“Forum della sinistra”? Perché no?

23 Febbraio 2009
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Andrea Pubusa

Di una cosa dobbiamo convincerci tutti a sinistra, e cioè che bisogna lasciarci alle spalle il sorismo, sepolto da una valanga di no (tanti quanti Soru ne ebbe al referendum sulla Statutaria) e riprendere l’impegno organizzato. Ed allora che fare? D’accordo con Raggio: non certo un ennesimo partito né una sigla in vista delle elezioni, ma un qualcosa insieme di più modesto e di più ambizioso. Una concentrazione democratica che rimetta in campo energie, temi e idee della sinistra. Un Forum della sinistra (come propone Raggio) e/o  d’iniziativa democratica (ma senza guerra di nomi!)  che raccolga quanti, senza o con partito, vogliano combattere questa destra dilagante e pericolosa. Un collettivo aperto e non gerarchizzato che ponga la democrazia al centro della propria azione, perché la difesa e la riappropriazione degli spazi democratici è il presupposto per la ripresa delle lotte e per invertire la drammatica situazione sociale, a partire dalla occupazione e dai diritti di lavoratori e di cittadinanza. D’altronde, a ben vedere, è sulla questione democratica che è caduto Soru. E dunque dall’iniziativa democratica occorre ripartire.
Ma quale può essere la nostra carta d’intenti? Se puntiamo a salvaguardare ciascuno puntigliosamente le nostre storie e le singole identità faremo un bel flop. La vicenda del ‘900 è così travagliata, ricca di rotture e divisioni che guardare le cose dallo specchietto retrovisore non ci farà fare molti passi in avanti. Eppure il socialismo ed il comunismo italiano non sono solo un cumulo di errori, come di tutto rispetto è la tradizione liberalsocialista. Il risultato incontestabilmente più positivo e più grande in Italia di questi filoni (insieme a quello cattolico-popolare) è la Costituzione repubblicana, non a caso nata dal quell’ineguagliato movimento unitario che è stata la Resistenza. Ed allora perché non assumere a base della nostra iniziativa unitaria a sinistra le idee forza della nostra Carta fondamentale? Leggiamola con gli occhi dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti di quella mirabile e appassionata stagione e aggiorniamola con quanto di meglio e di nuovo (movimento femminista, ambientalismo) ha prodotto la cultura della sinistra in questi 60 anni. Può sembrare minimalista. Ma lo è davvero? Prese sul serio le idee-forza della Carta ci aprono un orizzonte del tutto nuovo anche sul piano organizzativo, perché se c’è un connotato che i partiti, anche quelli di sinistra, non hanno avuto in passato è il carattere democratico. Oggi sono agglomerati di un notabilato politico che pensa a perpetuare se stesso nelle istituzioni e nei centri di potere, senza alcuna missione generale. Studiare e praticare con rigore la democrazia è un fatto del tutto rivoluzionario. Come lo è riproporre a fondamento dell’iniziativa politica il lavoro, assumendo così a sua idea-forza l’elemento di critica e antitesi più radicale e irriducibile al capitalismo. Non è un caso che la deriva attuale (ad esempio del PD) sia riconducibile all’assunzione del lavoro come uno dei tanti punti di riferimento, ma non come quello principale e assorbente.
Che dire poi del principio di eguaglianza che nel testo costituzionale imprime un movimento perenne alle forze che lo prendono seriamente a riferimento, ponendo al centro della loro azione una dialettica permanente fra i risultati acquisiti e quelli da raggiungere. Moto permanente e perenne contro le tragiche tendenze di adagiarsi sulle posizioni di potere o di governo raggiunte. Ed ancora dialettica che coinvolge tutti i soggetti istituzionali e politici, ma innanzitutto – come si legge nell’art. 3 della Costituzione – si fonda sulla partecipazione dei lavoratori, che così cessano di essere i destinatari delle conquiste delle forze progressiste per esserne loro stessi i protagonisti. In fondo, sta in questa tensione permanente verso l’eguaglianza l’essenza del socialismo, e su questa idea tutti possiamo convergere. Diviene così anche del tutto normale e non più oggetto di discussione che la nuova missione della sinistra sia la parità di genere, scegliendo – per non sbagliare –, in ogni occasione in cui si debba farlo, prima le donne e poi gli uomini.
Tutto questo dev’essere attraversato dal pacifismo, dall’ambientalismo e dalla nuova frontiera dei diritti, campo di ricerca e di lotta che è forse il tratto più caratterizzante e ricorrente delle forze della sinistra almeno in Italia e che arricchisce il bagaglio originario del movimento operaio e socialista.
Poi nello specifico sardo occorre riprendere la battaglia per l’autonomia, intesa come qualità dell’interso sistema delle autonomie locali, a partire dai comuni. Qui i guasti sono pesanti. Non c’è solo l’azione accentratrice esasperata di Soru, ci sono quasi vent’anni di azione metodica e folle di smantellamento delle assemblee locali in nome di un presidenzialismo tanto inefficace quanto più allontana la partecipazione dei cittadini. Non è un caso che le condizioni di vita delle masse sono andate peggiorando, perdendo sicurezza nella prospettiva, quanto più le decisioni sono passate in cerchie ristrette. Diciamolo senza infingimenti, il presidenzialismo dai comuni alla regione è la forma di governo del neoliberismo, che vede nella partecipazione un intralcio ai disegni e alle politiche padronali. Ecco perché occorre riprendere, con pazienza e perseveranza, tutta la problematica partecipativa e iniziare a farne oggetto di pratica istituzionale a partire dai comuni. Riprendiamo insomma a pensare come uomini democratici e di sinistra dopo anni di politiche di destra, avanzate da uomini e forze nominalmente collocati a di sinistra o nel centrosinistra. Perché a far così si ottiene il bel risultato che la gente sceglie il marchio originale, cioè la destra, com‘è accaduto in Sardegna il 15 e il 16 scorsi.
Ecco, qui, in una lettura di sinistra delle idee forze della nostra Carta fondamentale e dello Statuto speciale sta la matrice comune di tutte le forze democratiche e della sinistra ed è su di essa che in positivo possiamo trovare il programma comune per unire le persone di sinistra, assumendo tutti una nuova e più ricca identità. Su queste basi formiamo un Forum d’iniziativa democratica (o,  se si preferisce, Forum della sinistra, come propone Raggio). Poi per fortuna non avremo tutti le stesse idee né le stesse propensioni per cui questo nuovo organismo di azione dal basso sarà vivo perché attraversato da tutte le tensioni pratiche e ideali che si agitano nella società. E qui il carattere democratico e aperto del nuovo organismo deve riuscire a far sì che questa dialettica si svolga nel rispetto e nell’arricchimento reciproco anziché in laceranti e mortificanti divisioni.
E’ inutile dire che per un’iniziativa dal basso siffatta occorre darsi una pratica e delle regole minime che impediscono la formazione di mandarini, promuovendo soprattutto il protagonismo dei giovani. La politica come funzione, la circolazione delle idee e l’acquisizione di energie fresche e dinamiche dev‘essere al centro del nostro impegno. Riprendiamo, dunque, con umiltà la nostra iniziativa dal basso puntando sulla democrazia. E’ difficile, ma dobbiamo provarci. Di fronte all’attacco della destra è oggi nostro ineludibile dovere.

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