Il centrosinistra si decompone nel Paese e nell’Isola. In Sardegna quale alternativa al centrodestra?

25 Giugno 2018
4 Commenti


Andrea Pubusa

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Sapete cosa vi dico? Ho la sensazione che il PD nella vicenda migranti stia continuando a perdere colpi. E consensi. Può un partito che ha (s)governato il paese fino all’altro giorno, limitarsi ad una posizione morale? Può cioè stigmatizzare il dirottamento delle navi verso la Spagna e altri porti e non dire altro? Può non misurarsi sugli altri problemi in campo? Non solo quelli delle zone di fuga,  nell’altra sponda (su cui parla Minniti), ma anche e sopratutto sui temi esistenti sul versante europeo?
In realtà, il PD è reticente perché questo governo, seppure con un’azione esecrabile nei toni e nei modi di Salvini, ha scoperchiato la sostanziale subalternità dei governi a trazione PD all’Europa nel suo volto peggiore: quello che, con l’austerità, massacra i diritti dei ceti deboli al suo interno e quello speculare che nega i diritti dell’uomo. Insomma un Vecchio Continente nega diritti a chi non ha la cittadinanza e, se viene dal mare, ha il colore della pelle nera.
A ben vedere la gente intuisce due cose: la prima è la subalternità del PD ai poteri forti internazionali; secondariamente, avverte che questa politica nasce dal fatto che i governi di nomina presidenziale (da Monti a Renzi, a Gentiloni), essendo espressione di quei poteri, non potevano minimamente contrastarli. Non è un caso che dopo il braccio di ferro con Mattarella, questo governo, espressione delle forze parlamentari, ha la capacita’ di muoversi in Europa con più decisione. Su questo versante il PD difficilmente recupererà, come dimostra fin da subito la diversa attenzione che la Merkel e gli altri Stati del vecchio continente riconoscono all’Italia. A ben vedere anche il Papa, pur muovendo dalla sua nota posizione umanitaria, sottolinea la necessità di un organico intervento europeo. Ampio consenso, dunque, nel merito. Si tratta di vedere come andrà a finire, l’aria non promette bene, ma certo è che questa levata di scudi nei riguardi dell’Europa incontra il consenso non solo delle destre sovraniste, ma anche della sinistra, tradizionalmente critica verso le politiche antipopolari dell’Unione.
Questa vicenda, mutandis mutandis, presenta analogie con la Sardegna. Pigliaru ha mostrato verso Renzi e poi Gentiloni la stessa subalternità che i governi italiani hanno mostrato verso i poteri forti europei. Basti ricordare la vergognosa adesione del Presidente della Sardegna  e del PD regionale alla revisione costituzionale di Renzi, che comprimeva le autonomie e privava i territori di rappresentanza nel Senato. Basta vedere la vicenda dei trasporti con la Tirrenia che addirittura trasferisce, provocatoriamente, la sua sede a Milano e porta le tariffe alle stelle. Sul trasporto aereo poi sono note le criticità. Una situazione umiliante.
Risulta evidente, dunque, che per mutare nel profondo il rapporto Regione/Stato occorre non solo una diversa maggioranza rispetto alle precedenti (di centrosinistra e di centrodestra), ma deve formarsi un esecutivo capace di dare uno scossone alla calma piatta, che fa della Sardegna una cenerentola poco ascoltata.
Ci vogliono anche strumenti straordinari. Il Comitato per il referendum sull’insularità punta su una modifica costituzionale. Si tratta però di una battaglia lunga e tortuosa e di esito incerto. La revisione dell’art. 119 Cost. richiede maggioranze qualificate molto alte oppure un referendum confermativo, per il quale la previsione più probabile, con l’aria che tira sulle regioni speciali, è una bocciatura. In ogni caso il principio richiede poi attuazione e quindi bisogna dargli gambe con leggi e accordi con lo Stato. Lo scossone può forse essere dato chiamando lo Stato a un confronto a tutto campo. Un vero e proprio bilaterale Regione/Governo. Ma per dicutere cosa? L’intera partita sui fattori che determinano lo sviluppo. Si può fare     puntando ad una riedizione del Piano di cui all’art. 13 dello Statuto. Non c’è bisogno di revisione. Si tratta di un piano organico e dunque ci sono dentro sutti i fattori che determinano le difficoltà attuali e quelli che possono risolverle per rilanciare lo sviluppo. Non solo i trasporti, dunque, ma anche lavoro, ambiente, servitù e così via.
Bisogna pensare un fronte che si proponga questo orizzonte ed abbia questa consapevolezza. Al di fuori del centrodestra, ragionevolmente il perno di esso non può essere il PD, diviso e in fase di decomposizione, ma il M5S. Ma sarà all’altezza della sfida? Avrà la capacità di fare una proposta inclusiva? Capirà che con la legge truffa regionale, per vincere, non si può star soli e i contratti si devono fare prima? E le forze alternative isolane capiranno che questa è la sola via percorribile se non si vuole sbattere la testa al muro e provare il gusto amaro della sconfitta?
Insomma, molti interrogativi che richiedono risposta a breve da tutte le forze che pensano ad un cambio di passo radicale. A settembre, amici e compagni, il gioco entra nel vivo e chi vuole combattere per un’alternativa dev’essere pronto.

4 commenti

  • 1 Aladin
    25 Giugno 2018 - 07:44

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=83636

  • 2 Tonino Dessì
    25 Giugno 2018 - 18:41

    Ti ho già rappresentato a voce, Andrea, a voce, quali siano i miei dubbi. Capisco e condivido la tua preoccupazione “tecnica”. Con l’attuale legge elettorale regionale sarda che strapremia le coalizioni, infatti, il M5S rischia di finire in trappola e di uscire sconfitto e perfino sottorappresentato in Consiglio. È un problema concretissimo. Tuttavia anche presentarsi sbilanciato “a sinistra” con una coalizione elettorale preventiva nella quale figurassero per di più retaggi di sigle e storie politico-personali ormai consumate, non penso gioverebbe gran che. Bisognerebbe forse pensare a una proposta di respiro diverso, a una coalizione tra M5S e una lista di respiro civico-democratico con magari una forte accentuazione federalista sarda. Sempre che il M5S accantoni la scelta di non fare coalizioni elettorali di nessun genere. E sempre che l’altra lista sia frutto di un genuino movimento di persone perbene, di buona volontà, coerentemente rappresentative della parte innovatrice della società sarda. Ma il nerbo, il nucleo promotore e garante e i tempi per tirar su, articolandola in tutti i territori e circoscrizioni elettorali un’operazione del genere senza imbarcarsi in casini e senza imbarcare mestatori e opportunisti, non mi pare di vederli. Poi, naturalmente, non mi sottraggo all’approfondimento. Ci mancherebbe.

  • 3 admin
    25 Giugno 2018 - 20:51

    Andrea Pubusa

    Sottoscrivo…anche virgole e punti! Niente ex combattenti e reduci, per capirci

  • 4 Francesco Podda
    27 Giugno 2018 - 18:46

    Tonino e Andrea, proposte e prospettive interessanti, ma per il prossimo giro non per quello che si correrà tra un anno. Oltre alla mancanza di “…nerbo, nucleo promotore, ..etc” manca un altro elemento fondamentale. La parte politica che dovrebbe stringere un accordo/contratto con il M5S non esiste e sopratutto sulle questioni principali non ha una posizione visibile, riconoscibile e chiara. Prendiamo la questione immigrazione. Oltre alla sacrosanta critica alla deriva propagandistica e razzistica di Salvini che cosa diciamo? Possiamo affrontare la questione solo con spirito umanitario? Ci abbandoniamo all’ispirazione dei gruppi ” non borders “? Oppure lucidiamo, come qualcuno ha iniziato a fare, le analisiti marxiane sull’esercito salariato di riserva e distinguiamo nettamente tra rifugiati ed emigrazione economica?

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