Migranti: destinatari di accoglienza e soggetti di lotta

19 Ottobre 2015
1 Commento


Andrea Pubusa

Francesco Cocco, col suo intervento sui migranti, ha fatto ciò che si richiede a tutti in questo blog: uscire dall’ovvio e dal banale e aprire nuovi stimoli per la riflessione. Le banalità e l’ovvio si trovano in abbondanza in TV e in molti giornali. Anch’io penso che questa delle migrazioni sia una questione centrale per i decenni avvenire per le ragioni che Tonino Dessì, Lucia Pagella e Gianfranco Sabattini hanno ben illustrato nei loro interventi.
Anch’io provo il disagio enunciato da Francesco a fronte di un’accoglienza di natura prevalentemente compassionevole. La carità, per sua natura, pur essendo espressione di buoni sentimenti, non riconosce diritti, anzi spesso giustifica e muove dall’idea del mantenimento della disuguaglianza e tende a nasconderla. Storicamente il movimento comunista si è distinto da altre componenti del movimento operaio proprio per non aver mai accettato un’impostazione che non ricomprendesse le masse in qualunque modo oppresse dal capitalismo fra i soggetti di diritto, fra le persone da coinvolgere nel processo di liberazione. Niente carità, ma lotta per i diritti. E senza frontiere. Non a caso l’internazionalismo è il fondamento del pensiero di Marx.
La liberazione è opera degli stessi oppressi, non concessione bonaria di (improbabili) filantropi. Questa posizione è stata espressa in momenti cruciali della storia ed ha marcato la distinzione fra comunisti e altre forze socialiste, in particolare, durante la prima guerra mondiale. Lenin con fermezza, muovendo dalla considerazione che si trattava di una guerra interimperialista, si batté non per la neutralità, ma per una opposizione e una lotta ferma alla guerra dalle piazze alle tricee, per abbattere il capitalismo e le forze guerrafondaie dall’interno. Altri si schierarono coi rispettivi governi, votando i crediti di guerra (SPD), taluni (PSI) usarono la formula “non aderire, non sabottare”. Fu il congresso di Zimmerwald a vedere esplicitata la tesi di Lenin e a porre le basi della terza internazionale e della Rivoluzione d’Ottobre.
Un altro terreno cruciale fu quello del colonialismo. Varie correnti socialiste vedevano nella invasione degli altri Continenti da parte degli stati europei una positiva opera di civilizzazione, presupposto per ogni ulteriore avanzamento sociale. Un po’ come la “esportazione della democrazia” con la guerra dei giorni nostri. Anche su questo tema la posizione comunista fu radicale, il colonialismo va combattuto dovunque e sempre, e vanno combattuti dall’interno i governi che lo praticano. Non è un caso che nel ‘900 i grandi rivoluzionari delle colonie si siano formati in Europa, nei rispettivi Stati colonizzatori, sotto l’influenza dei partiti comunisti (Ho Chi Min in Francia, Agostinho Neto  e Amilcar Cabral in Portogallo, per ricordarne alcuni).
Ora, credo che una vera liberazione debba partire da questa considerazione: i neri e gli extracomunitari che varcano il Mediterraneo coi barconi e quelli che attraversano in altro modo i confini per entrare in Europa non sono solo persone da aiutare, sono soggetti da coinvolgere in una lotta che liberi loro insieme alle masse oppresse dal capitale anche nelle metropoli del mondo.
Certo, qui torna utile il sano realismo di Tonino Dessì. Nei tempi, che io ho richiamato e Francesco Cocco ha evocato, esisteva un impetuoso e crescente movimento comunista e di sinistra con vocazione internazionalista, oggi esistono solo macerie, l’internazionalismo esiste ma è il globalismo del rapace capitale finanziario. I mille rivoli della sinistra europea non allineata non riescono a difendere i diritti neppure dei lavoratori di casa nostra, sotto attacco da anni. Vediamo che anche Siryza arranca. In questo contesto - ha ragione Tonino -  un atteggiamento di accoglienza è fondamentale, è quanto si può fare oggi, se non si vuole essere astratti e, in fondo, fuori dal problema. Tuttavia, seppure come posizione culturale o come proposito da costruire o come elemento da propagandare, deve rimanere nella nostra testa che i migranti devono essere non solo destinatari di accoglienza e buoni sentimenti, ma soggetti da coinvolgere in una lotta per una società di eguali.

1 commento

  • 1 francesco Cocco
    19 Ottobre 2015 - 09:09

    Caro Direttore,
    sei al nocciolo del problema: di un problema vecchio di un secolo e mezzo. Allora era limitato all’ Europa industriale ora è mondiale. Piaccia o non piaccia il problema è sempre quello: il “passaggio dalla preistoria alla storia” secondo il pensiero marxiano. Il capitalismo mostra più che mai i suoi limiti, la sua incapacità di risolvere i problemi dell’ umanità. Evitiamo pure di parlare di comunismo. Pochi capirebbero e ancora meno avrebbero la consapevolezza che ci stiamo riferendo a categorie che nulla hanno a che vedere con le distorsioni derivanti dallo stalinismo. Stiamo distruggendo il Pianeta, stiamo condannando i popoli alle migrazioni forzate, stiamo togliendo agli esseri umani la possibilità di costruire una storia secondo le specifiche identità e culture e non vogliamo capire che questo sistema va superato, che occorrono diversi modelli di vita. Piaccia o non piaccia si va imponendo un nuovo orizzonte comunista che nulla a che vedere con modelli non collimante con le esigenze più profonsde dell’ umanità

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