Claudia Zuncheddu: in Sardegna situazione sanitaria insostenibile. Urge una vasta mobilitazione popolare

12 Luglio 2018
2 Commenti


Claudia Zuncheddu, portavoce della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica

Caro Andrea,

La situazione sanitaria in Sardegna è così drammatica che l’aspettativa di vita dei sardi, già in questi ultimi mesi, è notevolmente ridotta rispetto alle altre regioni d’Italia. Secondo i dati dell’ultimo verbale dell’Osservatorio Nazionale della Salute, i sardi che rinunciano alle cure, affidandosi al destino e alla rassegnazione, sono del 14,5% , contro il 5% dei toscani.
Per i tagli ai servizi territoriali e agli stessi ospedali, dai più piccoli dei territori disagiati, a quelli delle città, gli ammalati sono allo sbaraglio. Basti pensare che abbiamo circa 5000 diagnosi certe di tumori in tutta l’Isola e si negano le cure. Abbiamo circa 1200 pazienti terminali nel cagliaritano con necessità di posti letto negli Hospice, ma i posti letto tra Ospice di Nuoro, di Quartu S.E. e di Cagliari sono poco più di 30 contro gli oltre 700 della Lombardia.
Il discorso è complesso. Ancora una volta si viola la Costituzione nelle sue parti più nobili: quella del diritto inalienabile del cittadino all’accesso delle cure gratuite e di qualità. Non per caso ho pensato di chiederti aiuto.
La privatizzazione in corso del Sistema Sanitario Pubblico, per noi sardi acquista un senso molto più drammatico rispetto alla Lombardia o all’Emilia Romagna.
Che in Sardegna sia più facile morire lo dice lo spopolamento, la desertificazione della nostra Terra e il forte impoverimento a cui siamo stati condannati.
Su 377 comuni, in 304 i decessi superano le nascite. Dopo anni di lotte e di azioni politiche su tutti i fronti, come Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica, abbiamo ritenuto necessario appellarci alla tua attenzione per essere aiutati, per capire i pro e i contro di una eventuale azione rivolta alla Corte Europea.
Ti chiedo di fissare un incontro col Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria per discutere la situazione in vista di una vasta mobilitazione unitaria in difesa del diritto costituzionale alla salute dei sardi.

2 commenti

  • 1 Aladin
    12 Luglio 2018 - 08:26

    Anche su AladiNews: http://www.aladinpensiero.it/?p=84725

  • 2 aldo lobina
    12 Luglio 2018 - 10:32

    Nella città metropolitana di Cagliari in brevissimo tempo tre importanti strutture ospedaliere sono ridotte a svolgere funzioni residuali. Il Binaghi, il San Giovanni e il Marino di Cagliari hanno il destino segnato, la chiusura. Ma l’offerta sanitaria pubblica non viene contemporaneamente bilanciata da servizi di pari livello. Una di queste realtà in particolare, il Marino (dove ho trascorso gli anni della mia lunga attività professionale), è rimasta vittima della schizofrenia amministrativa della cosa pubblica: da una parte vi si costruiva ex novo l’Unità Spinale, la Camera Iperbarica, la Rianimazione, il Pronto Soccorso e la Radiologia e si ristrutturavano le sale operatorie, dall’altra - a parte la ingente spesa per l’adeguamento alle norme anti incendio - si lasciavano i reparti nel più completo abbandono, privi dei lavori di manutenzione necessari per rendere dignitosa per tutti, pazienti, personale sanitario e pubblico, la permanenza nei reparti di ricovero. Eppure la ristrutturazione dei reparti di degenza avrebbe richiesto una spesa utile, sicuramente inferiore ai costi sostenuti per le parti nuove. Invece c’ è stato un vergognoso abbandono, che chiunque può constatare avvicinandosi allo stabilimento: le facciate cadenti, una grande vecchia piscina, diventata un acquitrino incubatrice di zanzare e dentro la realtà di muri scrostati e sporchi e di balconate impraticabili. E tutto a dispetto delle attività che vi si svolgevano e della ottima posizione del presidio, facilmente raggiungibile dall’hinterland. Una domanda viene spontanea: “Cui prodest?” lascio al lettore la risposta. Ma è evidente che le falle delle strutture pubbliche si trasformano in un corrispettivo vantaggio per quelle private, che lavorando in convenzione, vengono mantenute dai soldi pubblici, diventando concorrenti privilegiati. La privatizzazione della sanità migliora davvero la qualità dell’assistenza ed è capace davvero di ridurre le spesa pubblica? Questa è la domanda delle domande. Lo stato sociale è ancora compatibile con una privatizzazione di servizi essenziali come la sanità pubblica? O è in atto una profonda trasformazione sociale dove il grande capitale riesce a controllare – anche direttamente – i settori nevralgici dello Stato: la sanità, la scuola, e poi forse la difesa e la giustizia! Ho esagerato? Forse!

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