Renzi continua il suo attacco alla Carta. Prepariamoci ad altre dure battaglie

5 Maggio 2018
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Andrea Pubusa

Ha ragione Zagrebelsy, l’aventinismo di Renzi in un sistema proporzionale (peraltro voluto da lui col Rosatellum, per diversi aspetti incostituzionale, ma non per l’impianto proporzionale), “è testardaggine vagamente eversiva“. L’aventino, del resto, fu una forma estrema di protesta (molto discutibile, peraltro) contro una svolta manifestamente autoritaria, mentre qui, al contrario, impedisce la formazione di un governo secondo le regole parlamentari. L’aventino contro il regime voleva difendere il parlamento, qui lo attacca, privandolo della sua prerogativa principale di formare il governo. Dice il presidente emerito della Consulta che la posizione renziana “sottrae la terza forza politica al gioco democratico“, ma c’è qualcosa di peggio: mira a perpetuare la nomina di un presidente del Consiglio dall’alto, a prescindere dal voto popolare. Tende insomma a negare la rappresentanza, a minare la sovranità. Conferma quella visione antidemocratica, già trasfusa nella proposta costituzionale di Renzi, che negava il carattere rappresentativo al Senato, dopo aver minato la rappresentanza a livello provinciale e anche comunale.

Insomma, Renzi continua nel suo attacco alla Costituzione, come se il 4 dicembre 2016 non si fosse votato e come se il crollo del suo partito non origini in gran parte a quella scellerata vicenda.
Ma quale è la prospettiva? Cosa pensa Renzi, di tornare a crescere? Di ridiventare il centro del sistema politico in posizione di forza? Pensa che, dopo il futuro giro elettorale, sarà il primo partito? Solo un folle può credere che, congelando i propri voti e paralizzando il parlamento, si possa avere consensi. Solo uno fuori di testa può credere che chi ha votato PD non voglia che il suo voto venga speso per dare un governo al Paese. Del resto, altra cosa è un confronto senza risultato, altra il rifiuto senza entrare nel merito, un niet a prescindere. Se poi l’ostruzionismo di Renzi porterà ad un governo debole e non rappresentativo, con un personaggio pescato chissà dove, è verosimile che la scontata opposizione ferma del M5S farà aumentare i voti ai pentastellati proprio in danno del PD. Le elezioni di marzo hanno mostrato la caduta della pregiudiziale antigrillina a sinistra, hanno aperto il varco per la trasmigrazione di voti dai dem ai pentastellati. La sorte del PD, dopo queste bravate di Renzi, che si dimette, ma comanda, che paralizza il partito e congela i voti, sarà una ulteriore frana.
In questo contesto, può annettersi un valore positivo alla direzione di ieri? Nascondere la polvere sotto il tappeto non pulisce la casa. E la paralisi non sposta in avanti le cose. Più che mantenere l’unità, prepara la deflagrazione fatale.
Un segnale dello squagliamento del PD si avverte anche in periferia. Che senso ha il referendum che si vuole fare in Sardegna per costituire un partito autonomo ma federato con Roma? Le letture possono essere tante, ma certo non si può negare che questa sia una presa di distanze, senza fare i conti col renzismo e con le prese di posizione recenti del PD nell’Isola. I dem nostrani si sono messi sotto il tappeto la batosta del referendum e non si son chiesti il perché di quel 10% in più dei NO in Sardegna. C’entra l’atteggiamento prono di Pigliaru & C. verso la proposta di Renzi-Boschi, che affossava le autonomie? C’entra l’incursione anche recente di Renzi per favorire la subalternità al Qatar nelle coste galluresi e ad Olbia? C’entra una nuova legge urbanistica pensata per l’Emiro? C’entra l’abbandono dei ceti popolari, ormai allo stremo? C’entra una legge elettorale per una casta d’intoccabili, a parole vicina alla gente, nella realtà anni luce lontana? C’entra l’ipocrisia di mostrarsi vicini ai problemi della gente e in realtà fregarsene? Pigliaru assomiglia a un imperturbabile e lontano aristocratico d’altri tempi anziché a un moderno presidente democratico.
Di tutto questo non si parla nel PD isolano. Ora, dopo essere rimasti più d’un anno senza segretario regionale, settori dem locali vogliono le dimissioni di Cucca senza sapere cosa accadrà, con un gruppo dirigente di indagati e con Soru che solo dopo l’intervento della magistratura ha regolarizzato una posizione fiscale irregolare e che oggi viene indagato anche per aver fatto manovre perfino sulla pelle de L’Unità fondata da Antonio Gramsci.
Ci vuole molto a fare previsioni? Questo PD di Renzi è destinato se non a scomparire, a ridursi all’irrilevanza. Chi - come noi - ha difeso la Carta in questi decenni non può stare tranquillo. Prepariamoci a nuove e dure battaglie per la nostra democrazia.

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