Le contorsioni di Franciscu Sedda indipendentista-alleato di Pigliaru, il più genuflesso dei governatori che la Sardegna ricordi dal tempo dei romani

14 Dicembre 2016
2 Commenti


 Gianfranco Sabattini

(Pigliaru secondo Franziscu fa ripartire l’istanza indipendentiata dei sardi)

Dopo aver letto uno degli ultimi contributi degli indipendentisti della Sardegna, quello di Franciscu Sedda (“Manuale d’indipendenza nazionale. Dall’identificazione all’autodeterminazione”), provo a dire la “mia” sul problema dell’indipendentismo, nel rispetto profondo dell’impegno di quanti perseguono il fine dell’indipendenza della nazione sarda.
L’incipit del libro di Sedda afferma a chiare lettere che la coscienza dei sardi di essere nazione, “sopravvissuta a invasioni e violenze, fortificata nell’incontro e nel confronto con la diversità, rinnovata dall’innesto e dalla mistura di storie, lingue e culture, resa unica dalla capacità […] di creare nuove sintesi di sardesca umanità, si è oggi sbiadita fin quasi a sparire. L’hanno affossata le silenziose ma profonde politiche di assimilazione e omologazione messe in atto dallo Stato italiano. Ma ancor più profondamente l’hanno affossata delusioni e umiliazioni auto-imposte, causate da classi dirigenti prive d’amore per i sardi e la Sardegna, che hanno favorito o aperto la via ai colpi bassi inferti dallo Stato […]. Insomma , la nostra coscienza nazionale, l’hanno affossata, l’abbiamo affossata”.
Sedda, oltre ad essere “Segretario Nazionale del Partito dei Sardi”, è docente di semiotica; nonostante la sua professione di interprete dei segni del corpo umano, ai fini della formulazione di diagnosi utili a scopo diagnostico e terapeutico, non sembra particolarmente sensibile nell’interpretare i segni del “corpo della storia” della Sardegna, tanto meno di quelli del “corpo complessivo dei sardi contemporanei” che governano l’Isola. La riprova di ciò viene offerta dallo stesso Sedda, quando afferma, papale papale, esprimendosi al “plurale maiestatis”, quasi per rivestire un ruolo istituzionale, di aver sottratto l’idea “d’indipendenza alla confusione e al discredito”, con ciò “facendo diventare l’idea di sovranità dei sardi […] uno degli assi portanti della proposta di governo che ha portato Francesco Pigliaru a divenire Presidente della Sardegna. Lo abbiamo fatto – continua Sedda – e lo facciamo sostenendo nel lavoro di presidente dei sardi una persona buona, una persona che non è in politica per portare avanti interessi personali ma per spirito di servizio”. L’esaltazione della presidenza Pigliaru, a parere del Segretario Nazionale del Partito dei Sardi, sarebbe dovuta all’impegno assunto dall’attuale Giunta regionale di apportare un grande cambiamento nelle modalità di cura degli interessi dei sardi, da cui far ripartire l’istanza indipendentista.
Che Pigliaru sia, in astratto, un uomo buono è del tutto ininfluente rispetto al movimento indipendentista; meno buono dovrebbe essere valutato, dal semeiotico Sedda, il lavoro politico del Presidente Pigliaru, se solo considerasse, dal punto di vista del suo movimento, gli ultimi “segni” che il Presidente della Giunta regionale ha avuto modo di “lanciare” nei confronti di tutti i sardi, mostrandosi prono alle posizioni di chi, a capo del governo nazionale, sperava di vedere approvata una riforma della Costituzione che prevedeva la limitazione di quel poco di autonomia decisionale della quale la Sardegna ha sinora goduto.
Per aspirare a realizzare l’indipendenza dell’Isola dallo Stato del quale è ora parte integrante, occorrerebbe che tutti i sardi disponessero di un “comune sentire” culturale, sociale e politico, che invece nella storia dell’Isola, e più che mai ora, è sempre mancato; con riferimento all’intera Sardegna, infatti, è stato osservato in tempi non sospetti, all’inizio dell’intervento straordinario, come non sia possibile rinvenire un “filo conduttore uniforme intorno al quale si sia strutturato un mondo organico di consuetudini operanti” (P. Crespi, “Analisi sociologica e sottosviluppo economico. Introduzione a uno studio d’ambiente in Sardegna”). Ciò deve indurre a riconoscere, come più rispondente al vero, che in Sardegna sono sempre esistite, a livello di gruppi sociali locali, tradizioni varie e differenziate.
La costante assiologica cui si è appellata l’articolata e disunita società sarda è stata individuata da uno degli studiosi contemporanei più accreditati della realtà politica, sociale ed economica della Sardegna, Giovanni Lilliu, nella costante resistenziale, che sarebbe consistita nello sforzo compiuto nel tempo dalla società isolana per “evitare la cattura e l’integrazione. Cattura di valori, di lingua, di costume, di anima, di cultura; integrazione in pseudo-civiltà, prive di autentici valori umani, sirene eccitanti e ammaliatrici”, che hanno sempre nascosto la cattura di profitti, speculazioni e monopoli di strutture egemoniche (G. Lilliu, “La costante resistenziale”). La resistenza, nella fase a noi contemporanea, sarebbe dovuta consistere “nella forza morale e culturale di reagire alla violenza capitalistica esterna, ai ‘ladri del mare’” che, conquistando ai loro interessi le coste, hanno compresso il popolo sardo in una riserva dalla quale “accennava ad uscire”. La costante resistenziale avrebbe costituito, secondo Lilliu, il “nodo storico” dell’Isola, dal quale sarebbero nate le due culture che ancora oggi agiterebbero la nazione sarda: quella dei “resistenti” e quella dei “colonialisti”.
Alla luce di queste riflessioni, molto sommariamente sintetizzate, in conclusione, si può concordare con Sedda nel riconoscere che liberare la Sardegna dal “cul de sac” dove sembra essersi infilata è un problema di volontà; pone la questione di far valere l’autonoma capacità decisionale dei sardi a progettare la realizzazione del proprio futuro. Ciò però comporta che Sedda e tutti coloro che la pensano come lui cessino di sostenere un Presidente della Giunta regionale ridotto a “foglia di fico” di una maggioranza politica che ha legittimato e sostenuto l’azione di un governo nazionale che ha teso a conservare la Sardegna in una posizione di subalternità, gratificandola con lusinghe che avevano un sapore unicamente elettorale.

2 commenti

  • 1 Oggi mercoledì 14 dicembre 2016 | Aladin Pensiero
    14 Dicembre 2016 - 08:36

    […] Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi. […]

  • 2 Alberto
    15 Dicembre 2016 - 20:09

    Pigliaru il più genuflesso? cioè Capellacci lo era di meno? Nientemeno??
    E comunque sig. Sabattini, a parte un Presidente Indipendentista, che ancora non sarebbe votato dalla maggioranza dei sardi, qualsiasi altro presidente legato a partiti italilani, che ahimè sono sempre quelli piu votati dai sardi, legittimeranno e sosterranno l’azione di un governo nazionale (e qui lo dice lei, io invece lo chiamerei straniero, perchè per me qualsiasi cosa di nazionale è sempre e solo la Sardegna) e tenderà sempre a conservare la Sardegna in un posizione di subalternità. Insomma fintanto che i sardi non daranno fiducia a un movimento indipendista e lo voteranno, saremo sempre in questa situazione, dove gli indipendentisti al governo, e il PdS lo è stato per primo, cercheranno di guadagnarsi questa fiducia, ma da dentro, lavorando bene per i sardi, chiunque sia il presidente.

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