“Fuori la guerra dall’Università”

2 Aprile 2016
Nessun commento


 Andrea Pubusa

Image result for bombardamenti fotoImage result for pacifisti foto

Che i pacifisti o antimilitaristi, da che mondo è mondo, abbiano nel loro DNA le manifestazioni clamorose è ben noto. E ne è chiara la ragione.  Nessuno dà loro spazio e voce e allora se li conquistano alzando i toni. Ma la democrazia non è solo un rito stanco di gentlemans che si confrontano con buone maniere e linguaggio forbito. E’ anche conflitto, talora aspro e duro. Ne è costellata la vita di tutte le grandi democrazie. Il filibustering (l’ostruzionismo) nasce insieme al parlamento. E non a caso deriva da filibuster, filibustiere, corsaro, avventuriero. Per indicare che si manifesta con modi non certo cortesi e spesso con la forzatura del regolamento parlamentare. Ci son tanti episodi di filibustering: l’ostruzionismo duro del 1876 in Irlanda, quando i deputati irlandesi guidati da Charles Stewart Parnell pronunciarono 3.823 discorsi in 154 giorni; quello delle sinistre (PCI-PSI) in Italia nel 1952 contro l’ingresso nella NATO.
Leggo lo slogan dei volantini contro Cao: “Fuori la guerra dall’Università“, mi sembra bello, condivisibile, per niente eversivo o irriguardoso, anzi perfettamente costituzionale. Non è l’art. 11 della Carta a dire che l’Italia ripudia la guerra? E allora, ben venga che gruppi di studenti e cittadini ripetano, con parole anche meno forti di “ripudia“, “fuori la guerra dall’Università“.  Non credo che questo dia fastidio al Rettore, che ben conosce la Costituzione e sa che l’Università è il luogo più alto in cui il patriottismo costituzionale, ossia la difesa dei nostri valori fondamentali, deve essere professato. Anche se ricordo al Rettore che ha vietato una manifestazione contro l’apartheid in Israele, quasi che la discriminazione non sia contrastata fermamente dalla Costituzione attraverso il principio di uguaglianza.
Ma si dice: gli antimilitaristi minacciano il prof. Cao e questo è inammissibile.
Leggo il volantino affisso in città e nelle facoltà del nostro Ateneo: “Cao presidente del distretto aerospaziale sardo (Dass) con il quale vorrebbe riprendere le sperimentazioni dei razzi vega e ariane, questa volta non più a Quirra bensì a Porto Torres, a finire lo scempio di inquinamento lasciato a metà dall’industria pesante”. “Vorrebbero venderci tutto sotto forma di progresso tecnologico”, si legge ancora nei manifesti, “in casi come questo non si distinguono più civile e militare. Ciò che è chiaro è l’inquinamento mortale che queste sperimentazioni producono“.
A me il ragionamento non sembra minaccioso, anzi mi pare una denuncia interessante. Nulla da eccepire nella forma, semplice dialettica democratica, decisa ma democratica. Nel merito non posso esprimermi. Considero minacciose le armi più delle parole, ma non conosco la materia, non so cos’è il DASS. Si tratta di vedere se quanto dicono i pacifisti sul DASS è vero o no. La CGIL, in un suo comunicato di solidarietà al prof. Cao, sembra opinare per il sì. Anzi pensa che il settore sia promettente sotto il profilo occupazionale e tecnologico. Ma questa è un’osservazione di merito, che non può comportare condanna di chi la pensa diversamente. Ma, attenzione!, il sindacato, sciaguratamente, talora difende, contro la prospettiva tracciata dalla Costituzione, le produzioni belliche, come le bombe prodotte a Domusnovas e inviate, via Elmas, all’Arabia Saudita per lo sganciamento immediato e le carneficine di uomini, donne e bambini nel vicino Yemen, come ci dice tragicamente la cronaca internazionale (v. foto sotto). Scusate, non sarò un gentleman, ma io qui sto senz’altro coi filibustieri, coi pacifisti. E credo di essere nella più perfetta legalità repubblicana (”L’Italia ripudia la guerra“), mentre penso che ne stiano ben fuori i produttori di bombe e armamenti e chi li sostiene, sindacato compreso. E non ditemi che sono antisindacale, perché sono iscritto alla CGIL da sempre, fin dal congresso fondativo della CGIL-Scuola. E neppure ditemi che sono senza Dio, perché il Papa ha maledetto i produttori e trafficanti di armi.
Se potessi parlare alla mia Rettora, le consiglierei, anziché annunciare segnalazioni alla procura o alla questura, di fare come si fa nei luoghi di cultura: si convoca un incontro e si dibatte il tema. La polizia per tradizione sta fuori dalle Università perché qui s’impongono le armi fini della dialettica e non la dialettica violenta delle armi. E’ probabile che il confronto sia spigoloso e che non si giunga ad un accordo. Questa è la democrazia, bellezza! O meglio questa è la bellezza della democrazia. Si convive, pur sostenendo fermamente e talora anche aspramente e clamorosamente le proprie posizioni. Ricordando però sempre che un orientamento valoriale lo abbiamo e sta in quel “L’Italia ripudia la guerra” dell’art. 11.
Un consiglio lo do anche ai pacifisti. Firmate i vostri volantini, anzitutto perché è civile e poi perché, in linea generale, siete dalla parte giusta sia dal punto di vista costituzionale che da quello etico. Il vostro manifestarvi eliminerebbe ogni alibi e costringerebbe le autorità accademiche e i media a non glissare sulle questioni sostanziali che voi ponete, toglierebbe loro l’arma della criminalizzazione delle vostre opinioni per non affrontarle nel merito.

Ecco la foto di un’esplosione provocata a Sanaa (Yemen) dalle bombe sganciate dall’Arabia Saudita. Saranno ordigni provenienti da Domusnovas? Quelli che pochi giorni prima abbiamo visto in partenza  dall’aeroporto di Elmas? E’ terribile solo pensarlo.

L’esplosione provocata da un raid aereo della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che ha colpito un deposito di armi e munizioni dell’esercito yemenita, in un quartiere abitato della periferia di Sanaa. - Khaled Abdullah, Reuters/Contrasto

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento