Le ronde e il diritto alla sicurezza

28 Febbraio 2009
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Andrea Raggio

Sui pericoli insiti nell’organizzazione e nell’attività delle ronde di stampo leghista, legalizzate dalla maggioranza berlusconiana, molto è stato detto e molto ancora si può e si deve dire. Ma la denuncia non basta. In questi anni, infatti, la paura della criminalità è notevolmente cresciuta sino ad assumere le caratteristiche di un imponente fenomeno sociale. Vero è che l’ampiezza del fenomeno è di gran lunga superiore alla realtà testimoniata dalle statistiche, ed è altrettanto vero che vi è stata la strumentalizzazione da parte del centrodestra, ma è innegabile che la crescente domanda di sicurezza esprima anche una visione più consapevole ed esigente della qualità della vita. Ecco perché, prescindendo dalle paure e dalle strumentalizzazioni, il problema della sicurezza della persona, sia sotto l’aspetto dell’incolumità fisica sia sotto quello del senso di sicurezza che attiene alla sfera psichica, emerge dalla coscienza sociale come un nuovo diritto. Nuovo non nel senso che si contrappone ad altri diritti, come pretende il centrodestra (la sicurezza contro la libertà), ma che si aggiunge a quelli esplicitamente contemplati nella Costituzione.
La sinistra ha, quindi, il dovere di distinguersi nettamente anche in questo campo dalla destra, contrapponendo alla privatizzazione, qual è la legalizzazione delle ronde, la visione della sicurezza della persona come diritto inalienabile la cui tutela è compito primario e ineludibile dello Stato a tutti i livelli. Un importante contributo alla definizione dell’azione da attivare a livello delle Regioni e dei comuni viene dagli atti dell’Unione europea sulle politiche urbane (in particolare la comunicazione della Commissione n. 385 del 13-07-2006). Riassumo queste indicazioni.
Migliorare la progettazione e la gestione di spazi pubblici aperti, sicuri e percepiti come tali.
Prevenire la deriva delinquenziale giovanile combattendo l’assenteismo scolastico e offrendo alternative specie nel campo della formazione professionale.
Migliorare la professionalità degli operatori della sicurezza in relazione alle specificità della criminalità urbana.
Istituzione dei poliziotti e vigili urbani di quartiere.
Installazione di sistemi di videosorveglianza orientati specificamente a prevenire e reprimere la criminalità urbana.
Cooperazione tra i servizi di sicurezza.
Coinvolgimento dei cittadini.
Riferendoci a Cagliari, l’approfondimento di ciascuna di queste indicazioni conduce non solo a una critica severa della giunta comunale (soprattutto per quanto concerne l’urbanistica, la protezione degli spazi pubblici, la sicurezza nei quartieri e l’utilizzazione dei vigili urbani) ma concorre a definire una politica alternativa a quella del centrodestra, volta a rafforzare i diritti di cittadinanza. In questa prospettiva una particolare attenzione andrebbe dedicata al “Patto per Cagliari sicura” sottoscritto l’11 giugno 2006 dal Prefetto e dai sindaci di Cagliari, Quartu, Quartucciu e Monserrato e dal vice ministro dell’interno Marco Minniti. L’importante documento, premettendo “che il diritto alla sicurezza e alla qualità della vita urbana è una priorità che richiede, a fronte di problematiche complesse, l’azione congiunta e sinergica di più livelli di governo, nell’ambito delle rispettive responsabilità, e la promozione, anche in via sussidiaria, d’interrelazioni finalizzate ad avvicinare, sempre più, i dispositivi di prevenzione alla percezione dei cittadini”, stabilisce una serie di impegni comuni che occorre ribadire, aggiornare e attivare. A proposito del coinvolgimento dei cittadini ritengo, ad esempio, che ai consigli di circoscrizione debba essere affidato il compito di concorrere alla sicurezza partecipando alle decisioni comunali nelle materie che riguardano la questione e collaborando, in forme da concordare, con la polizia e i vigili urbani nella definizione degli interventi da attivare. Per quanto riguarda la Regione, il diritto alla sicurezza dovrebbe essere inserito nel nuovo Statuto. Già da adesso, comunque, è possibile adottare una legge regionale sull’argomento, sull’esempio di altre regioni.

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