Il folle sistema locale regionale si sfalda. Qualche idea per riformarlo

20 Luglio 2017
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Andrea Pubusa

(la folle circoscrizione della prov. Sud Sadegna con capoluogo Carbonia…ma sede a Cagliari!)

Non passa giorno che su L’Unione non compaia la richiesta, la protesta o il voto di un comune della Provincia Sud Sardegna che vuole andar via, chi a Cagliari chi a Nuoro.
Ha iniziato Villasimius: “è un tutt’uno con l’area metropolitana di Cagliari, come o più di Pula e Villa San Pietro. Per questo la Regione ci deve inserire subito all’interno del nuovo ente». Così il Consiglio comunale in una delibera si qualche mese fa.
Seulo fa di più. Con oltre il 90 per cento di consensi il paese della Barbagia sceglie di  ritornare in provincia di Nuoro. Un “No” inequivocabile alla provincia del Sud Sardegna. E sapete quanti hanno votato per il sud Sardegna? Solo 9. I votanti totali sono stati 415. A favore della provincia di Nuoro si sono espressi in 397, 2 le schede bianche e 7 le nulle.
E a Burcei? Tutti vogliono la Città metropolitana. Ma come arrivarci? Col referendum consultivo, naturalmente. Pensate! Lo ha consigliato, in un incontro dello scorso anno a Burcei, addirittura l’assessore agli Enti locali Cristiano Erriu in persona! Nell’occasione anche l’assessore regionale, padre di contanta pazzesca “riforma”, aveva ammesso l’assurdità dell’inserimento di Burcei nella Provincia del Sud.
Di sicuro a Burcei nessuno è favorevole al mantenimento del paese nella nuova Provincia del Sud con sede a Carbonia. Tutti appassionatamente (e ragionevolmente) per Cagliari.
Ci vuole altro per indurre Erriu, Pigliaru & C. a rientervenire sulle province? Del resto il referendum costituzionale del 4 dicembre ha sonoramente battuto la proposta di modifica della Costituzione che conteneva l’abolizione delle province. E allora? Bisogna mantenerle e rivitalizzarle. Ora sono rette da podestà, nominati dalla Giunta, la Carta costituzionale ne prevede l’elettività diretta, parola dei più eminenti costituzionalisti di oggi e di ieri. Lo Statuto sardo, che è un pezzo della nostra Costituzione, non prevede la provincia del Sud Sardegna, ma la provincia di Cagliari, che ha dei confini storici, corretti dalla istituzione, con legge statale, della provincia di Oristano.
Come mettere fine alla follia attuale, denunciata dai malumori espressi in delibere, consultazioni popolari e proteste da moltissimi comuni? Tornando subito alla legalità, con la riattivazione delle province storiche: Cagliari, Oristano, Nuoro e Sassari e nel prevedere la elezione diretta dei consigli. Poi si potranno studiare forme di decentramento, ripensando alle unioni di comuni come organismi di decentramento provinciale, sul modello dei circondari, originariamente previsti dalla Costituzione.
Insomma, c’è molto caos sotto il cielo di Sardegna, e c’è tanto da fare per reintrodurre l’idea di sovranità popolare dei sardi: dalla legge elettorale senza premi o insuperabili sbarramenti, alla riforma delle province come enti rappresentativi dei territori. Non è solo una questione di riordino delle istituzioni locali, ma è anche una necessità economica. Gli studiosi dello sviluppo locale (v. recentemente il volume “Le città e i territori“, curato da Gianfranco Sabattini per l’Istituto Gramsci di Cagliari), per uscire dalla crisi e, specificamente, dalla crisi dell’industria, pongono al centro la bio-area urbana, un sistema territoriale complesso, caratterizzato dalla presenza di una pluralità di centri residenziali, di servizi e di produzione materiale, interrelati fra loro. La bio-area ha una rilevanza istituzionale, oltre che economica, perché costituisce il riferimento dell’organismo sovracomunale capace di “attivare sistemi produttivi a base locale fondati principalmente sulla valorizzazione delle risorse patrimoniali, durevoli (beni comuni ambientali, territoriali, paesaggistici, socio-culturali) e promuovono politiche ambientali finalizzate al governo dei cicli delle acque, dei rifiuti e dell’energia”. In una visione integrata rileva poi l’ambito più ampio, provinciale, mentre alla bioarea regionale è demandata la pianificazione su scala isolana.
Come si vede, c’è molto da approfondire e da fare. Su questo dovrebbe incentrarsi il rituale dibattito regionale, anche nell’area alternativa, che vive di appelli tanto magniloquenti, quanto vani.

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