Impiego pubblico: una “rivoluzione” piccina come il ministro

27 Febbraio 2009
1 Commento


Andrea Pubusa

Qualche tempo fà la Corte dei Conti cagliaritana giudicò un professore universitario che in un anno non aveva quasi svolto lezioni e lo condannò a restituire il maltolto (lo stipendio). Eppure questo signore aveva i registri perfettamente in ordine (ci furono risvolti anche penali). Cosa voglio dire? Che, per esperienza diretta, so che quanti conseguono le migliori valutazioni, in base ai criteri astratti fissati da leggi e regolamenti, non sono coloro che lavorano di più, ma chi studia per far sì che la compilazione degli atti che riguardano la loro attività sia del tutto conforme ai criteri di valutazione. E poi i criteri: chi li fissa? E quanto sono congrui? Così, per esempio la nostra Facoltà di Giurisprudenza, certamente assai dignitosa, si trovava agli ultimi posti nelle classifiche nazionali. E sapete perché? Perché uno degli indici positivi consisteva nel numero di studenti trasaferiti da altre Facoltà. Ma chi dal “continente” si trasferisce in una facoltà sarda se non a seguito di un cambio di residenza? Mentre vicino Roma, Milano e così via c’era un fuggi fuggi intenso verso le piccole università di nuova istituzione per il semplice fatto che molti studenti si avvicinavano a casa oppure perché le nuove facoltà, per espandersi, promuovevano tutti. Ed ancora, un tempo si considerava buona la scuola più rigorosa e severa, oggi i fananziamenti vengono erogati dal Ministero in base al numero dei laureati. E allora? Tutti promossi! Della serie, sono migliori le università peggiori. Una vera e propria inversione della finalità di questa importante istituzione: si punta non alla migliore preparazione, ma a quella più “leggera”, che conferisce tanti titoli.
Ecco perché la premialità prevista dallla legge delega Brunetta, varata definitivamente l’altroieri al Senato, di per sé non prova che l’amministrazione sarà più produttiva. Prova soltanto che i dipendenti e i dirigenti saranno più impegnati ad assicurare il formale rispetto degli standard fissati dalla legge e dai regolamenti, e, si industrieranno, spesso, ad abbassarli sostanzialmente onde rispettarli quantitativamente. Più quantità e meno qualità. Il contrario dell’obiettivo che si dice di voler raggiungere. Ma insomma ci vuol molto a capire che la miglior produttività non è un fatto individuale? E’ un risultato del collettivo, della migliore organizzazione e del clima complessivo che regna nel gruppo, nella capacità di motivarlo della dirigenza. Brunetta sembra invece permiare i singoli, inducendo una concorrenzialità e tante furbizie, che vanno a scapito della produttività. Ecco perché non mi entusiasmano i premi individuali, e cioé che una parte del monte salari complessivo sia destinata a premiare coloro che conseguiranno le valutazioni migliori. E ancor meno che i dirigenti abbiano almeno al 30% in più della retribuzione di base. Un incentivo a far apparire una produttività anche quando è solo virtuale.
Anche la disciplina sulla trasparenza s’inquadra nella tendenza già esistente, collegata alla informatizzazione dell’amministrazione. L’ accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione mediante la rete internet è già in atto. Che siano accessibili i dati sui quali si basano le valutazioni sui dipendenti è una buona cosa, ma non so quali stimoli possa dare alla migliore produttività, anche se le forme di pubblicità sono sempre positive.
Mi chiedo, infine, cosa possa effettivamente fare l’Autorità indipendente. Sarà composta da non più di cinque membri, scelti tra persone di elevata professionalità. Ha il compito di valutare gli standard e i meccanismi di premialità; non la funzione di controllare l’efficienza dei circa 3,7 milioni di dipendenti pubblici ma di valutare il buon funzionamento dei nuclei di controllo, previsti dalla legge Bassanini, che presiedono alla valutazione degli enti pubblici. E’ sempre una gran mole di controlli. Questo consentirà di vedere quali sono le amministrazioni più e quelle meno virtuose? Per adesso, ciò che è sicuro è che i cinque componenti l’Autorità si portano a casa ciascuno 3000.000 euro l’anno, in tutto 1.500.000 dei 4 milioni stanziati. Niente male!
Demagogia anche sulle sanzioni. Il mitico potere di licenziamento esiste da quanto esiste il pubblico impiego. Essendo un rapporto a prestazioni corrispettive, ha sempre incluso nella sua disciplina la possibile risoluzione se il lavoratore viene meno gravemente ai suoi doveri. La sanzione dovrebbe operare da subito in attesa della sentenza della Magistratura. La si spaccia per una piccola rivoluzione viste le lungaggini del sistema giudiziario. Ma anche oggi è così. In realtà, se questa sanzione non si applica è per una semplice ragione: se il dirigente è poco rigoroso, lo saranno anche i suoi collaboratori e senza conseguenze; se, invece, il dirigente è capace, riese a motivare i suoi dipendenti e, dunque, non ha da irrogare sanzioni.
Nella legge delega si auspicano meccanismi più rigorosi sui controlli medici durante il periodo di assenza del dipendente. Ma si evitino le schiocchezze già indotte da Brunetta, della serie controllo medico immediato e generalizzato ad ogni dipendente. E così una nostra dipendente di Facoltà, che in vent’anni non si era mai assentata, si è vista il medico a casa per la sua prima e unica assenza da quando è in servizio!. E poi, che, in caso di falso certificato, si rischi il licenziamento è la scoperta dell’uovo di Colombo. Così come è la scoperta dell’acqua calda il licenziamento per giusta causa del medico, se è pubblico dipendente, nel caso in cui rilasci un falso certificato di malattia. Si tratta di un reato! Era già così.
Insomma la legge delega Brunetta promette più di quanto sicuramente darà. Si tratterà poi di vedere come i decreti legislativi svilupperanno questi, che, per ora, sono solo principi e criteri direttivi. Tuttavia, la migliore produttività non si consegue mettendo in internet le valutazioni sulla carriera dei pubblici funzionari; né creando un’Authority ben remunerata per la trasparenza e la valutazione; e neppure introducendo premi e sanzioni (peraltro in larga parte già esistenti). “All’ ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico” (come recita il frontespizio del provvedimento meglio noto come “ddl antifannulloni”) si può pervenire con una più silenziosa e rigorosa opera di motivazione dei pubblici dipendenti e con una migliore dotazione di mezzi. Il contrario dei tagli attuali e minacciati e delle rumorose urla propagandistiche del piccolo ministro.

Trasporti: sciopero virtuale o demenzialità reale?

La dichiarazione più centrata una volta tanto è quella dell’Italia dei Valori: “In altri tempi la proposta dello sciopero virtuale sarebbe stata ritenuta semplicemente ridicola, oggi è un’altra dimostrazione della deriva autoritaria di questa maggioranza” dice il capogruppo alla Camera, Massimo Donadi. Si riferisce allo sciopero virtuale, ossia il contrario dello sciopero, che, da che mondo è mondo, è astensione dal lavoro e lotta. Ora, invece, dovrebbe consistere nel suo contrario, e cioè nel lavorare senza stipendio. E l’astensione? Solo nel cuore e nella mente! Ci sarebbe però una penalizzazione dell’azienda.
Secondo l’ex ministro del lavoro Damiano, l’istituto dello sciopero virtuale dev’essere eccezionalissimo e riguardare soltanto ristrettissime categorie professionali le quali, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale”. Insomma una disciplina rigorosa, ma per pochissime categorie di lavoratori e per di più applicabile quando lo sciopero non riguardi i servizi “a valle”. Più secco e condivisibile Epifani per il quale lo sciopero virtuale dev’essere facoltativo, non alternativo allo sciopero vero. Il segretario della CGIL mette poi, giustamente e fermamente, in guardia dal toccare il diritto di sciopero.
Il resto della disciplina si può ben dire sia una legge “ad sindacatum”, contro la CGIL, che, per indire uno sciopero nella categoria, dovrà chiedere il permesso alla Cisl e alla Uil. Oppure si dovrà ricorrere ad un referedum preventivo. E perché non un referendum nazionale, di tutti gli elettori? Insomma, non una disciplina di un diritto costituzionale, qual’è il diritto di sciopero, ma la sua soppressione o grave limitazione. Del pari contrasta con la libertà sindacale la pretesa di adesione preventiva e personale dei lavoratori allo sciopero.
In realtà, anche qui si ricorre al pugno di ferro, ai limiti e a vincoli, quando il modo più semplice per evitare gli scioperi è riconosscere la piena libertà sindacale e dare tempestivamente ai lavoratori quanto loro spetta. Ricordate gli scioperi dei trasporti pubblici a Milano di qualche anno fà? La ragione? Il contratto era scaduto da anni e neppure si parlava di rinnovo. I dipendenti avevano stipendi da fame e non si prospettava un tavolo serio per parlare di adeguamento. Certo ci furono disagi, ma la causa non poteva certo essere attribuita a estremismo sindacale. La responsabilità era semplicemente di chi (Amministrazione comunale di destra di Milano) non voleva rispettare le leggi ed avere corrette e normali relazioni sindacali.
Insomma, tutto si può disciplinare e modificare, ma bisognerebbe avere quattro punti fermi: i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, la libertà sindacale e la libertà di circolazione. La disciplina deve bilanciare questi diritti senza sacrificarne alcuno in favore degli altri. Privilegiarne uno in danno degli altri vuol dire soltanto dare la sensazione di aver risolto il problema, mentre in realtà lo si aggrava. Se non ci saranno radicali correttivi al ddl Sacconi, sapete cosa accadra? Quanto è successo a Milano negli anni scorsi. Il peggioramento della condizione dei lavoratori, anche in conseguenza della compressione della libertà e della funzione sindacale, porterà agli scioperi “selvaggi” (in realtà civilissimi), ossia all’astensione dal lavoro in massa, ossia semplicemente allo sciopero non vituale. Si perché lo sciopero, da che mondo è mondo, è astensione dal lavoro.

1 commento

  • 1 rugiada sardi
    30 Gennaio 2010 - 19:48

    scusi Pubusa
    ma non dice nulla sui fatti nuovi Tuvix
    ma lei non sa nulla?
    da un po’ non ci intrattiene su questo!
    guardi che è evidente che che lei qualcosa sa!
    o no?

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