Referendum: appello di Anpi, Cgil e Arci per il NO

4 Dicembre 2016
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Carlo Smuraglia, Susanna Camusso e Francesca Chiavacci si rivolgono alle cittadine e ai cittadini in vista del voto referendario: “Non si tratta di una legge ordinaria ma della Costituzione. Consapevolmente e responsabilmente, votate NO”

“Alle cittadine e ai cittadini raccomandiamo un voto consapevole e responsabile. Non si tratta di una legge ordinaria ma della Costituzione, la nostra Carta fondamentale”. Inizia così il breve appello lanciato da Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi, Susanna Camusso, segretaria generale Cgil, e Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci. “Modifiche sbagliate e destinate a non funzionare - affermano - così come lo stravolgimento del sistema ideato dai Costituenti, avrebbero effetti imprevedibili e disastrosi per l’equilibrio dei poteri, per la rappresentanza, per l’esercizio della sovranità popolare, in sostanza per la stessa democrazia, che invece va rafforzata, potenziata e difesa con la piena attuazione della Costituzione repubblicana”. Di qui l’invito finale: “Consapevolmente e responsabilmente, votate NO”.

Un altro appello a votare No è stato lanciato da cento giuslavoristi (leggilo qui in pdf). ”Il nostro giudizio – affermano gli esperti di diritto del lavoro – è negativo, sia per una valutazione complessiva della riforma che si sottopone al voto e dell’assetto istituzionale che si intende porre in essere, sia per ragioni specifiche attinenti alla materia del lavoro”. Con riferimento ai temi lavoristici, “le novità introdotte, pur essendo relativamente limitate in quanto la materia rimane, come è attualmente, nella competenza pressoché esclusiva dello Stato, non sono affatto convincenti”.

I timori riguardano l’abolizione della competenza concorrente di Stato e regioni che, per quanto riguarda la tutela e sicurezza del lavoro “avrebbe l’effetto di riportare tutte le funzioni ora svolte dai Servizi per l’impiego regionali o provinciali alla gestione del ministero del Lavoro. Tale modifica comporterebbe un notevole dispendio di risorse per il trasferimento e la riorganizzazione delle funzioni che, in assenza di uno stanziamento adeguato di fondi, non ne garantisce in alcun modo un miglioramento qualitativo”.

Inoltre, “l’inserimento in Costituzione di un esplicito riferimento alle politiche attive del lavoro tra le competenze dello Stato, è solo apparentemente innovativo, in quanto la materia rientrerebbe comunque nella più ampia definizione di tutela e sicurezza del lavoro. Infine, “la riforma costituzionale nulla innova in materia di previdenza sociale, mentre il ritorno della previdenza complementare e integrativa alla competenza esclusiva statale, senz’altro condivisibile, ha un effetto praticamente nullo: di fatto, anche dopo il 2001, la materia, che con la precedente riforma del Titolo V della Costituzione è stata discutibilmente attribuita alla competenza concorrente di Stato e Regioni, ha continuato ad essere regolata esclusivamente con leggi dello Stato”.

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