Di Maio? Una scelta accettabile

26 Settembre 2017
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Andrea Pubusa

Non so cosa ne pensate voi, ma a me la procedura di scelta dei pentastellati di Di Maio mi è parsa accettabile. Uso questo aggettivo volutamente, perché pretendere la perfezione o la completa condivisione è pressocché impossibile. Molti lamentano l’unicità del candidato. E’ vero che la pluralità dei nomi rende la votazione più democratica per la facoltà di scelta che spetta agli aventi diritto al voto, ma l’unicità della candidatura  può essere anche il risultato di una lunga azione di preparazione e legittimazione. In questo caso non si tratta di un imposizione o di una forzatura, ma di una maturazione nel gruppo sirigente e nel corpo del partito o movimento che dir si voglia. Così, per esempio, avvenne nel Partito comunista per Berlinguer, assurto alla segreteria generale dopo anni di vicesegreteria e di direzione. Così si è fatto con  Di Maio. Il M5S ha preparato la sua candidatura con iniziative preordinate allo scopo: incontro con settori economici e autorità europee, elezione alla vice presidenza della Camera e simili. E Di Maio si è accreditato con saggezza e accortezza, dando prova di saper essere misurato, fermo e affidabile.
I critici avrebbero preferito la gazzarra per poi stigmatizzarla. Ora mettono i  risalto la fredddezza dell’incoronazione.. Enfatizzano le critiche di Fico, presentandole come una presa di distanza. Ma così non è. Fico, con garbo e con chiarezza, ha detto che la carica di segretario del partito e presidente del Consiglio vanno distinte. Personalmente sono d’accordo, anche se osservo che Di Maio non è ancora presidente del Consiglio. La questione si porrà solo ove questa evenienza si concretizzi.
Molte delle critiche, oltre che dal PD, vengono da sostenitori della costellazione che sta a sinistra di Renzi. E tuttavia - a ben vedere - quest’area ha ben poco da criticare, posto che, ad ogni giro di boa, si scinde in almeno tre tronconi, con nuove sigle, nuovi segretari e nuove direzioni nazionali e locali. Alla scomparsa del PCI nacque Rifondazione e subito dopo il PCd’I, poi è nata SEL in luogo di Rifondazione, ma poi sono venuti Possibile, Campo progressista, Art. 1, Sinistra Italiana ed esiste perfino di nuovo il PCI. Forse stò dimenticando qualche formazione e me ne scuso. Ma come si può pensare che il popolo di sinistra non senta il fascino di una scelta, quella di Di Maio, che è avvenuta con la contestuale compostezza non solo di Fico, ma anche di Di Battista, che forse è il più amato dalla base dopo Beppe. E quest’ultimo, descritto come il padrone, il despota, il tiranno, ha lavorato a formare un gruppo dirigente di trentenni, ed ora che pare esserci riuscito lo annuncia con orgoglio e sta dietro le quinte: non chiede e non vuole cariche. Un unicum in Italia e non solo!
Ecco qui sta il punto. Chi vuole una svolta rispetto al PD e alle destre non trova una alternativa credibile nella frammentata costellazione della sinistra, la trova nel M5S. E vero si lamenta il casinismo dei pentastellati, che, però, ad onor del vero, solitamente è meno velenoso e scomposto di quello degli altri partiti. Si comprende così come il M5S cresca nei consensi anche presso chi preferirebbe votare una forza di sinistra più legata alla storia di questa area. Anche se, a ben vedere, il legame con questa nobile tradizione lo hanno spezzato tutti o quasi. Da questo punto di vista, di tante altre è più vicina a questa storia la modalità di scelta di Di Maio, preparata con pazienza e cura negli anni, e presentata senza alternative per il responsabile passo indietro degli altri possibili aspiranti.
Infine, ma non per importanza, il M5S ha difeso la Costituzione in aula e nel Paese dall’attacco del PD. E’ stata una componente decisiva della vittoria del 4 dicembre. I pentastellati sono da questo punto di vista una forza affidabile, mentre non lo è altrettanto il partito di Renzi, che è quantomeno un partito a-costituzionale.

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