Antony e il procuratore… “dal riflesso condizionato”

8 Febbraio 2016
Nessun commento


Amsicora

Mi permetta Antony, il direttore de L’Unione sarda, se la frase del Procuratore generale non fosse comparsa nel suo giornale con titolone, forse non se ne sarebbe accorto nessuno. In fondo, dei riti di signori, vecchi e stanchi, avvolti in stravaganti mantelli rossi e neri, il popolo se ne cale. Salvo che non ci sia una ragione particolare, come in quel gennaio del 2003 in cui i magistrati, con la Costituzione in mano, hanno trasformato il rito dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in giornata di lotta e protesta a difesa della loro indipendenza e della nostra libertà. Quel giorno c’erano anche tanti di noi, a dare manforte, a solidarizzare. Ma l’altro giorno no, era rito puro e semplice fra adepti, e, dunque, nessuno o quasi avrebbe sentito quelle parole e ne avrebbe parlato.
Antony (o Antoni, come diciamo in bidda?), dopo aver correttamente dato risalto a quelle parole nel suo giornale, ora dice, nell’editoriale di ieri, che è una frase uscita di sen per caso, poco meditata, e dunque è inutile accanirsi sul web. C’è ben altro su cui levare alta la voce nell’Isola dei mori, tutti i giorni! Annientamento culturale per mano dei “comporadores” della Cassa per il Mezzogiorno, petrolieri e padroni delle ferriere di fonte ai quali genuflettersi,  disoccupazione, desertificazione del territorio a seguito delle scelte sciagurate dello Stato e nostre, di politici sardi, grandi a Roma ma ciechi con l’Isola, ”italioti“, come li chiamava quell’internazionalista impenitente di Ciccitu Masala, con quegli occhietti vispi e intelligenti, una voce ed un sorriso buono, mite e forte al tempo stesso.
E ha ragione, Antoni, c’è da incavolarsi tutti i giorni e c’è da combattere ogni minuto contro le angherie e le malefatte ai danni dell’Isola. Ciò non toglie, però, che anche le parole e i gesti hanno un senso. E quella frase, “l’istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina“), non va sottovalutata proprio perché tradisce un modo di vedere o guardare gli abitanti di un’area geografica. Se poi, come dice il direttore nel suo editoriale di ieri, “è scappata per un rifesso condizionato“, la cosa si complica. Il riflesso condizionato è riferito anzitutto agli animali, è animalesco come l’istinto. E poi il riflesso condizionato (o riflesso pavloviano, dal nome dello scienziato russo Ivan Pavlov che elaborò il concetto), è la risposta, una reazione istintiva che il soggetto dà alla presentazione di uno stimolo condizionante. Quindi, se al Procuratore la frase è “scappata per riflesso condizionato” mi par di capire che l’alto magistrato ogni volta che gli si presenta lo stimolo condizionante (cioé un barbaricino) pensa all’istinto predatorio! Direttore, è meglio lasciar perdere…
L’Unione sarda nei giorni scorsi ha concesso giustamente un’altra mezza pagina per la spiegazione dell’alto magistrato, il quale poteva chiedere scusa e chiuderla lì, ma non l’ha fatto. Si è giustificato, dicendo che la frase l’ha presa dalle carte di altri alti magistrati. Ed allora delle due l’una: o gli alti magistrati sardi si tramandano di relazione in relazione una cavolata inserita chissà da chi oppure che i barbaricini abbiano un’istinto animalesco è senso comune nella alte sfere, riflesso condizionato. E non “scrimina“, come direbbero loro, neanche la limitazione - secondo quanto ha precisato l’alto magistrato - di quel riferimento solo ai delinquenti barbaricini, non a tutti i barbaricini, perché allora vien da chiedere: “Signor Procuratore, di grazia, i delinquenti che assaltano furgoni portavalori e bancomat in Ciociaria. nella Lucchesia, il Monferrato, il Salento o  nella Conca d’Oro, quest’istinto predatorio ce l’hanno o no?“. O detto in altro modo: “Se vede un ciociaro, ha lo stesso riflesso condizionato?”
E allora, civilmente, dando alla parole il senso che hanno e lasciando da parte il riflesso condizionato, perché non dire che, sopratutto nell’epoca del politicamente corretto, quelle parole non si dicono. Tantomeno nelle relazioni di organi a cui l’ordinamento e la Carta affidano il presidio delle nostre libertà e della pari dignità dei cittadini. Poi, certo, fermarsi a questo serve a poco. Qui Antoni ha ragione da vendere: ci vuole ben altro!

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento