Ricominciare da sinistra

22 Febbraio 2009
3 Commenti


Andrea Raggio

I commenti della stampa nazionale alle elezioni sarde non aiutano a individuare le cause della pesante sconfitta di Soru e del centrosinistra. Capisco che dopo avere informato poco e male sulla realtà dell’isola e sulle vicende della legislatura trascorsa, importanti giornali - a partire dall’Unità, fondato da Antonio Gramsci e, ahimè, comprato da Renato Soru - siano rimasti frastornati. “Silvio il gladiatore” è davvero invincibile? Niente affatto, Berlusconi ha vinto grazie al governatore che ha costruito ostinatamente la propria sconfitta facendo attorno a se terra bruciata. Soru ha fatto un gran regalo al cavaliere il quale l’ha ripagato consentendogli, col massiccio e sfrontato intervento in campagna elettorale, di mitigare la sua sconfitta personale rispetto a quella della coalizione. Il candidato presidente è stato intrappolato dal suo partito? No, il partito si è fatto intrappolare da Soru. Il candidato governatore è rimasto vittima della vendetta degli oligarchi del PD? Non mi pare, i maggiori esponenti del PD sardo si siano rifugiati nell’ombra soltanto per sottrarsi alle loro le responsabilità: è grave, ma è cosa diversa. I sardi hanno perso il senso della loro dignità, sono immaturi per un riformismo moderno? Non è vero, poco dignitoso è stato il comportamento di chi ha scambiato la sardità per sarditudine e ha costretto molti elettori delusi a rifugiarsi nell’astensionismo politico, nella scheda bianca o annullata e nel voto disgiunto; il cosiddetto riformismo moderno, inoltre, è stato giustamente condannato per l’elementare considerazione, comprovata dall’esperienza, che non esiste riformismo senza democrazia. Soru, è comunque, una risorsa? Ci si riferisce non all’uomo ma al sorismo? Se è così, smettiamola di indicare ad esempio le esperienze peggiori. Insomma, in molti giudizi letti e sentiti io vedo poca verità e molta superficialità.
La verità è che Soru e il centrosinistra sono inciampati nella democrazia e perciò sono caduti rovinosamente. Potevano evitare la caduta assumendo almeno l’impegno di mitigare il presidenzialismo autoritario mediante il superamento della clausola della dissolvenza, nella prospettiva di una Giunta forte e di un Consiglio forte. Se questa proposta, ripetutamente avanzata da sinistra con realismo politico e volontà costruttiva ma lasciata cadere con irresponsabile superbia, fosse stata accolta, sarebbe mutato radicalmente l’andamento della campagna elettorale e il suo esito. I risultati della competizione dicono, infatti, che la differenza tra i due candidati è di circa 80.000 voti. Se proviamo a fare il conto dei voti accantonati consapevolmente - gran parte dell’incremento dell’astensionismo (3,6%, circa 50.000 voti), del voto disgiunto e di quello in bianco e annullato (oltre 24.000) - non andiamo lontano da questa cifra. Recuperando questi voti sarebbe stata vittoria certa? Di sicuro non ci sarebbe stato il crollo, Berlusconi avrebbe avuto poco da gongolare e ben diversa sarebbe stata l’incidenza del voto sardo sul quadro nazionale. A una conclusione analoga si giunge ragionando sui voti del PD: la differenza rispetto al 2004 è di circa 80.000 voti, gli stessi mancati al centrosinistra. Voti, ripeto, accantonati con l’intento di rivolgere una severa critica e una forte sollecitazione a cambiare rotta.
E’ la prima volta che il fenomeno del voto accantonato assume queste dimensioni ed è qui l’anomalia di queste elezioni. Gli elettori di centrosinistra sono stati costretti a scegliere tra diverse alternative, quella tra Soru e Berlusconi e quella tra democrazia e autoritarismo. Scelta non facile, travagliata. Rimango dell’opinione che la scelta della democrazia debba sempre prevalere. Tra l’essere sinistra democratica e l’essere democratici di sinistra la differenza, infatti, non è di poco conto. Concerne una questione di principio, e sui principi non si deve mai transigere.
Allora, tutta colpa di Soru? Non è così, il centrosinistra ha una responsabilità non minore. Innanzi tutto per aver difeso a spada tratta il presidenzialismo regionale, anche quando erano evidenti i danni provocati non solo in Sardegna ma nell’intero Mezzogiorno; per avere, inoltre, sostenuto, persino con servilismo, la gestione iper-presidenzialista della Regione; per avere, infine, lasciato interamente nelle mani del governatore la guida della politica regionale. Riteneva di poter strumentalizzare Soru, ma ha fatto la fine dell’apprendista stregone. Veltroni ha pagato anche per la vicenda sarda, e non è giusto. Non dovrebbe essere il solo a fare autocritica, a livello nazionale e regionale. Ed è bene che la riflessione sul risultato sardo non venga ancora una volta frettolosamente archiviata, non per piangere sul latte versato ma per evitare di versarne ancora.
Ora bisogna ricominciare a tessere la tela della buona politica, tenendo ben stretto il filo di sinistra. Con umiltà, d’accordo, ma anche con ferma determinazione e con la consapevolezza che gli spazi non sono del tutto chiusi. La sinistra dei partiti, è vero, di fatto non esiste più ma quella delle persone è potenzialmente una grande forza, e il centrodestra vincitore ha la forza dei numeri ma è politicamente debole. L’orizzonte, a mio parere, deve essere quello di un nuovo centrosinistra, nuovo nel senso che la sinistra ne sia il motore. Avendo sempre presente che la sinistra, specie in Sardegna, non deve essere monopolio di nessuno ma non può neppure essere amputata della sua componente maggiore. C’è la cultura e la tradizione della sinistra comunista e socialista, c’è la sinistra cattolica che non ha mai avuto titubanza a definirsi tale, e c’è una sinistra animata da altre culture democratiche progressiste, compresa quella sardista. Senza la sinistra, tutta la sinistra, il centrosinistra non è concepibile. Qui sta l’errore del PD, il quale ha messo al bando la parola stessa e si è privato dell’idealità e della forza di una grande cultura e di una grande tradizione.
Se guardiamo all’Europa non possiamo non riconoscere che i partiti socialdemocratici europei sono in realtà formazioni di centrosinistra, aperte alla partecipazione di tutte le componenti progressiste, dalle moderate alle radicali, le quali nonostante le differenze si riconoscono in comuni ideali, principi e valori; formazioni che alzano con orgoglio la bandiera della sinistra come simbolo delle grandi battaglie culturali politiche e sociali che hanno dato vita alla democrazia occidentale e allo Stato sociale e come impegno verso nuovi traguardi di civiltà e di giustizia. D’accordo, i tempi sono cambiati e bisogna rinnovare idee, programmi e classe politica. Ma attenzione a non recidere queste radici.
La mia opinione è che dobbiamo cominciare col dare forza politica alla sinistra delle persone, uomini e donne di orientamento progressista che stanno dentro i partiti e fuori di essi e che hanno accantonato il voto perché vogliono poter contare. Sui modi e gli strumenti bisogna discutere, arrivando però rapidamente a qualche conclusione. Io penso, ad esempio, che si potrebbe intanto dar vita a un “forum della sinistra”, strumento flessibile d’incontro, di dibattito e d’iniziativa. Non un altro partito, sia ben chiaro, ma una sede di cultura e di azione politica aperta alla partecipazione senza vincoli di adesione.
Bisogna stringere i tempi perché la crisi produce danni sempre più pesanti, occorre rimettere l’Autonomia sui binari della democrazia e ed è alle porte un’altra importante scadenza, quella delle elezioni europee. Che cosa farà Soru? Questo interrogativo non mi appassiona. Ho invece molta fiducia nei cittadini progressisti.

3 commenti

  • 1 a. gregorini
    22 Febbraio 2009 - 16:10

    Penso anch’io che sia necessario riprendere da qui, dalle persone che intendono continuare a fare politica senza adesioni incondizionate a persone e/o gruppi, coltivando il dubbio e verificandolo attraverso lo studio e la condivisione delle tesi.
    Può darsi che il nome a chi proviene da tradizioni centriste non piaccia, è ovvio. Iniziamo con l’incontrarci, redigere un piano per progetti e obiettivi, creare gruppi di lavoro che possano avere una loro libertà di azione e di parola verso l’esterno, naturalmente in coerenza con le indicazioni e i requisiti posti. Partendo da un ambito locale e dalla qualità del vivere, quindi dell’ambiente e della politica.

  • 2 Serenella
    22 Febbraio 2009 - 17:15

    Sono d’accordo, più volte in silenzio leggo ciò che scrive e più volte ho pensato di porgerLe i miei complimenti, oggi lo faccio e spero che venga pubblicato. Il “gioiello prezioso” per me si potrebbe costruire così: idee socialdemocratiche incastonate in un moderno riformismo progressista il tutto incorniciato da una “autonomia spinta” che contenga il federalismo fiscale solidale; forse bisognerebbe fermarsi un attimo a riflettere mettendo da parte i protagonismi personali.Saluti.

  • 3 M.P.
    23 Febbraio 2009 - 00:48

    Per ricostruire bisogna quantomeno prendere atto della condizione di partenza. Poichè Soru intende guidare la riscossa, è bene conoscere l’analisi del voto che LUI fa per Voce di Melis. Facendo autocritica si elencano le seguenti CAUSE della disfatta:
    1. LA STORIA, che ha voluto dare una delle sue lezioni;
    2. Un’ OFFENSIVA AVVERSARIA massiccia, pervicace, efficace;
    3. BERLUSCONI che ha scelto un Nessuno per poi rubargli la scena;
    4. BERLU. in prima persona col suo indubbio carisma ;
    5. BERLU. la cui onda lunga è ancora possente;
    6. La potenza di BERLU. e le sue ottime probabilità di riuscita;
    7. Un PD NAZIONALE che stenta a trovare collocazione e linea unitaria;
    8. IL COMMISSARIO PD, che non ha dato a Partito e liste un po’ di belletto.
    9. L’inerzia del SEGRETARIO PD eletto alle primarie;
    10. I CANDIDATI PD in lizza contro gli altri a Sassari e provincia; e in Sardegna;
    11. OGNI GIOCATORE PD che vigilava perché nessuno segnasse;
    12. Il VOTO DISGIUNTO contro Soru (e i 5 punti in più?);
    13. I SARDI non al riparo (con l’orgoglio) dall’onda di B.;
    14. I 18.000 VOTI NULLI tutti contro Soru;
    15. Gli ASTENUTI che sono rimasti a casa (tutti di Soru);
    16. La CRISI economico-finanziaria (e ti pareva!) che suggerisce paure e ritirate in su connottu;
    17. Il RIFORMISMO “ATTIVO” che risulta frequentemente perdente;
    18. Il RIFORMISMO MODERNO di Renato Soru, che è di stoffa buona, eccellente: ma da verificare all’usaggio, nei tempi lunghi (è già qualcosa).

    Fin qui l’AUTOCRITICA.

    La FASE PROPOSITIVA ? Ritornare alla vecchia buona politica di una volta, tra la gente, paese per paese, casa per casa. Con testardaggine.
    Non sarà meglio che Soru stia a casa?

    http://www.altravoce.net/2009/02/17/autocritiche.html

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