutaria e nel referendum sulla c.d. legge salvacoste, nel quale si è preferito invitare alll’astensione piuttosto che alla mobilitazione positiva in difesa del nostro territorio. Il pericolo è che le masse ridotte ad uno stato di passività, restino a casa anche il giorno del voto.
Ammettiamolo: l’unica speranza per il centrosinistra sardo non sta nella forza del suo autocandidato, né nella capacità di unire, nè nella condivisione del suo progetto, nè nei suoi programmi. Sta piuttosto nella auspicabile debolezza del candidato del centrodestra. Si spera così che la tendenza all’astensione investa massicciamente anche quel fronte, bilanciando lo smottamento dell’area progressista. In caso contrario, la vittoria di Soru che populisticamente si autocandida e si rivolge all’elettorato contro i partiti e contro il Consiglio è destinato a fallire. Il fatto grave è che la vittoria sarà determinata non dalla maggiore partecipazione, ma dalla minore astensione nell’uno e nell’altro schieramento. A molti viene negata l’occasione per un impegno in positivo, e così non si sa cosa fare per contribuire a battere la destra.

6 commenti

  • 1 Gianluca Scroccu
    17 Dicembre 2008 - 09:11

    Andrea, tu scrivi nel tuo pezzo che potrebbe verificarsi un forte astensionismo, a sinistra di sicuro e forse a destra. Credo che al centrosinistra serva uno sforzo di intelligenza e di umiltà: lo chiedono gli elettori, il ceto medio riflessivo (come quegli insegnanti di un’importante scuola cittadina con cui ho parlato giorni fa, il ceto medio riflessivo, lo chiamarebbe Ginsborg). Di tutti, non solo dei leader. Il bene comune vogliamo ancora ricercarlo? Vogliamo presentarci divisi per perdere? Vogliamo votare per chi dice “non siamo di destra nè di sinistra”, come ho letto nei resoconti dell’ultimo incontro dei sardisti (Bombolo, protagonista di film trash anni ‘70, avrebbe potuto dire cose più profonde). Siamo ad un momento di svolta, anche della politica sarda: è arrivato il momento che gli elefanti che ingessano la nostra scena politica vadano a morire nei loro cimiteri. Idem per coloro che utilizzano i loro ruoli istituzionali per accumulare incarichi. Io so per chi non voterò: non voterò per chi, eletto ad una carica, l’abbandona durante la legislatura per cercare di fare il salto di stipendio e di potere (di questo si tratta); non voterò per chi nel 2004 sosteneva Soru e oggi lo accusa di ogni nefandezza. Voterò per il centrosinistra, nel bene e nel male, e per una filosofia di governo che ha proposto un rinnovamento su temi come l’ambiente e la cultura, la vera sfida della Sardegna che vuole entrare con un poco di fierezza nel terzo millennio, che poi era il succo del programma del CS nel 2004. Non voterò per una persona (i servi mi fanno ribrezzo, sia quelli attorno al Presidente Soru sia quelli intorno ai ribelli del PD e detesto il culto della personalità). In un momento di crisi e di arrettramento della democrazia bisogna fare uno sforzo. Caro Andrea, diciamoci la verità: spesso, chi non vuole Soru lo fa solo per motivi di mero potere personale (che ci sia tanto astio verso la Dirindin da parte di alcuni baroni della sanità aderenti a partiti nel centrosinistranon ci dice niente?), fregandosene se si debba o no criticarlo per la sua politica sull’istruzione o l’ambiente. I voti di questi cacicchi si possono spostare come un pacco di Natale senza problemi. Sono affaristi, direbbe Pertini, non politici. Poi, sulla crisi di Veltroni e del PD avremo modo di parlare.

  • 2 Quesada
    17 Dicembre 2008 - 11:23

    Professor Red, hai ragione.
    Sono indeciso tra il suicidio e la canna da pesca.
    Intanto vado a farmi uno shampoo.
    Poi deciderò se turarmi il naso o se lascerò che altri provvedano a turarmi qualcos’altro.

  • 3 GIORGIO COSSU
    17 Dicembre 2008 - 21:10

    ANDREA ha analizzato il malessere dell’elettorato PD e di sinistra, causato in Italia dalle incertezze del PD. Ha rilevato in modo autocritico il rischio del populismo dal basso, per la ricerca di una linea comune, ma la tesi di SCROCCU di votare contro il peggio ed i vecchi, contro gruppi privi di una linea, incerti, opportunistici, non è utile a definire una linea chiara di riforme e democratica, ci invita a subire, senza obiezioni. Davvero troppo, ignora l’articolo precedente sulla democrazia rovesciata, sull’assenza di rappresentanza, sulle nomine dall’alto, di servizio.
    Sui risultati è vero che alcune riforme Sanità e forse degli Enti Agricoli necessarie e positive, per coraggio e certo per la delega ad esperti, Ma in rapporto al mercato ha prevalso un eccesso di vincoli insieme ad assenza di piani e progetti, ma di decisioni solitarie verso i settori di eccellenza e persino grandi opere. Non un piano di settore, trascurato il manifatturiero, o piani territoriali di sistema produttivo e sociale.
    Il malessere in Sardegna è causato da una politica che SORU ha semplificato ed estremizzato, ma che non ha prodotto risultati di occupazione e che rispetto all’ambiente non riesce a darle una funzione pubblica regolata con piani differenziali, con esiti per le coste di tipo privato, come le tenute di Punta Lada di Berlusconi, non difendono il territorio ma lo privatizzano, lo rendono non accessibile, non fruibile e non danno reddito e occupazione. 60 ha privati contro i 25 ha del Forte Village con 800 occupati diretti e 200 indiretti. Si può discutere il come, se si fanno Piani funzionali di zona, ma se si differenzia il territorio attraverso piani di zona che danno una qualche funzione turistica al territorio Un eccesso di vincoli e carenza di Piani di zona.
    L’istruzione non può ridursi all’alta formazione, e ridurre l’Università e la ricerca subordinata alla Giunta come la legge sulla ricerca n.7, con i Rettori tra gli enti regionali ed i Comitati stretti con ricerca di base e applicata insieme, umane ed economiche. La formazione è frutto di ricerca base e di ricerca finalizzata ai problemi del territorio. I ricercatori sono un patrimonio su cui contare per innovazioni anche piccole ed in tutte le direzioni dei grandi problemi regionali di sviluppo. La ricerca produce innovazioni piccole e grandi se resa autonoma e responsabile se riconosciuta sul piano delle scelte e delle proposte. Le capacità e il confronto anche come base di selezione sono la base per progetti e piani, per innovazioni di sistema e puntuali.
    La PA non è burocratica se interviene in modo diretto con il sistema economico, se gestisce progetti e conosce il sistema. La linea dei Progetti Integrati ha offerto incentivi monetari ma non supporto di innovazione e sistema.
    Infine tutto questo si basa su una riduzione della partecipazione e della democrazia del tutto estranea ai valori delle culture della sinistra, cattolico-democratica e liberale su cui si basa l’idea dell’Ulivo ‘96, su cui nasce la speranza di un PD democratico e riformatore. E’ la difesa di questo progetto di rinnovamento che porta gruppi direi di “ruling class”, qualcosa di più del ceto medio riflessivo, alla critica e al malessere profondo, gruppi da far consolidare nella democrazia, ma portatori di competenze ed etica necessari al rinnovamento di idee e di classe dirigente,senza le scorciatoie del centralismo e del personalismo.

  • 4 admin
    18 Dicembre 2008 - 03:37

    A Gianluca dico che noi non siamo l’ombelico del mondo. E neppure una parte infinitesimale. Ciò che pensiamo e diciamo impegna solo noi stessi, nessun altro. In Abruzzo stiamo parlando del 47% dell’elettorato che non vota. Quasi la metà. Ad Assemini,Villacidro etc. di centinaia o migliaia di persone. Sono fenomeni di massa, a cui non si può far fronte con appelli alla nostra buona volontà, che non conta nulla, Si può far fronte con politiche coerenti da parte di chi può decidere, col coinvolgimento delle masse, Pensa Soru di poter chiamare al voto quei cittadini che ha tenuto a casa nei referendum? Pensa di entusiasmarli col conflitto d”interessi? Non dimentichiamo neppure che Soru è indagato per reati su cui da altre parti si sta arrestando. Ecco, rispetto a tutto questo noi non possiamo far nulla se non compiere il nostro dovere di prenderne le distanze, di auspicare altre vie. Il resto non dipende da noi. Ma volete convincervi che se molta gente rimarrà a casa il giorno delle elezioni o si sposterà dal centrosinistra al centrodestra, la responsabilità non è mia o di Raggio o di Cocco, ma di Soru!

  • 5 Gianluca Scroccu
    18 Dicembre 2008 - 09:23

    Io credo che la situazione sia diversa rispetto all’Abruzzo. Se vado ad un incontro dove 13 professori di liceo (persone intelligenti,non servi sciocchi) mi dicono che, pur non dichiarandosi soriani come fanno certi lacchè, dicono che andranno a votare per la coalizione che lo candiderà perchè nessuna giunta ha avuto mai tanta attenzione per la scuola pubblica, la cosa mi deve far riflettere o no? E poi non è possibile che la gente che non è andata a votare, ad esempio sul referendum sulla Statutaria, si sia comportata così perchè non aveva voglia di partecipare ad una battaglia che considerava solo indirizzata contro il presidente della Regione? Io me lo sono chiesto. Ricordati che dentro il comitato per il no alcuni di noi da subito avrebbero preferito costituirne uno composto solo da progressisti, in modo da portare il dibattito, incalzando anche Soru, sulle questioni di merito poste dalla legge e non su un referendum sulla giunta. In quel comitato c’era gente di destra che del presidenzialismo e del servilismo verso il Capo, ovvero Berlusconi, ha fatto una ragione di vita. E poi sul referendum salvacoste io non sono andato a votare ma alle regionali voterò. Nel 2004, sul sito dei DS, in pochi criticavamo la scelta della candidatura di Soru, evidenziando aspetti che potevano essere contradditori (Progetto Sardegna mero partito personale, lui che prima mai aveva manifestato pubblicamente le proprie opinioni politiche, ecc.). Molti, che oggi lo criticano, erano tra quelli che lanciarono e sponsorizzarono la sua candidatura. E lo hanno fatto sino all’ultimo congresso dei DS, nel 2007. Io rimango repubblicano e non monarchico, per parafrasare Francesco Cocco. Non lo idolatro e per molte cose continuo a criticarlo, ma gli riconosco, oltre alla validità dei provvedimenti sull’istruzione e l’ambiente, di aver aderito chiaramente allo schieramento di centro-sinistra. E di aver spesso parlato di argomenti che la maggior parte dei dirigenti dei partiti di centrosinistra giudica con sufficienza (vedi la decrescita). Lo ha fatto strumentalmente? Quasi sicuramente, ma mi vuoi ricordare qualche battaglia disinteressata dei burosauri che da 30-40 anni dominano la politica sarda? Tolto Soru cosa ci aspetta, l’Eden? No, le solite facce che sono l’assicurazione sulla vita di Renato Soru! Prova a chiedere ai tuoi studenti cosa pensano di lui. Da me, in Lettere, la maggioranza lo sostengono perchè percepiscono in lui, nel bene e nel male, qualche elemento di novità (e guarda che c’è una fascia di elettori che si è rotta le scatole dei vecchi potentati, non solo politici, che stanno portando questo paese sul baratro; e non è una questione anagrafica perchè ce ne fossero di ottuagenari con la storia di un Pertini o di uno Scalfaro). Non penso poi che né tu né altri sarete i responsabili di eventuali passaggi di voti da uno schieramento all’altro, perché ognuno risponde alla propria coscienza anche se anche in Sardegna è pieno di personaggi alla Libero Manca!

  • 6 Sergio Ravaioli
    18 Dicembre 2008 - 14:07

    Siamo alle solite: “Tolto Soru cosa ci aspetta, l’Eden?”.
    E siccome gli altri non ci assicurano l’Eden, … votiamo Soru.
    Suona come un approccio fideistico, rispetto al quale c’è ben poco da argomentare: fatica sprecata! . Ma siccome sono abituato a lottare contro i mulini a vento, provo a spezzare un paio di lance in questa mia Donchisciottesca attività.
    1) Un presidente di destra che faccia una politica di destra è meglio di un presidente di sinistra che faccia una politica di destra. Almeno quello DOC avrà il contrappeso, il controllo il pungolo dei partiti di sinistra. Quello di sinistra quali contrappesi avrà? Quelli che abbiamo visto in azione contro il presidente Soru: un po’ di gazzarra sostanzialmente folcloristica e sempre inutile. Nessuna forza politica che organizzi movimenti popolari contro e la protesta che assume le forme del disimpegno e dello scetticismo: ” … tanto sono tutti uguali !”. Vedi Abruzzo.
    2) “Soru ha ben operato” !?!?. Dopo 4 anni e mezzo di presidenza siamo o no autorizzati a fare una verifica puntuale sui risultati ottenuti e non sugli annunci proclamati? Anche perchè ricordo benissimo la promessa fatta 5 anni fa: “un programma da realizzare in 5 anni, dopo di che torno a fare il mio mestiere.” Oggi più che una promessa pare una profezia, che sarà realizzata suo malgrado, purtroppo lasciando alle spalle una enormità di macerie di diverso tipo (incluse le macerie del PD). Questa verifica puntuale mi solletica abbastanza e conto di farla rispetto ai settori dei quali mi sono più occupato negli ultimi anni. Anticipo, a memoria futura le critiche alle quali andrò incontro:
    a) Con le tue critiche favorisci la destra. Sottolinei gli aspetti negativi e tralasci quelli positivi.
    b) Sei critico perchè il principe ti ha lasciato fuori dal banchetto.
    Non ho molte speranze che qualcuno voglia accantonare la dietrologia ed entrare nel merito delle critiche. Ma siccome, come ho detto all’inizio, sono un estimatore di Don Chisciotte, conto di farlo.

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