Partecipare è necessario, ad esempio, dicendo NO al referendum costituzionale

4 Febbraio 2016
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Gavino Dettori
Il potere (o governo nei paesi democratici) è stato ed è ancora gestito dai potentati economici, che riescono a carpire il consenso dei cittadini con false promesse di apertura alla democrazia. Si! False promesse, perché i potentati economici farebbero a meno del consenso se  fossero liberi di agire per conservare e gestire le risorse di cui si sono appropriati. Ma  nel mondo libero e globale devono avere la certezza che i loro prodotti possano essere consumati dalla massa dei cittadini, e scongiurare ogni possibile contestazione. Così le democrazie si sminuiscono, tentando di restringere gli spazi partecipativi  a livello istituzionale. Le “mani libere“ di Berlusconi fanno scuola, ed anche il governo Renzi non sembra esente da questa smània autoritaria, che in nome dell’efficientismo propone una legge elettorale e modifiche alla Costituzione  in quella direzione, dando spazio, nelle nomine dei rappresentanti nelle istituzioni a persone nominate dai vertici politici, piuttosto che espressioni diretta dei cittadini. Per scongiurare questo pericolo, bisognerà partecipare attivamente alla diffusione delle  informazione sulle motivazioni per votare  NO  ai  REFERENDUM,  che i comitati  sociali di base stanno proponendo.
Sta di fatto che vivere in democrazia crea un certo torpore partecipativo. Si ha fiducia che le libertà che si conoscono non potranno mai venire meno, per cui è anche comodo starsene nel privato a curare  i fatti personali. Il sistema d’altronde ha tanto esaltato la nostra individualità, concedendo a quasi tutti un briciolo di bene da custodire al quale ci si illude di legare la nostra esistenza. Così siamo inconsciamente chiusi in noi stessi, e deleghiamo ad altri la cura dei fatti collettivi, di cui si ha coscienza diffusa che non siano di nessuno. Basta vedere  il mancato rispetto che si ha dello spazio pubblico: le strade, le scuole, l’ambiente, il territorio in generale. Salvo poi accorgerci che i nostri delegati si sono corrotti, ed oltre alle ruberie ci hanno sfasciato il “giocattolo”, portandoci in uno stato di povertà  e annullando il valore di quello illusorio bene al quale avevamo legato le nostre speranze di vita.
Così ci siamo accorti che il rifugio nel privato non ci garantisce la protezione del bene economico e neanche la libertà, e gli spazi di democrazia. La cura insita nel sistema di proteggere ed esaltare il privato, considerandolo come spazio di costruzione e protettore di libertà, non ha funzionato. Le disuguaglianze prodotte sono tali che il mondo si è impoverito, concentrando le ricchezze nell’ 1%  della popolazione mondiale, pari a quella posseduta dal 99%,  tale da mettere in crisi l’intero sistema. Aumenta la disoccupazione  perché il lavoro, l’apporto umano nel lavoro,  è valutato solo in termini di profitto e non come contributo corale  all’accrescimento collettivo del benessere sociale.
Questa è la causa della mancata partecipazione dei popoli alla gestione dei beni  pubblici.
Mi viene in mente quanto si diceva quando ancora giovane mi avvicinavo alla politica, quando i partiti politici erano strutturati in sezioni dove i militanti respiravano l’aria dell’impegno per la costruzione e la critica delle problematiche sociali. La militanza era la chiave della salvaguardia della democrazia.  Non bisognava mai abbassare la guardia nella sorveglianza del delegato, che doveva essere pungolato nell’esercizio del suo impegno, con proposte  innovative legate alle esigenze della popolazione, nonchè esercitare un continuo controllo sul suo corretto operare. Quella che poteva sembrare una fatica, era invece un momento di corale e sentita partecipazione alla vita. Cosa voleva dire, stare al bar o in sezione! Anche in sezione si poteva giocare a carte, ma anche ci si allenava  a praticare democraticamente gli spazi sociali e la loro gestione politica. Era l’interesse alla cura e gestione del bene di tutti, inquadrandolo in una visione di una giusta società che ci animava  e valorizzava il nostro impegno, trasformando il sacrificio con una ricompensa in una visione e aspirazione  migliore del domani.
I REFERENDUM sulle modifiche alla COSTITUZIONE  sono l’occasione per rinforzare la partecipazione, dicendo NO alla svolta autoritaria che si vuole imprimere alla nostra democrazia.
  

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