Elezioni: quale prospettiva in Sardegna? Parliamone

7 Marzo 2018
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Andrea Pubusa

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Oggi il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria ha indetto, per le 17,30  all’Hostel Marina - Scalette S.Sepolcro, un confronto sul voto e sulla prospettiva in vista delle elezioni regionali dell’anno prossimo. Una discussione aperta a cui abbiamo invitato  forze e movimenti politici e tutti gli uomini di buona voltà della nostra città.
Ma il Comitato vuol cambiar pelle? Vuole intromettersi nella politica partitica? Neanche per sogno! Sarebbe la sua morte. Manteniamo ferma la nostra originaria ispirazione. Ci battiamo per l’attuazione della Costituzione e dello Statuto e ci muoviamo solo su quel terreno. Volendo far propria una distinzione ben nota ai costituzionalisti, noi ci riteniamo portatori dell’indirizzo politico costituzionale, non di quello di maggioranza. Tradotto in termini più elementari, il Comitato si muove sul piano dei principi costituzionali, sia di quelli espressi che di quelli impliciti e di correttezza. Riflettiamo e lavoriamo sugli obiettivi costituzionali e statutari, prendiamo iniziative su questi, mentre non entriamo sull’attività dei singoli partiti, verso i quali tracciamo solo una linea fra quelli difensori e attuatori della Carta e quelli anticostituzionali o a-costituzionali. Coi primi dialoghiamo, coi secondi no.
Con questo spirito salutiamo con favore la vittoria di una forza, il M5S, che ha difeso la Costituzione e predica e pratica in modo encomiabile la moralità pubblica e lo sviluppo del Paese a partire dai ceti in sofferenza. Questa ispirazione è stata compresa ed apprezzata dal corpo elettorale. Avremmo voluto un miglior risultato per LeU e per Potere al Popolo e per Autodeterminatzione, che hanno combattuto con noi nel referendum costituzionale e avanzano proposte di sviluppo democratico del Paese e della nostra Isola. Ora, a elezioni finite, auspichiamo che il PD riveda le proprie posizioni antiunitarie e a-costituzionali. Speriamo che questo partito, cambi segretario, e riprenda un percorso di responabilità democratica, abbandonato in questi anni.
E che fare in Sardegna?  E’ evidente il deficit democratico nelle leggi e nell’amministrazione. C’è un problema di sovranità popolare sul versante interno. C’è molto da fare. Anzitutto, approvare una nuova legge elettorale tendenzialmente proporzionale per dare una seria rappresentanza alle forze politiche significative, senza preclusioni, iperpremi e trucchi. C’è da metter mano al governo locale, scassato dalle leggi degli ultimi decenni. Come? Rilanciando il ruolo e il carattere democratico dei Comuni e rimettendo in piedi con serietà le province come enti rappresentativi di livello intermedio fra Regione e Comuni. Bisogna ripensare la Regione e delegare poteri al livello locale, togliendo funzioni e personale alla Regione, ormai divenuta una macchina abnorme, peggiore e più arcigna dello Stato.
C’è, nella società sarda, una forte spinta ad un nuovo rapporto con lo Stato, comprovata anche dal successo di firme per l’insularità. Ma qui bisogna dire una parola chiara. Si fa ciò che è fattibile secondo Costituzione, Statuto e legge. Niente propaganda! Di fronte ai patti fra regioni del Nord e governo quali strumenti abbiamo nelle nostre leggi? Noi possiamo rilanciare il discorso dell’art. 13 Statuto, che prevede un piano organico di sviluppo, da elaborare e attuare col concorso dello Stato. Un vero patto per lo sviluppo. E siccome è organico, lì possiamo metterci tutto ciò che ci serve oggi. Questo è programma minimo. E il programma massimo? Quali le finalità di più lungo periodo? Il rinsecchimento dell’autonomia è certamente il risultato di classi politiche indeguate, ma è anche dovuto a debolezze e limiti statutari. Una rivisitazione dello Statuto in chiave federalista è possibile e doverosa. Non partiamo da zero, possiamo riprendere l’impostazione di grandi pensatori e politici sardi come Gramsci, Lussu ed altri. Qui ci vuole molta cultura, molta fantasia, molta intelligenza.
Questo indirizzo politico-costituzionale ci porta a instaurare rapporti corretti con le forze politiche democratiche e a favorire la creazione di un movimento unitario. Con l’attuale frammentazione e l’alto tasso di conflittualità, la Sardegna non è in grado di elaborare e di realizzare alcunché. Occorre un movimento di massa con obiettivi condivisi e spinta unitaria. Ci vuole un patto fra le forze democratiche sarde e ci vuole un governo regionale espressione e riferimento di questo vasto fronte popolare. Come si vede, compiti difficili e ambiziosi, ma realistici.
Con questo spirito propositivo, accogliente ed aperto noi del Comitato andiamo al dibattito di oggi. Partecipate tutti. Parliamone insieme.

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